“Non possiamo non dirci cristiani…”

 

Benedetto Croce, filosofo eminente, liberale e in odore di antifascismo (contrapposto a Giovanni Gentile, filosofo e riformatore ministro dell’istruzione del regime) è spesso ricordato per una sua affermazione “…non possiamo non dirci cristiani…”

L’uso che è stato fatto e si continua a fare di questa affermazione ha avvalorato l’idea che il cattolicesimo italiano sia il “brodo di cultura” di una religione civile, quasi di una appartenenza etnica e antropologica naturalmente condivisa, tanto naturalmente da divenire un obbligo di cittadinanza, un vincolo acritico di linguaggi, una “vulgata” di valori.

In questa griglia di comune sentire e di radici tradizionali, molti atei dichiarati trovano conforto negli insegnamenti dei magisteri istituzionali e l’esercizio della loro ragione critica si dispiega all’interno di solchi in cui concetti come natura, civiltà, famiglia, diritti, assumono un significato univoco e astorico.

L’esercizio critico della libertà diventa così il paradosso obbligato del credente in ricerca, di chi, senza certezze, si misura con il quotidiano della storia per rintracciarvi il disegno di Dio, nella sequela del Cristo e testimoniare così il mistero dell’amore e della speranza nella salvezza dell’uomo, di tutti gli uomini e di tutte le donne con le loro identità plurali.    

Fausto Tortora

della CdB di San Paolo - Roma