L’ex fascista opportunista

di Marcello Vigli

Se la Santa Sede e gli episcopati europei alla fine degli anni trenta avessero speso tante energie contro le leggi razziali quante ne spendono oggi contro le leggi su temi eticamente sensibili, Gianfranco Fini non avrebbe di che parlare. Non sarebbero nate tensioni fra Vaticano e autorità israeliane sulla beatificazione di Pio XII. Sarebbe stato sufficiente che questo papa avesse seguito la linea di progressiva dissociazione del suo predecessore Pio XI perché la condanna contro le leggi vergogna sarebbe apparsa ieri ed oggi inequivocabile.

Non gli si chiedeva certo di giungere alla formale condanna per statolatria, che il suo successore papa Ratzinger ha comminato in questi giorni alla Spagna di Zapatero, poteva almeno portare a termine la stesura del documento contro il razzismo che Pio XI aveva ordinato di preparare. Avrebbe corso il rischio di essere imprigionato da Mussolini per ordine di Hitler come Pio VII da Napoleone. Non è normale che un papa sia imprigionato, non è neppure normale che un vescovo sia ucciso sull’altare come Mons. Romero o per strada come i preti antimafia. Sono rischi da correre se si vuole essere vicari di un crocefisso e non sono valide le spiegazioni addotte facendo appello allo spirito del tempo.

La tacita complicità della Chiesa con il regime fascista non può essere sanata con il richiamo ai numerosi e ammirevoli episodi di solidarietà con gli ebrei braccati verificati in molte famiglie, parrocchie e conventi italiani. Non per questo, però, viene meno il carattere biecamente strumentale delle battute di Fini finalizzate a deresponsabilizzare il fascismo con la denuncia che anche tutta la società italiana, come per la Curia di Pacelli, è corresponsabile perché non si è ribellata alla leggi razziali. Tutti responsabili nessun responsabile.

Una chiamata di correo dell’intera società italiana con il fascismo fatta da un ex-fascista diventato, guarda caso, berlusconiano non è credibile se non è unita alla denuncia di una responsabilità che è solo fascista. La responsabilità di aver restituito forza con la firma dei Patti lateranensi a quella Chiesa di potere che nel corso dei secoli non poco ha contribuito alla de-formazione della coscienza morale della società italiana.

Senza rievocare le diatribe sull’assenza in Italia di una versione, magari sociniana, della Riforma protestante, è innegabile che il cattolicesimo tridentino ha pesantemente contribuito a soffocare ogni tentativo di rinnovamento e ogni proposta di aggiornamento nella Comunità ecclesiale italiana: dal cattolicesimo liberale al modernismo politico, dalla denuncia rosminiana delle Cinque piaghe al dissenso dei nostri giorni.

Della denuncia di questa responsabilità del suo ex duce non c’è traccia nelle parole di Fini. Quei Patti non possono essere considerati certo infamanti come le leggi razziali, ma forse la società italiana avrebbe reagito diversamente ad esse se con quel Patto non si fosse ricostituita e aggiornata, la diarchia trono altare che era stata faticosamente cancellata, anche con il contributo dei cattolici non clericali, liberali prima e popolari poi.