Testata sito CdB
CHIUDIVAI AL SITO

Stefano Toppi

STORIE DI ORDINARIA PRESSIONE E REPRESSIONE

Confronti N.11 novembre 2009

Questa storia inizia a marzo di quest’anno. Da poche settimane (9 febbraio) è morta Eluana Englaro e, sotto l’onda emotiva, il parlamento si accinge a votare in gran fretta una legge sul testamento biologico.

La legge in esame prevede, tra le altre cose, come è noto, il nutrimento e l’idratazione forzati come cura ordinaria e obbligata e non più come intervento terapeutico straordinario.

Il 23 marzo esce sulla rivista Micromega un appello per la libertà sul fine-vita firmato da 41 preti e religiosi italiani.

In esso si denuncia l’imposizione, tramite una legge dello Stato, di una volontà esterna alla persona che per malattia si trovi impossibilitato a manifestare al momento la sua volontà, ad esercitare il diritto al rispetto di una eventuale determinazione esposta preventivamente in un testamento, oppure alla famiglia di concerto con il medico.

E l’appello si conclude con:

 “Con la forza della ragione e la serenità della fede ci opponiamo ad un intervento legislativo che mortifichi la libertà di coscienza informata e responsabile in nome di principi che non sono di competenza dello Stato e tanto meno di un governo o di un parlamento che agiscono in modo ideologico sull’onda emotiva e la strumentalizzazione di una dolorosa vicenda (Eluana Englaro). Come credenti riteniamo che chiunque come è stato libero di vivere la propria vita, così possa decidere anche di morire in pace, quando non c’è speranza di migliorare le proprie condizioni di esistenza umana”.

Si deve far decantare il momento di attenzione sull’evento e attendere l’estate perché dalla Congregazione per la Dottrina della Fede parta una lettera indirizzata ai vescovi diocesani e ai superiori provinciali dei preti e religiosi firmatari contenente una richiesta di una loro convocazione individuale per un richiamo e una richiesta di ritrattazione sotto l’eventuale minaccia di una punizione.

Ed è quello che è avvenuto poi nelle settimane successive, nella varietà di sensibilità e di spirito di dipendenza dalle gerarchie vaticane, che vescovi e superiori religiosi hanno aderito alla richiesta della Congregazione.

Per cui, da quello che si è saputo, si sono avuti i trattamenti più disparati: da chi sotto un intervento pressante ha richiesto a Micromega di ritirare la propria firma all’appello; chi ha avuto una qualche forma di pressione e di rimprovero, senza però accettare di ritirare l’adesione, ed ha subito un trasferimento di sede; chi, come don Paolo Farinella di Genova, ha reso pubblica la sua lettera di contestazione alle accuse rivoltegli dal proprio vescovo Angelo Bagnasco, presidente della CEI; chi ha subito una semplice e benevola “ramanzina”; chi non ha avuto nessun richiamo o rimprovero.

Di fronte a questi provvedimenti repressivi, che ricordano i tempi lontani del dissenso cattolico degli anni ’70, e di fronte a questa disparità di trattamenti è stata convocata un’assemblea pubblica lo scorso 23 ottobre, presso i locali della comunità di base di san Paolo a Roma, organizzata dalle riviste Micromega ed Adista, insieme alla comunità ospitante.

Nel corso della riunione Emilio Carnevali, di  Micromega, ha tra l’altro ricordato come la lettera della Congregazione  per la Dottrina della Fede contenesse la critica ai preti firmatari di aver collaborato con una rivista atea e laicista, dimenticando come alla stessa avesse collaborato in passato, esprimendo in proposito giudizi favorevoli, anche l’allora cardinale Ratzinger.

Valerio Gigante, di Adista, ha evidenziato le differenze tra le chiese nazionali e la particolare chiusura di quella italiana rispetto a quella tedesca in cui due milioni di fedeli hanno già sottoscritto una forma di “testamento biologico cristiano”.

Giovanni Franzoni (firmatario dell’appello, ma ormai fuori portata dei provvedimenti vaticani in quanto censurato “storico”), ha fatto riferimento al senso di paura che trapela dal comportamento di questi vescovi italiani, destinatari della lettera della Congregazione vaticana; nella paura di non sapere come agire, sembrano saper fare solo quello che gli viene detto; manca qualsiasi autonomia di giudizio e di comportamento.  C’è paura di discutere e la paura è contagiosa.

L’invito di Franzoni ai vescovi è invece a riaprire il confronto; una franca discussione in cui i cristiani critici debbano continuare a rappresentare, moderando magari i toni ma con fermezza, le proprie idee.

Sono intervenuti all’assemblea anche altri tre dei preti firmatari dell’appello; don Benito, don Alessandro e don Vitaliano hanno raccontato le loro diverse vicende nei rapporti con i rispettivi vescovi, evidenziando la molteplicità di trattamenti ricevuti. Dando così valore alle parole espresse per l’occasione in una lettera inviata da don Enzo Mazzi, don Paolo Farinella, don Raffaele Garofalo, non presenti all’incontro, e scritta insieme allo stesso Franzoni:

“Crediamo che specialmente in questa occasione abbiamo un dovere di solidarietà reciproca. Di fronte ai nostri vescovi e alla Chiesa non siamo soli. (…) Riteniamo che questa testimonianza di unione possa alimentare per l’azione dello Spirito l’insieme della comunione ecclesiale e riaprire il dialogo delle comunità di base con il collegio episcopale e le altre comunità ecclesiali.”