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COMUNITÀ DI BASE E LA LUNGA MARCIA DEL PACIFISMO

Enzo Mazzi

il manifesto 30 settembre 2009

Viene da lontano il successo di Obama nell'ottenere l'approvazione all'unanimità della risoluzione riguardante il disarmo e la non proliferazione nucleare da parte del Consiglio di sicurezza dell'ONU. Al momento di tirare le fila in concreto, il presidente nero degli USA potrà deluderci e potranno mancare gli altri leaders. Ma una pagina storica è stata scritta. Il disarmo non è più definibile come l'utopia evanescente scritta nei sogni delle anime belle. E tutto questo non è la pensata improvvisata di un essere mitico piovuto dal cielo. E' frutto della lunga marcia del pacifismo. Più di mezzo secolo d'impegno e di lotta. Con alti e bassi, momenti esaltanti e vuoti sconfortanti, grida sui tetti e lamenti negli anfratti. Milioni di persone hanno speso la vita, pagato prezzi alti, sono state umiliate, denigrate, discriminate, hanno perso il lavoro o il ruolo sociale e alcune anche versato il sangue perché il principio e la pratica del disarmo facessero breccia nella coscienza comune e nella politica.

Ed ora inizia una nuova fase.

Oggi la Terra è diventata un piccolo paese. La democraticità non può più legittimare da sola la capacità distruttiva e deterrente di un paese o di un'alleanza per quanto potente nei confronti di tutti gli altri. C'è bisogno di un'amministrazione federale mondiale rappresentativa di tutti che assuma il monopolio della forza . Non che sarebbero scongiurati tutti i pericoli di degenerazione imperialistica di un tale assetto internazionale. Ma i tempi sono più che maturi. Già all'indomani della prima guerra mondiale si delineò la necessità di un tale traguardo di civiltà. E invece si giunse alla seconda guerra. Dopo la bomba atomica e la globalizzazione non c'è scampo. O l'ONU, democratizzata, decolla quale detentrice planetaria del monopolio della violenza o il rischio di una guerra globale sarà sempre più incombente come fine della civiltà.

Sul manifesto di mercoledì 16/9 si discuteva, in un articolo dal titolo "Coriandoli o arcipelago", sulla consistenza del cattolicesimo democratico. E si facevano considerazioni pessimistiche basate sui numeri. No, cari compagni/e, non è sui numeri, né sulla visibilità, né sulla contingenza di fasi storiche che si può misurare l'efficacia di movimenti e formazioni di base. Dov'è il dissenso cattolico, si domandava Manuela Cartosia, nell'articolo. Non è presuntuoso rispondere che è lì in quella fase nuova che si apre nel cammino della pace mondiale. Perché il disarmo da principio scritto in una carta deve trasformarsi in profonda trasformazione di tutte le istituzioni, non solo militari e politiche ma anche culturali e religiose. E c'è bisogno di chi apra la strada. C'è bisogno ad esempio di alimentarsi alle esperienze positive e creative delle comunità di base. In un Convegno che si svolgerà a Tirrenia il 3-4 ottobre le Comunità di base, questo segno vivo di resistenza creativa, discuteranno del futuro (informazioni su www.cdbitalia.it). Il tema del disarmo e della pace sarà uno dei nodi della socializzazione. Ma non dovrebbe esserlo per tutto il movimento pacifista e per la politica di sinistra che spesso invece gira su se stessa?