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Filippo Gentiloni

La discrezione strappata

il manifesto 15 marzo 2009

 

Acque agitate in Vaticano. Fughe di notizie, critiche, contraddizioni, rimproveri. Un'agitazione insolita, in palazzi come quelli vaticani, abituati alla calma e anche alla discrezione. Il papa stesso critica e è criticato. Gli argomenti del contendere sono noti a tutti, meno noti, invece, i motivi che hanno determinato questa situazione anomala. Tutto è iniziato, sembra, da una mossa del papa che doveva rappresentare un gesto di calma serenità, il ritiro della scomunica ai vescovi lefebvriani. In Vaticano non ne avevano calcolato le conseguenze e forse non sapevano di quanta rigida ostilità qualcuno dei vescovi fosse capace. Sono poi seguite altre «gaffes», come la nomina di un vescovo austriaco ultraconservatore, un'infelice mossa dei vescovi brasiliani, ecc. Sulla stampa di tutto il mondo il Vaticano come centro di una situazione imbarazzante. Motivi, più o meno tutti, di carattere interno alla stessa chiesa. Le critiche, anche forti, non hanno toccato quegli aspetti molto discussi che si poteva prevedere che fossero al centro dell'attenzione, come l'opposizione alla vicenda Englaro e al testamento biologico. Le critiche principali, invece, hanno riguardato proprio il governo della chiesa. E ancora una volta il Concilio. I motivi non sono difficili da individuare. Se ne possono individuare almeno due. Il primo riguarda la grande abbondanza dei mass media. I vertici vaticani sono rimasti spiazzati, nonostante la loro proverbiale abilità. I mass media di tutto il mondo sfuggono ai controlli anche più accorti e accurati. Tutte le autorità ormai ne fanno le spese, anche quelle religiose, anche quella romana. Il secondo motivo lo potremmo indicare come un eccessivo centralismo. Troppo papa, per così dire. Roma ha accentrato tutto il cattolicesimo, che dovrebbe parlare con una voce sola, quella, oggi, di papa Ratzinger. Un centralismo difficile a mantenersi e pericoloso. Un papa meno accentratore sarebbe, con probabilità, meno soggetto alle critiche e meno costretto alle autodifese. Roma ha voluto salvaguardare a tutti i costi l'unità - il caso dei lefebvriani lo conferma - ma talvolta senza riuscirvi. Il mondo delle chiese protestanti insegna. Non è più il tempo - se mai lo è stato - di un'assoluta uniformità: è il tempo di un certo pluralismo, della ricchezza dell'interpretazione. L'amara vicenda di questi giorni può rappresentare un'utile lezione per il futuro.