I NUOVI SEGRETI DELLO IOR

intervista a cura di Emiliano Sbaraglia
da www.italialaica.it

“Vaticano S.p.A.” (Chiarelettere, pp.280, € 15,00), è un libro destinato a rimanere a lungo nella mente dei suoi lettori. Attraverso un incredibile numero di pagine appartenenti all’archivio di Renato Dardozzi, un monsignore per anni a contatto e all’interno delle più segrete stanze vaticane, il giornalista Gianluigi Nuzzi ricostruisce capillarmente le vicende dell’Istituto Opere Religiose, lo Ior, laddove gran parte della nostra memoria storica lo aveva lasciato, vale a dire nell’epoca dominata dalla discussa ed equivoca figura di Paul Marcinkus.

Al centro della ricerca di Nuzzi c’è dunque l’ultimo decennio del secolo scorso, che in Italia vuol dire soprattutto Tangentopoli, e ciò che ne è conseguito: il crollo di un sistema politico fondato sulla pratica della tangente, i suoi sotterfugi, le varie implicazioni con referenti e attività mafiose. Riemergono così vecchi eppur nuovi fantasmi, come Giulio Andreotti, e nuovi interrogativi, che cercano di individuare quanto sia accaduto nel recente passato grazie al supporto di una documentazione mai consultata prima, ora a disposizione di chiunque voglia saperne di più. Abbiamo rivolto alcune domande all’autore.

Allora Nuzzi, partiamo dall’inizio, dal recupero della documentazione contenuta nell’Archivio Dardozzi. Come è riuscito ad arrivare a queste carte?

Bisogna tornare all’ottobre-novembre del 2007, quando alla redazione di Panorama, settimanale per cui già scrivevo, si fa avanti una persona che voleva far vedere questa documentazione. Una persona molto riservata e diffidente, che nei primi mesi del 2008 decide di farmi avere accesso ad alcuni documenti che costituivano questo archivio. Il desiderio di questa persona di rendere pubblico il materiale si contrapponeva al timore di consegnarlo nelle mani sbagliate, dedite a quello che potremmo definire un “anticlericalismo militante”, mentre l’intenzione era quella di ricostruire con realtà e trasparenza questo archivio e interfacciarlo con le realtà giudiziarie, oltre che vaticane, dall’Ambrosiano a oggi.

E come mai proprio adesso?

Monsignor Dardozzi scompare nel 2003, e le persone incaricate di conservare il suo archivio, a lui molto vicine, inizialmente hanno una resistenza naturale. Teniamo presente che stiamo parlando di persone molto semplici, che devono decidere se rispettare le volontà di Dardozzi di rendere pubblica la sua documentazione, o se buttarla in fondo a un lago. Ne è nato un rapporto di reciproca conoscenza e fiducia, che mi permette nell’estate dello scorso anno di acquisire l’archivio. Un materiale mai venuto fuori, a dir poco delicato, che faccio spostare in sicurezza; dopodiché si procede al riordino dello stesso. E ci tengo a sottolineare con particolare soddisfazione che ora questo materiale è un patrimonio comune, consultabile gratuitamente sul blog di “Chiarelettere”, per chiunque volesse confrontare le informazioni contenute nel mio libro con le fonti da me utilizzate.

Nella ricostruzione del suo libro si ripercorre anche il periodo di Tangentopoli, e il nucleo centrale viene dedicato a quella che viene definita “la madre di tutte le tangenti”, quella Enimont, di cui lei ripercorre tutti i passaggi bancari, aggiungendo elementi di novità di non poco conto…

Sì, la questione Enimont è rilevante nel libro, e riscrive parte del “maxiprocesso”, il processo-simbolo di Tangentopoli. Si tratta di un discorso più ampio, di uno snodo delle attività frenetiche dello “Ior parallelo”, come titolo uno dei capitoli: l’espressione più nitida dell’attività delle banche del papa dal dopo Marcinkus al biennio ’93-’94, che testimonia movimenti occulti, un sistema immune da condizionamenti e da critica. La personalità dominante risulta essere quella di Donato de Bonis, messo alla guida effettiva della banca religiosa dalle più alte presenze vaticane. Una ricostruzione secondo me importante, dato che per molti di noi la memoria di questi fatti si interrompe con l’ascesa e la caduta di Marcinkus. “Vaticano S.p.A.” racconta il “dopo”, che per certi versi è anche peggio del “prima”. Assistiamo infatti all’appropriazione indebita di capitali, attraverso atteggiamenti più aggressivi e spregiudicati rispetto alle ingegnerie finanziarie illegittime dei due decenni precedenti. In pratica de Bonis adegua il sistema Marcinkus ai desiderata degli anni ’90, come in un certo senso confermano le interviste da me realizzate durante la ricerca per la pubblicazione del libro con Francesco Greco e Gherardo Colombo, allora magistrati del pool di “Mani pulite”, che a distanza di anni si sono accorti come siano stati un po’ presi in giro, all’epoca, nel corso della loro inchiesta. D’altra parte non potevano fare molto di più, visto che garanzie, tutele e immunità lasciavano ben poco spazio di indagine. Lo Ior non contempla alcuna norma che invece ordina le attività bancarie, anche a livello europeo. E quando tramonta l’era di Marcinkus, che morirà impunito, sarà proprio de Bonis a prendere il suo posto, dopo anni di lavoro al suo servizio.

