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Etsi papa non daretur

         Nel libro del mai dimenticato amico Martino Morganti L’erba e le pietre (EdUP 1997) c’è una lettera dal titolo Un rimorso di nome Teresa. Teresa, quasi un’altra mamma per il Martino ragazzo, lascia il marito ubriacone e manesco, incontra un “uomo umano” che l’ama ed accetta di essere amato da lei. Ma scopre che l’amore è fuori legge: non le è più concessa la “comunione”. Quando Martino diventa prete lei è convinta di aver risolto quel problema. Ma l’amico prete le dice di no, deve rispettare i principi, con tristezza ma anche con fierezza: la ragion di stato (di religione) ha la diabolica capacità di contrabbandare come eroismo anche l’omicidio o come virtù di fortezza anche il disprezzo delle sofferenze altrui.

         Questo episodio diventa per Martino il mio rimorso di disumanità consumata, risvegliato dalla lettera del card. Ratzinger del settembre 1994 nella quale si ribadisce il divieto della comunione eucaristica ai divorziati risposati: l’autentica comprensione e la genuina misericordia [ma è sorprendente quanto siano sicure di sé le gerarchie ecclesiastiche, le sole capaci di definire cos’è “autentica” comprensione, “genuina” misericordia, e poi “sana” laicità, ecc.] non sono mai disgiunte dalla verità. Ma Gesù, prosegue Martino, non era così; e cita episodi evangelici che sarebbe troppo lungo riproporre qui (Gv 4, il colloquio con la samaritana; Gv 8, l’adultera; Lc 7, la prostituta). E conclude: ma allora non era in gioco l’ammissione o l’esclusione dai sacramenti e Gesù, a quanto pare, sopporta ciò che è insopportabile per i “sacramenti”.

         In questi ultimi mesi, sotto il regno di Joseph Ratzinger, quello che raccontava Martino Morganti si è ripetuto sistematicamente, su varie tematiche, con forte impatto sull’opinione pubblica. Il denominatore comune è quello che sembra a molti il contrasto tra norme e pronunciamenti delle gerarchie cattoliche, comportamenti delle medesime con i potenti del mondo, condanne, rifiuto di sacramenti o di riti funebri e l’agire di Gesù durante la sua vita tra gli uomini. Nino Lisi, su “Primo piano” di qualche settimana fa, dopo aver citato episodi nei quali singole persone o interi gruppi sono stati profondamente feriti in ossequio a delle norme ecclesiastiche, conclude: ma al papa, ai cardinali, ai vescovi non hanno spiegato che Gesù ha detto che il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato?

         E vengo al titolo di questo mio intervento, che spero non debba scandalizzare nessuno: se “etsi non daretur” si può dire di Dio (da Grozio a Bonhoeffer, con le varie traduzioni possibili che portano a significati diversi) forse si può osare dirlo anche del papa. Il senso è chiaro: se il nostro punto di riferimento è la persona Gesù di Nazaret, forse possiamo non preoccuparci troppo di imposizioni, divieti, altolà, condanne provenienti da custodi di una verità dogmatica astratta (figlia di interpretazioni, di culture e di epoche lontane nel tempo e nello spazio) e di una disciplina ecclesiastica puntigliosa, lontane dallo spirito di Gesù e preoccupate solo di difendere la loro intoccabilità ed il loro potere.

         Cosa possiamo fare? Potremmo incominciare a parlarne e scriverne il meno possibile. Lavoriamo per il futuro, come scrive Giancarla Codrignani su Koinonia del 30 maggio scorso, a prescindere dal papa. Perché non è il papa il nostro fondamento. Si può condividere quanto scrive il teologo spagnolo Herrero Del Pozo: Se cancellassero dalla collina vaticana tutti gli edifici, i dicasteri, le encicliche, i palazzi, il papa, i cardinali e i monsignori… apparirebbe allora salda e granitica la roccia di Gesù e del Dio della mia infanzia (Adista del 3 maggio 2008, pag 9).

 

PS. Per quanto riguarda la “comunione” ai divorziati risposati sembra si possano aprire porte fino ad oggi ermeticamente chiuse; il nostro presidente del consiglio ne ha fatto richiesta ad un vescovo. Chissà! L’”unto del Signore” potrebbe forse trovare ascolto presso il “vicario di Cristo”, magari attraverso un codicillo ad personam nel codice di diritto canonico. Le vie della provvidenza sono infinite, anche se la risposta negativa del papa è arrivata a tempo di record.

 

Leo Piacentini

Comunità di base di piazza del Luogo Pio di Livorno

 


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NOTA:

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