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Marcello Vigli

DENUNCIARE NON BASTA

Adista n. 59/2010 

C'è un misto di memoria corta e di ipocrisia in chi mostra scandalo per i recenti fatti di corruzione all'interno delle strutture dell’istituzione ecclesiastica (mi sembra sempre opportuno distinguerla dalla Chiesa che coinvolge anche la Comunità ecclesiale). Dimenticano i casi Cippico e Giuffrè, il nepotismo di papa Pacelli e lo scandalo dello Ior, la negazione dell'esistenza della mafia del cardinale Ruffini e le tristi vicende "mafiose" della diocesi di Monreale. Tutti casi del passato che si potrebbero pensare riscattati dalla carità del Pastor angelicus, che ha permesso a molti di noi romani di sfamarsi durante il lungo inverno dell'occupazione nazifascista della città, dalla denuncia del cardinale Pappalardo dopo l'assassinio del generale Dalla Chiesa e dal sacrificio di don Puglisi. Oggi i tanti Sepe e "don bancomat" sono sommersi dai parroci che scandalizzano gli imprenditori perché vogliono pagare l'Iva sui lavori eseguiti in canonica (come ha scritto don Miccoli su queste pagine) o dalle migliaia di "veri" volontari estranei agli intrallazzi delle tante false cooperative o strutture dalla Compagnia delle Opere.

Solo la vitalità e il rispetto della legalità di queste realtà ecclesiali ‑ di base o istituzionali ‑ e non certo i pur benemeriti "distinguo" delle supreme gerarchie impediscono all'ondata di scandali di non rovesciare la barca di Pietro. Allo stesso modo, ad attenuare lo scandalo della pedofilia contribuisce, molto più che le "grida" curiali, l'esperienza di tanti preti che continuano non senza fatica a restare fedeli al celibato, al quale si sono impegnati, o rompono gli indugi e continuano, se se la sentono, a servire la Chiesa restituendo al vescovo il mandato ricevuto in cambio.

Se questo è vero per aver diritto ad essere creduti quando si grida ‑ ad alta o a bassa voce fa lo stesso ‑ allo scandalo, bisogna premettere alla denuncia ‑ seguendo l'esempio del delenda Carthago di catoniana memoria ‑ la richiesta di riprendere e completare l'opera del Concilio.

Il papa convochi e dia reali poteri al Sinodo dei vescovi, restituisca dignità alle Conferenze episcopali imponendo di liberarsi da ogni Concordato e di rinunciare a pubblici finanziamenti. Trasformi la Curia romana in Onlus di diritto internazionale rinunciando alla "sovranità" che ieri, forse, serviva a garantire la sua indipendenza da re e imperatori ‑ in verità creava più legami di quanti ne sciogliesse ‑ oggi in tempo di globalizzazione non serve più neppure... alla regina del Regno Unito!

Si resta implicitamente complici degli scandali se non si danno contenuti radicali alla richiesta di riforme!

Lo stesso può valere per tanti politici democratici che si dicono cattolici. Prima di avanzare proposte "in positivo" per non apparire "disfattisti", dichiarino apertamente che la loro proposta è all'interno di un disegno politico e di una strategia istituzionale finalizzati a chiudere l'era del berlusconismo.                        

 

Marcello Vigli