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“Italiani brava gente”

Ne è passato di tempo da quando si potevano fare film come il famoso “Italiani brava gente” nel quale si denunciava l’assurdità della guerra attraverso episodi di solidarietà tra poveri (anche se sappiamo che in altre circostanze gli italiani non sono stati migliori di altri in fatto di atrocità).  Mi è venuto in mente questo film pensando alle tante persone che durante la seconda guerra mondiale sono state capaci di aiutare gente in pericolo, nascondere intere famiglie di ebrei, a rischio della propria incolumità. E questo avveniva a volte anche all’interno di relazioni che si instauravano tra persone obbligatoriamente nemiche perché i loro Stati erano in guerra l’uno con l’altro.

La situazione di oggi denuncia episodi di segno opposto: negozi gestiti da immigrati distrutti, mendicanti cacciati dai sagrati delle parrocchie. Ma che sta succedendo a Roma e in tante altre città d’Italia dopo la vittoria elettorale della Destra? Ci si sente legittimati e coperti dalle nuove dichiarazioni di fermezza, dalle promesse di sicurezza, dall’accenno all’imbracciare i fucili? Certo, questo è l’elemento predisponente, ma quanta intolleranza e quanto rancore covavano da tempo, nati dalla paura del diverso che è venuto a depredarci del nostro?

Sappiamo come si sta rapidamente evolvendo il mondo occidentale sul piano identitario e relazionale con gli spostamenti delle popolazioni e con l’avvento delle nuove tecnologie della comunicazione ma, tralasciando le analisi sociologiche, vorrei dire solo questo: mi sembra difficile che la famiglia, la scuola, lo Stato possano efficacemente  intervenire per contrastare la tendenza che ci porta verso una individualismo sempre più esasperato, eppure non rinuncio a credere nella possibilità di un mondo migliore e sono convinta che proprio in questo momento in cui le relazioni tra le persone sono così in crisi, sia indispensabile puntare tutto sulle relazioni, ricominciando dal basso, da noi.

Alcune filosofe femministe insistono sul fatto che cambiando il proprio rapporto con il mondo cambia il mondo stesso e che questo è un agire politico.

Le relazioni, i legami affettivi, abitano uno spazio aperto dentro di noi che dobbiamo aiutare rispettandolo, senza  invaderlo o distruggerlo. Immagino questo spazio, questa stanza vuota, come il luogo dove si svolge un ballo latino-americano, uno di quei balli durante i quali a volte ci si tocca, ci si fa vicini, ci si guarda negli occhi, altre volte invece si fanno passi avanti e indietro o di lato, separatamente ma in armonia, dando spazio all’altro/a, a volte porgendo la mano, a volte ritraendosi, il tutto perché c’è una musica che muove il desiderio, invitando al movimento spirito e corpo. Come si potrebbe altrimenti ballare?

Gabriella Natta  

         della CdB di S. Paolo -  Roma

 


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NOTA:

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