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Beppe Pavan

Mi sta a cuore

I PRETI, I LAICI E LA COMUNITÀ

Adista – Segni nuovi N. 58

Su Viottoli 2/2006 (la rivista semestrale della CdB di Pinerolo), Franco Barbero sviluppa una articolata riflessione sulla vita e sulle prospettive future delle CdB e, in generale, della “Chiesa di Base” in tutte le sue forme. È un tema che appassiona lui e appassiona me; abbiamo percorso insieme un lungo cammino e ci ritroviamo a confrontare, a volte, punti di vista differenti, in particolare sul tema cruciale della relazione tra preti e comunità.

Nell’intervento citato Franco afferma: “Temo che, qualora vengano a mancare i preti che oggi esercitano un ministero di animazione nelle varie comunità e nei gruppi, il cammino comunitario avrebbe vita breve”. L’esperienza accumulata in questi anni sembra suffragare abbondantemente la sua tesi. Molte comunità si sono spente quando il prete se ne è andato, è stato trasferito o è morto. In altre questo non succede. Dove sta la differenza? Io la individuo nella qualità delle relazioni con il prete. Se la comunità è un gregge e le relazioni con il prete/pastore sono di tipo individuale, è facile prevederne la fine con la morte o il trasferimento del prete. Perché sarà stato anche un bravissimo animatore biblico, un autorevole teologo, una guida illuminata di preghiere e di eucaristie, ma le relazioni individuali con uomini e donne, che partecipano alla comunità per incontrare ed ascoltare lui, non creano comunità; assomigliano tanto a una piccola parrocchia.

Il “bisogno di avere un prete” è personale e il prete va dove c’è bisogno di lui. Quando non ci sarà più, moltissime persone lo ricorderanno con affetto e riconoscenza e continueranno, forse, a camminare sui sentieri della giustizia e della solidarietà, grazie ai suoi insegnamenti. Ma individualmente: difficilmente saranno una comunità, senza un altro prete.

Certo, l’invito a costruire il Regno è rivolto a ogni uomo e a ogni donna, alla loro personale responsabilità... ma è una costruzione collettiva. Questo invito può venire anche da una comunità di uomini e donne che scelgano di camminare insieme, di fare ricerca insieme, di pregare insieme.

La comunità che mi sta a cuore e in cui vivo non è un “collettivo senza ulteriori specificazioni”, ma un luogo di vita democratica e di autoformazione nella cura reciproca. In una comunità del genere può succedere che il prete finisca per sentirsi “non necessario” e scelga di andare “dove hanno bisogno” di lui. La comunità può continuare a vivere, se uomini e donne che ne fanno parte scelgono di camminare insieme. Forse davvero i preti non sono indispensabili. Già il libro Massa e Meriba, nel 1980, registrava la testimonianza di chi, nella prima stagione delle CdB, sosteneva che “non abbiamo bisogno di preti, ma di teologi e di esperti” in animazione di gruppi, in formazione, in ricerca biblica e teologica, ecc. Io spero che se ne possa di nuovo parlare, tutti e tutte insieme, nel movimento delle CdB. Perché a me sta a cuore la comunità.