Un nuovo concilio magari africano

di Enzo Mazzi
in “l’Unità” del 14 marzo 2009

Crea stupore la solitudine di papa Ratzinger. Dovrebbe invece meravigliare il contrario. La storia
delle monarchie è storia di solitudini. L’isolamento è un dato costituzionale del potere regale. La
monarchia papale non fa eccezione. È vero che Ratzinger è forse più monarca di altri. Ma non è il
carattere personale che crea isolamento quanto l’assolutismo del suo potere di derivazione diretta da
Dio. È emblematica la storia di un papa che quanto a carattere era l’opposto dell’attuale pontefice:
papa Giovanni. Ai primi di novembre del 1958, il cardinale Dalla Costa, l’arcivescovo di Firenze
sospetto al Sant’Uffizio per il suo antifascismo e la sua apertura conciliare e sociale, di ritorno dal
Conclave, venne a trovarci all’Isolotto, in una delle visite che ci faceva di frequente in rigoroso
incognito. «Abbiamo eletto un papa che vi piacerà», ci disse con quel risolino ironico e ammiccante
che addolciva i tratti austeri e taglienti del suo volto scavato. Poiché conosceva i suoi polli,
aggiunse: «Abbiate fiducia, aspettate e vedrete ». Aspettammo, ma sfiduciati. Già i trionfalismi
dell’incoronazione ci avevano mal disposti verso questo papa. Presentava sì tratti di bonaria
umanità, totalmente assenti dalla figura di Pacelli, ma mostrava, una cultura tradizionalista e
curiale, inadeguata se non contraria ai cambiamenti che si rendevano sempre più urgenti. Vennero,
poi, le mazzate. Nel dicembre 1958, un intervento vaticano vieta all’Università cattolica del Sacro
Cuore di conferire la laurea honoris causa in scienze politiche a Jaques Maritain. Poco dopo, un
ordine del Sant’Uffizio blocca la diffusione di «Esperienze Pastorali» di don Milani, fino a lambire
lo stesso cardinale Dalla Costa. Agli inizi del 1959 viene allontanato da Firenze padre Ernesto
Balducci. Il 4 aprile dello stesso anno il Sant’Uffizio rinnova, con la dichiarata approvazione del
papa, la condanna contro i comunisti, allargandola perfino ai cattolici che con i loro comportamenti
“favorivano” il comunismo. Nello stesso anno, il cardinale Feltin riceve dal cardinale Pizzardo,
segretario del Sant’Uffizio, l’ingiunzione di chiudere l’esperienza dei preti operai, creando ferite
tutt’ora aperte. Il nuovo papa appariva isolato, ostaggio della Curia vaticana. Ben presto Roncalli si
accorse che egli, dal centro, poteva solo reprimere e soffocare. La riforma della Chiesa non poteva
partire da lui. Non voleva essere un papa-riformatore. E concepì il Concilio proprio per rompere il
centralismo romano, per far tacere i “profeti di sventura” e quindi liberare le esperienze conciliari
delle periferie e dare spazio ai “segni dei tempi”. Non si possono dare consigli a un papa. Se potessi
farlo gli consiglierei di smarcarsi dalla infida Curia e indire un bel Concilio novo e di farlo magari
in Africa. Lo sai che svolta storica sarebbe il «Concilio Africano I»?