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Per un cristianesimo D.O.C.

Se per vendere un prodotto chiamato “cioccolato” dev’essere garantita e dichiarata in etichetta la presenza di una quantità minima di cacao; se  per chiamare un formaggio “parmigiano” il latte dev’essere di una certa qualità e provenienza e la stagionatura va fatta in un certo modo, ecc., mi domando quali siano gli ingredienti minimi perché una Chiesa possa dirsi “cristiana” e se, in mancanza di quegli ingredienti, la denominazione non sia abusiva e ingannevole e il prodotto diverso da quello richiesto e magari dannoso, tanto da giustificare l’intervento del CODACONS, per non dire dei N.A.S.. Non parliamo poi delle denominazioni accessorie che sempre accompagnano la principale relativizzandone(!) il valore, come “cattolica”, “ortodossa”, “apostolica”, “pentecostale” ecc. o di quelle che valgono ancor meno riflettendo una semplice I.G.T.  (Indicazione Geografica Tipica) , come “romana”, “anglicana”, “orientale”, ecc.

Ma se uno volesse proporre all’attenzione del pubblico una Chiesa “cristiana” e basta, priva di additivi e conservanti e cioè il più possibile vicina alle indicazioni e all’esempio del Cristo Gesù, cosa dovrebbe scrivere sull’etichetta? Forse: “prodotta secondo l’antica ricetta, a base esclusivamente di amore e condivisione: esente da riti e strutture artificiali”; “specialmente indicata per la liberazione dei poveri e degli emarginati: può avere effetti collaterali anche gravi per ricchi e potenti”; “da consumarsi fuori degli spazi sacri”; “la somministrazione è libera e gratuita: diffidare da sedicenti concessionari in esclusiva”. E così via. Si accettano suggerimenti e contributi per il lancio del prodotto.

Antonio Guagliumi

CdB di San Paolo - Roma

 


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NOTA:

Ricordiamo che questi interventi rappresentano “punti di vista” non necessariamente della comunità di appartenenza di chi scrive, tanto meno del movimento delle CdB, ma punti di vista personali dall’interno delle comunità su argomenti di attualità che ciascuna/o ritenga di dover proporre in primo piano come oggetto di riflessione.

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