IL PASSO FALSO DEGLI USA SUI SITI NUCLEARI

di Alessandro Iacuelli
da www.altrenotizie.org

Si apre la polemica negli Stati Uniti per la pubblicazione in rete di un documento riservato, contenente la lista dei siti nucleari sparsi su tutto il territorio nazionale. Il documento è stato rimosso dalla Rete, ma è comunque rimasto consultabile, e scaricabile per un’intera giornata sul sito web del governo. Una “svista” abbastanza grave, giacché la lista contiene descrizioni relative anche agli impianti dove è stoccato l’uranio arricchito ed altri materiali utilizzati per la costruzioni di armi nucleari. Secondo il governo USA si è trattato proprio di una svista: il documento era riservato e destinato all’Agenzia Onu per l’energia atomica (Aiea). Ed ora? In molti, oltreoceano, denunciano il rischio che le informazioni contenute siano state acquisite da terroristi pronti a colpire gli Stati Uniti. Un pericolo che gli esperti nucleari hanno prontamente minimizzato, sostenendo che è comunque possibile conoscere la localizzazione esatta dei siti nucleari attraverso altre fonti.

“Probabilmente non è pericoloso, ma è una violazione della legge”, ha spiegato David Albright, ex ispettore nucleare dell’Onu e presidente dell’Institute for Science and International Security di Washington. “Nessuno vuole che tali informazioni siano rivelate”, ha dichiarato al quotidiano New York Times, “ma non più di come non si vorrebbe che un ladro fosse a conoscenza del luogo in cui si trova la cassaforte nella propria abitazione”. Quel che fa riflettere sulla vicenda, è come negli USA si guardi alla sicurezza dei propri documenti di Stato: infatti nessuno si era accorto, tra le varie istituzioni di Stato, dell’errore, notato invece da Steven Aftergood, blogger che cura Secrecy News, un blog dedicato alle questione di sicurezza della Federation of American Scientists.

Appena una settimana fa, il presidente Barack Obama aveva messo in guardia dai rischi di attacchi alla Rete, presentando un piano per istituire un coordinamento per garantire la sicurezza delle infrastrutture telematiche statunitesi. “La prosperità economica dell’America nel XXI secolo dipenderà dalla sicurezza della rete”, aveva dichiarato Obama, “Il nostro vantaggio tecnologico è un punto chiave della supremazia militare dell’America, ma le nostre reti di difesa e militari sono sotto costante attacco. Al Qaeda e altri gruppi terroristi hanno parlato del desiderio di compiere attacchi alla Rete nel nostro paese. Attacchi che sono più difficili da individuare e contro i quali è più difficile difendersi. Da adesso, le reti e i computer da cui dipendiamo tutti i giorni saranno considerati come dovrebbero essere: una questione nazionale strategica. Proteggere questa infrastruttura sarà una priorità per la sicurezza nazionale”.

Il rapporto segreto é lungo 266 pagine e comprende anche le mappe che mostrano l’esatta collocazione di depositi di carburante per la fabbricazione di armi nucleari. Essendo stato visibile in rete, è stato scaricato da un numero imprecisato di persone, distribuite sull’intero pianeta. Le autorità di Washington hanno avviato un’indagine interna per appurare eventuali responsabilità. Nella sua copertina è lo stesso documento a fornire alcune indicazioni significative in tal senso: la pubblicazione, si legge, si deve alla Commissione Affari Esteri della Camera dei Rappresentanti. Le informazioni contenute nel rapporto, definito “altamente confidenziale”, erano state raccolte per essere trasmesse a fine 2009 all’Aiea. Una decisione voluta dalla nuova amministrazione di Barack Obama per una maggiore trasparenza riguardo al nucleare civile degli Stati Uniti, nella speranza di convincere l’Iran e altri paesi ritenuti in possesso di armi nucleari a fare altrettanto.

Il rapporto non contiene informazioni militari su programmi e strutture per la fabbricazione di armi atomiche, ma è una lista terribilmente dettagliata dei siti che ospitano gli impianti nucleari anche civili e include anche alcune aree con reattori nucleari e laboratori di primaria importanza. In particolare, nel documento sono presentate dettagliate informazioni sui tre laboratori di Los Alamos, Livermore e Sandia e sull’Oak Ridge National Laboratory, in Tennessee, che ospita l’Y-12 National Security Complexes. Protetto da un eccezionale dispositivo di sicurezza e per questo conosciuto come “Fort Knox”, quest’ultimo produce un elevato quantitativo di uranio arricchito, principale componente per la fabbricazione di armi nucleari.

