UN’ITALIA CHE NON CI PIACE

di Paolo Bonetti
da www.italialaica.it

Lo possiamo dire che c’è un’Italia che non ci piace? Veramente l’ha già detto Giovanni Amendola, ucciso dai fascisti, e ancora oggi c’è qualche storico e giornalista che continua a rimproverarglielo. Più tardi lo disse Ugo La Malfa, che proveniva dal Partito d’Azione e quindi era un uomo gravemente sospetto di giacobinismo e perfino di criptocomunismo.

No, non bisogna dire che questa Italia, che ha in Berlusconi il suo emblema, non ci piace, perché si rischia di passare per moralisti snob, gente algida che non ama frequentare quel popolo schietto e semplice che è la compagnia prediletta del nostro presidente del Consiglio. Eppure, nonostante tante severe condanne e così autorevoli inviti ad adeguarci all’etica berlusconiana quotidianamente premiata dai sondaggi, noi continuiamo imperterriti a pensare che questa Italia perennemente euforica e festante, che grida e si agita dentro gli schermi televisivi, non sia l’unica e tanto meno la migliore.

Perché mai, dopo per aver lavorato a lungo per un paese civile, nel quale uomini e donne, italiani e stranieri, avessero gli stessi diritti e godessero dello stesso rispetto, dovremmo oggi adeguarci all’Italia di Berlusconi che pronuncia battute da osteria (con tutto il rispetto per le vecchie osterie, che non erano poi così volgari) sulle donne, o a quella di Maroni che rispedisce i profughi negli inferni da cui vengono, o magari a quella del giovane deputato leghista Salvini che propone sui tram posti riservati per i milanesi doc. I suoi alleati dicono che è stata una provocazione, ma per noi è stata semplicemente un’ignominia, che fa il paio (anzi, il tris) con la proposta di legge dei medici-spia e dei presidi-spia.

Volete un ritratto veritiero dell’etica berlusconiana che inquina il paese e lo sospinge pericolosamente all’indietro? Basta aprire il “Corriere della Sera” di sabato 9 maggio, e leggere a pagina 15, messe in bella evidenza, le dichiarazioni della signorina Noemi Letizia, la ragazza diciottenne che ha avuto l’onore di avere la presenza, alla sua festa di compleanno, del capo del governo in persona, proprio lui, così impegnato a correre incessantemente da un capo all’altro di questo sventurato paese, per rimettere a posto le tante cose che non vanno. Le dichiarazioni di Noemi, fatte in tutta innocenza e senza ombra di malizia, sono uno stupefacente esempio di berlusconismo morale.

La ragazza conosce bene il cavaliere e sa che il suo genere letterario preferito, quello che coltiva con maggior talento, sono le barzellette. E racconta che le piace tanto “quella dei due ministri del governo Prodi che precipitano con l’aereo e vengono violentati dagli uomini della foresta”. Nel suo candore, la fanciulla non potrebbe essere più berlusconiana di così. C’è dentro tutto quello che occorre, il sesso, i violentatori extracomunitari e anche la sinistra, che una fine come quella sicuramente se l’è cercata. Noemi non ha ancora deciso che cosa farà da grande, ma è comunque consapevole che l’Italia berlusconiana le offre molteplici opportunità , fra le quali potrà scegliere con grande agio: attrice o ballerina, modella o parlamentare, la disoccupazione è per lei un rischio inesistente.

La Costituzione dice che l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro; a noi troppo spesso sembra che sia fondata sul carnevale, una tradizione antica e gradevole, ma che certo non si presta a fare da fondamento alle repubbliche, specialmente quando dura tutto l’anno e serve a nascondere i guasti prodotti da un cattivo governo. C’era, qualche decennio fa, un altro cavaliere, era un bravo attore di rivista e di cinema, si chiamava Tino Scotti e aveva un entusiasmo berlusconiano ante litteram: anche lui, come il cavaliere di oggi, arrivava in scena gridando “ghe pensi mi” e pretendendo di risolvere all’istante qualunque problema.

Quanto tempo è passato da quell’Italia provinciale dove c’erano ancora le case chiuse, il delitto d’onore, un diritto di famiglia di tipo medievale e la superiorità incontrastata del maschio. E i cumenda milanesi con la segretaria-amante incorporata. Berlusconi, in certi suoi comportamenti, sembra ancora appartenere a quell’Italia, ma noi siamo convinti che oggi, anche fra i suoi elettori, ce n’è un’altra, molto più europea, meno ossessionata da mitologie defunte e ormai ridicole. Nonostante i sondaggi sbandierati dal cavaliere sembrino dire il contrario, c’è un’Italia giovane, assai più matura dei suoi padri e dei suoi nonni, che ha imparato a vivere quotidianamente secondo il costume della libertà e della parità.

Un’Italia che non ha bisogno di essere libertina all’ombra dei preti. D’altronde, anche questi ultimi cominciano a prendere le distanze e a invocare un po’ di sobrietà, prima che sia troppo tardi e l’opinione pubblica, nonostante la narcosi mediatica che le viene praticata, sia presa da nausea e mandi tutti a casa. Perfino giornalisti solitamente benevoli con lui invitano il cavaliere a non perdere il senso del limite, per non alimentare ulteriormente il fastidio e il rancore di chi proprio non riesce a riconoscersi in un’immagine dell’Italia che ci fa torto, che ci diffama. La caduta del sultano, come è stato opportunamente chiamato, non è imminente. Ma egli dovrebbe essere ormai consapevole che il governo dell’harem nessuno lo vuole, a cominciare da molti dei suoi seguaci.