De Gregorio spa

di Lia Esch
da www.micromega.net

“Italiani nel Mondo elegge il proprio consigliere provinciale a Napoli, nel collegio più rosso d’Italia, quello di Ponticelli, dove Luigi Sorianiello, dirigente d’azienda, ha conquistato una roccaforte storica che non veniva espugnata da decenni”. Così Sergio De Gregorio commenta il successo del suo partito proiettato verso il Globo. “Il movimento Italiani nel Mondo sarà presente con proprie liste alle Province di Napoli e di Avellino, e al Comune di Avellino, lavorerà per portare avanti l’internazionalizzazione del marchio Campania”. Siamo nel 2006, De Gregorio balza agli onori delle cronache per essere il primo transfuga della XV Legislatura: eletto senatore con Italia dei Valori nel suo fortino elettorale, la Campania, con un blitz dei senatori di opposizione scalza la presidente in pectore della commissione Difesa del Senato, Lidia Menapace e lascia il partito in cui è stato votato, per dare corpo al suo progetto politico, “Italiani nel Mondo”.

Il senatore Nino Randazzo (Pd), nato nelle Isole Eolie poi emigrato ed eletto in Australia, ha una teoria precisa sul cambio di casacca: “De Gregorio non ha potuto nascondere la cospicua donazione da parte di Forza Italia, per cui è stato rinviato a giudizio per presunta corruzione. Sul piano strettamente politico è lecito pensare che si tratti di un ‘aiuto’ alla nascita del progetto degli Italiani nel Mondo, che ha trovato in seguito una sua naturale collocazione in seno all’attuale maggioranza”. Durante la presidenza della Commissione Difesa De Gregorio viene individuato quale presunto mediatore nell’acquisto di una caserma dell’esercito per conto della cosca ‘ndranghetista Ficara sulla base di indagini condotte dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, ma il 27 maggio 2009 è arrivato il decreto di archiviazione che lo scagiona dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.

Italiani nel Mondo, in hoc signo vinces

Le reti televisive. Italiani nel Mondo Radio e Tv srl, Italiani nel Mondo reti televisive srl, Italiani nel Mondo servizi immobiliari srl, Italiani nel Mondo Immobiliare, Associazione internazionale Italiani nel Mondo, Italiani nel Mondo editrice ed infine l’ammiraglia, Italiani nel Mondo Channel. Tutte società – risulta dalle dichiarazioni pubbliche dei parlamentari – con partecipazioni di De Gregorio, talvolta in cordata con la moglie, Maria Palma. Di queste alcune già in liquidazione, altre hanno collezionato un cospicuo numero di protesti, come dimostrano le visure camerali: InM reti televisive srl, per dirne una, colleziona nove assegni protestati, anche per cifre irrisorie, tutti per “difetto di provvista”. Stessa sorte per l’immobiliare, oltre che stessa sede: Via Terracina 431, Fuorigrotta, Napoli. Proprio lì, nel 2002 aveva sede un’impresa, secondo la ragione sociale, operante nella “distribuzione e commercializzazione all’ingrosso e al dettaglio di prodotti tessili”. Nome della ditta, Italiani nel Mondo, ça va sans dire.

Assurto nuovamente al laticlavio e alla presidenza della Delegazione Italiana presso l’Assemblea Parlamentare della Nato, Sergio De Gregorio si prodiga, oltre che per la sorte dei connazionali all’estero, anche per quella delle emittenze locali: nel gennaio 2009 è autore di un emendamento (poi bocciato) al “milleproroghe” che avrebbe consentito alle imprese radiofoniche e ai canali satellitari tematici “che risultino essere organi di partiti politici rappresentati in almeno un ramo del Parlamento” di accedere a contributi per un ammontare massimo di 4 milioni messi a disposizione da Palazzo Chigi, non solo per le aziende che “hanno maturato i diritti al 2005”, come vuole l’attuale normativa, ma anche per le aziende che avessero fatto “domanda per l’ esercizio 2006”. Sarà un caso che la platea introdotta dall’emendamento faccia pensare alla “bottega” degregorizia.

