Terrorismo?

di Giustiniano Rossi
da www.ilmanifesto.it

Era la notte fra il 7 e l’8 novembre quanto alcune linee dell’alta velocità vennero boicottate contemporaneamente in Francia e Germania per protestare contro il trasporto di scorie nucleari. In Francia, i fermati sono accusati di “terrorismo”, un capo d’imputazione la cui definizione è tanto vaga e lasciata all’interpretazione del potere giudiziario da poter esser applicata a qualunque tipo d’azione di lotta politica

Secondo quanto rivelato dalla stampa francese il 22 novembre, il sabotaggio, nella notte fra il 7 e l’8 novembre scorso, della catenaria di quattro linee TGV, contemporaneo a quello di linee ferroviarie in territorio tedesco realizzato con la stessa tecnica nei due paesi per protestare contro il trasporto di scorie nucleari, era stato rivendicato con una lettera in lingua tedesca dal titolo “Perché siamo stufi” inviata, da Hannover, al quotidiano berlinese Tageszeitung e firmata “In memoria di Sébastien”.

L’utilizzo di spezzoni di ferri da costruzione trasformati in ganci metallici, posti sulle catenarie delle linee ferroviarie per sabotarle, ha numerosi precedenti in Germania: è una tecnica che viene praticata da oltre dieci anni nel quadro delle lotte condotte dall’agguerrito movimento antinucleare tedesco contro le centrali nucleari nel suo paese.

Ormai da molti anni i militanti antinucleari di qua e di là dal Reno si battono, fra l’altro, contro il trasporto di scorie nucleari dalle centrali tedesche al centro di ritrattamento in territorio francese e contro il trasporto delle scorie ritrattate in Germania senza che le popolazioni vengano informate ed in assenza di misure di sicurezza adatte a garantirne l’incolumità ed a proteggere l’ambiente: era impegnato in quasta battaglia anche Sébastien Briat, giovane militante antinucleare morto in Lorena, il 7 novembre 2004, investito da un treno “Castor” carico di scorie nucleari tedesche rispedite alle centrali da dove erano partite dopo essere state ritrattate a La Hague.

Pur al corrente di tale rivendicazione, la polizia francese aveva arrestato l’11 novembre nove persone, di età compresa fra 22 e 34 anni, a Tarnac (Corrèze), Rouen (Seine-Maritime) e Parigi senza disporre di nessun serio elemento materiale di prova a loro carico: per tre di loro l’ipotesi di reato è, oltre al sabotaggio della rete ferroviaria, l’appartenenza ad un’associazione a delinquere con finalità di terrorismo (nel frattempo, sette dei nove arrestati sono stati rimessi in libertà perchè gli indizi a loro carico non sono stati considerati sufficienti a prolungare la loro detenzione).

Sull’episodio si sono precipitati con pubbliche dichiarazioni la ministra dell’Interno Michèle Alliot-Marie – il cui acritico sostegno alle forze di polizia – che con una brutalità inaudita hanno recentemente perquisito l’abitazione di un giornalista di Libération, Vittorio Defilippis, per un’accusa di diffamazione – è stato censurato dai suoi stessi colleghi di governo – ed il capogruppo alla Camera del partito di maggioranza, Jean-François Copé, definendo il sabotaggio della rete ferroviaria (che in nessun caso avrebbe potuto avere conseguenze per l’incolumità dei viaggiatori e del personale delle ferrovie) un atto di terrorismo.

L’evidente sproporzione fra i fatti contestati e la loro qualifica penale ha provocato la viva reazione di un nutrito gruppo di intellettuali e di personalità francesi, oltre a quella degli abitanti del villaggio di Tarnac (Corrèze) dove viveva in comunità la maggior parte dei sospetti: si è costituito un comitato che protesta contro i metodi usati e rifiuta l’uso della qualifica di terroristi contro gli arrestati.

L’intera vicenda, amplificata da media subalterni alla politica governativa, appare come la consacrazione della penalizzazione delle lotte sociali e dei loro protagonisti, in barba al principio della “presunzione d’innocenza” e sembra costituire una maniera di punire quanti la pensano differentemente, criminalizzandone le “intenzioni”, mentre la qualifica di “terrorista” nel capo d’accusa è il risultato dell’introduzione progressiva di leggi eccezionali adottate insidiosamente attraverso il discorso sicuritario e la definizione di “terrorismo” è tanto vaga e lasciata all’interpretazione del potere giudiziario da poter esser applicata a qualunque tipo d’azione di lotta politica: in questo caso vengono accusate persone perché leggono, scrivono e partecipano a forme di vita alternative e solidali.

Appare evidente la strumentalizzazione di questo episodio da parte del potere politico-giudiziario, per il quale la semplice enunciazione del termine “terrorista” basta a sostenere l’accusa, mentre la riduzione di ogni azione politica non istituzionale ad un atto di sabotaggio o di “terrorismo” viene usata per screditare l’avversario politico demonizzandolo, nel tentativo di condannare l’esistenza e le forme di vita autonome, libere ed incontrollabili.

In un quadro politico europeo nel quale il tutto sicuritario è diventato ormai da tempo l’elemento essenziale del programma delle destre, ormai al potere in quasi tutta Europa, mentre la Grecia brucia, il governo francese intende mettere in atto il progetto di dotare le sue forze di polizia di pistole ad impulso elettrico Taser che, secondo un recente rapporto di Amnesty International, hanno provocato negli USA la morte di 334 persone fra il 2001 e l’agosto 2008.