Un altro capitolo di assoluto rilievo è quello riguardante il conto “Fondazione Spellman”, dove spunta anche il nome di Giulio Andreotti. Che idea si è fatta del ruolo dello storico esponente democristiano nelle vicende da lei analizzate?

La firma di Giulio Andreotti si ritrova nei pagamenti di congressi, in quelli dell’avvocato Ascari, (che difenderà Andreotti nel processo di mafia che seguirà), per soldi dati a Citaristi (all’epoca cassiere della Dc), a diplomatici, a personaggi vicini al mondo cattolico. Stiamo parlando di quantità di denaro enormi, e in contanti. C’è poi una particolarità rispetto al nome scelto per questo conto.

Quale?

“Fondazione Spellman” deriva da Francis Spellman, cardinale statunitense che negli anni del dopoguerra, da New York, ebbe un ruolo-chiave per la gestione dei rapporti tra gli Stati Uniti e l’Italia democristiana disegnata dopo la fine del secondo conflitto mondiale, in piena guerra fredda, voluti soprattutto per evitare dei passi in avanti nel contesto politico e sociale nazionale da parte del Pci. Spellman era una figura di totale garanzia per i governi italiani di quel periodo, si ipotizza fosse addirittura il veicolo per far arrivare i soldi della Cia alla Democrazia cristiana a partire dagli anni ’50. Un nome, quello della “Fondazione Spellman”, citato una sola volta da un collaboratore di Sindona nel corso di un processo, all’incirca con queste parole: “Noi eravamo vicini alla Dc, e abbiamo dato soldi alla Fondazione Spellman”. Teniamo presente che stiamo parlando di un conto corrente dello Ior aperto negli anni che vanno dal 1987 al 1989. Nelle sue carte Dardozzi si chiede il perché di certi movimenti su questo conto, e scopre la firma di Giulio Andreotti. Questo è importante perché quando ci si accorge che è dentro la Spellman, in Vaticano cominciano a nascere problemi, a preoccuparsi. Siamo nella primavera del ’92, momento in cui Andreotti è candidato al Quirinale; poi arrivano le stragi di Palermo, le morti di Falcone e Borsellino, e il Capo dello Stato sarà Scalfaro. Andreotti rimane però l’uomo di dialogo tra Vaticano e Italia. Un cliente di assoluto prestigio, di livello e di spessore. Va tutelato. Di lì a qualche mese, infatti, l’inchiesta dei magistrati vira verso i soldi della tangente Enimont transitati oltre i confini del “portone di bronzo”, e la preoccupazione traspare evidente nel carteggio custodito nell’archivio Dardozzi. Per non indurre in tentazione i magistrati, si attivano così filtri e protezioni efficaci per rallentarne l’azione. Oltre le rogatorie non si riesce ad andare, non si ricostruisce un quadro d’insieme. E come nel caso di Spellman, anche stavolta la scelta del nome in codice per Andreotti,
“Omissis”, sembra rappresentare il simbolo di un periodo storico italiano: quale altro si poteva scegliere?

Il libro termina con un capitolo dedicato ai rapporti tra lo Ior e Bernardo Provenzano…

L’ “ingegner Loverde”, come si faceva annunciare Provenzano nella casa di don Vito Ciancimino, in quegl’anni sindaco di Palermo; il quale, vale la pena ricordarlo, è stato il primo politico italiano condannato per mafia. Lo racconta il figlio Massimo, che in una serie di conversazioni da me registrate indica con nome e cognome i prestanome delle cassette di sicurezza custodite nello Ior; conti dove affluivano i pizzi degli appalti di Palermo, per esempio, e molto altro. Suo padre drenava soldi che finivano su questo sistema di conti, e una percentuale andavano a Provenzano e Riina. Il resoconto dei miei incontri con Massimo Ciancimino, in chiusura di libro, è come se fosse un ritorno al passato per aprire una finestra su quanto c’è ancora da sapere.

Non le si potrebbe obiettare che quelle di Ciancimino sono le dichiarazioni di un recente pentito tutte da verificare?

Certo, sull’attendibilità o meno delle sue dichiarazioni per ora non c’è altro che il supporto delle testimonianze di altri collaboratori di giustizia. Da circa un anno Ciancimino viene ascoltato da molte procure italiane, da Firenze a Catania a Caltanissetta, ma bisogna comunque procedere con una certa cautela sulla ricostruzione di una persona che sta collaborando con le procure. A me risulta che Ingroia, procuratore aggiunto di Palermo, sia molto interessato a quanto dice, e alcuni prestanome indicati sono ancora in vita. Ma rispetto a questo bisogna aggiungere una cosa.

Prego.

Il problema rimane che bisogna continuare a stare attenti ad addossare al Vaticano responsabilità non sue: se apro un conto e faccio affluire soldi di un certo tipo allo Ior, bisogna dimostrare che ci sia conoscenza da parte dei titolari della provenienza dei miei movimenti. Ma per questo nel libro si torna a un motivo ricorrente, cioè agli scarsi sistemi di controllo dello stesso Ior, il suo non adeguamento ai trattati internazionali. In questo senso sono stati fatti, pur con tempi molto lenti, dei passi in avanti per fare pulizia: anche se le ultime cassette di sicurezza intestate ai prestanome di Ciancimino, sono state chiuse solo pochi anni fa…

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Vaticano S.p.A. – Videointervista di Raffaele Barki all’autore Gianluigi Nuzzi: http://mediamaking.com/vaticano-spa