Ci sono anche le analisi sui depositi di scorie di Idaho Falls e, infine, tutto il complesso del gruppo francese Areva di Lynchburg in Virginia viene descritto nei minimi dettagli: non solo piante e sezioni, ma anche l’ubicazione delle postazioni di guardia; l’unica area oscurata, ma per la quale vengono comunque fornite tutte le indicazioni e le mappe, è quella di un deposito di plutonio e derivati, fondamentali per il combustibile e per le testate nucleari. “Si tratta della migliore lista di siti nucleari che io abbia mai visto”, ha dichiarato Thomas Cochran, uno degli scienziati del programma nucleare del Natural Resources Defence Council, “Ma non credo che la sua pubblicazione abbia aperto una breccia nella sicurezza nazionale. Esso conferma soltanto ciò che già si conosce, ma con qualche informazione in più”.

Proprio per quanto riguarda il laboratorio Oak Ridge National, per la prima volta viene fornita l’esatta collocazione del centro, informazione che solitamente viene tenuta segreta per mettere al riparo il sito da eventuali furti. L’erronea pubblicazione ha quindi offerto al pubblico una trasparenza decisamente maggiore di quella che aveva indotto l’Amministrazione Obama a redigere il documento. “Queste sviste accadono – ha aggiunto John M. Deutch, ex direttore dei Servizi segreti ed ex ministro alla Difesa – in questo caso si è andati un po’ oltre, ma la cosa non è grave”, contribuendo così alla corsa alla minimizzazione. L’imprevista diffusione di notizie altamente riservate ha comunque creato un certo imbarazzo all’Amministrazione americana, anche perché a tutt’oggi non si comprende come tutto ciò sia potuto accadere: come il rapporto sia finito sul web rimane tutt’ora un mistero. Quel che invece non è più un mistero è il “cuore” nucleare degli Stati Uniti: indirizzi esatti, ma anche i numeri delle stanze e mappe dettagliate dei complessi più significativi. Gli obiettivi sono individuabili senza nessuna possibilità di errore.

La cosa sembrerebbe non riguardarci direttamente, visto che appare essere un disastro informativo interno agli USA. Invece, in un paio di citazioni, l’Italia c’entra, eccome. Già nelle prime pagine del documento, infatti, tra i primi siti dell’elenco viene descritto un progetto della Westinghouse di Pittsburghs realizzato insieme a due enti italiani, l’Enea di Bologna e la Siet (Società Informazioni ed Esperienze Termoidrauliche) di Piacenza, che ha tra gli azionisti Enea, Enel e Ansaldo. Si tratta di un esperimento sugli incidenti nei reattori nucleari di nuova generazione: obiettivo è analizzare le piccole fratture con perdita di liquido di raffreddamento. Il problema classico delle grandi centrali, quello della fuga radioattiva di Three Miles Island nel 1979. Obiettivo della ricerca è quello di progettare un laboratorio dove vengano simulati questi incidenti e poi condurre dei test. Lo scopo finale è quello di arrivare a costruire un reattore integrale con sistemi di sicurezza interamente passivi: apparati che entrino in funzione automaticamente, senza bisogno d’intervento umano, rendendo l’impianto a prova di errore.

Questo studio fa parte del programma internazionale GNEP, si tratta di un progetto italo-statunitense che è stato approvato, recita la scheda, nel maggio 2005 e si prevede che venga completato entro il settembre 2012. Qualcuno potrebbe chiedersi, e chiedere a chi governava l’Italia nel 2005, come mai sia stato iniziato questo studio nel nostro paese nonostante il referendum del 1986 che decretò la fine della produzione di energi
a nucleare e la chiusura delle centrali. Un secondo programma parallelo unisce la Westinghouse, la SIET di Piacenza, il Politecnico di Milano, l’Università di Pisa e un ateneo croato. Si tratta di studiare gli incidenti in un altro tipo di reattori. Il progetto è cominciato nel settembre 2006 e si chiuderà tra due anni. Il tutto nell’ambito di una ricerca internazionale chiamata Iris. Tutti progetti ai quali non si sa l’Italia a quale titolo partecipa. E per i quali non ci attendiamo risposte da chi ci governa.