Italiani nel Mondo Channel, “una tv che si candida a essere un punto di riferimento per le comunità italiane sparse nel pianeta”, ha un capitale sociale deliberato, sottoscritto e versato di 2.010.000,00 euro, secondo quanto emerge dalle visure camerali: 1.079.900 euro di quote nominali appartengono a Maria Palma in De Gregorio; il secondo socio, in ordine di quote è, con 500.000 euro, Italia Mia Group spa. Di questo gruppo la legale rappresentante Domenica Sarnataro ed il marito Giuseppe Giordano, imprenditore televisivo operante in Campania, sono stati costretti agli arresti domiciliari per aver truffato il Corecom campano (Comitato Regionale per le Comunicazioni) con un falso giro di fatture e contratti di lavoro. La Procura di Napoli ha sequestrato “circa 1.500 mila euro per indebite contribuzioni percepite dalle predette società”.

Secondo l’inchiesta “Onde Rotte” condotta dalla Procura di Napoli, Italia Mia Group spa (già Teleregione Campania spa) e l’emittente controllata Italiamia, Teleregione srl controllante il marchio televisivo Italiamia 2 (amministrata da Michele Giordano, figlio di Giuseppe) avrebbero beneficiato indebitamente dei contributi pubblici a sostegno dell’informazione (ai sensi dell’art. 45 della legge 448/98). Il comunicato della procura di Napoli parla di “un’articolata struttura di cointeressanze societarie, sorretto da un sistematico ricorso a false fatturazioni, funzionali non solo a frodare il fisco, ma anche a determinare un fittizio incremento per la quantificazione dei contributi statali erogati annualmente dal Ministero delle Comunicazioni”. E prosegue: “Le indagini svolte hanno altresì rivelato un sistematico ricorso da parte delle società televisive alla simulazione delle assunzioni di giovani praticanti giornalisti ed alla dichiarazione di tipologie di rapporti di lavoro diverse da quelle reali, preordinato all’aggiramento di altro specifico criterio stabilito per la concessione dei contributi pubblici”.

La procedura sarebbe stata questa: con f.o.i. (fatture con oggetto inesistente) e finti giornalisti praticanti si sarebbero ottenuti una valanga di contributi pubblici. I giornalisti sparpagliati tra le molte redazioni avrebbero garantito manodopera a costo zero. Nel corso degli interrogatori spuntano due nomi: il primo è Giovanni Lucianelli, la cui abitazione sarebbe stata perquisita, secondo il Corriere del Mezzogiorno, nel corso dell’operazione. Oggi addetto stampa di Sergio De Gregorio, ne è da sempre amico e compagno d’affari.

Il curriculum di Lucianelli si costruisce nelle redazioni di Cronache di Napoli, del Corriere di Caserta e di Teleregione. A suo carico un rinvio a giudizio (con la cooperativa Videoprogetti da lui creata): secondo il Gip “al fine di ricevere fondi europei Pop, faceva figurare come soci 14 giornalisti assunti fittiziamente”. Il 26 marzo 2004 è arrivata la prescrizione del reato. Ma il “vizietto” sembra sempre il medesimo.

Il secondo nome eccellente è proprio lui, Sergio de Gregorio. Il Corriere del Mezzogiorno riporta il 22- ottobre 2008 la deposizione di Luigi Clarizia, uno dei giornalisti coinvolti nei finti praticantati: “Furono Sergio De Gregorio, per il quale ho lavorato presso Dossier Magazine e L’Avanti, e Giovanni Lucianelli, con il quale ho lavorato presso Cronache di Napoli, che mi proposero la sottoscrizione di un contratto con l’emittente Italiamia, facente capo a Giordano. La proposta doveva essere un vero e proprio contentino per il fatto che lavoravo da anni per De Gregorio senza percepire alcuna retribuzione se non qualche regalia sporadica”. Clarizia spiega al Pm che “per le emittenti facenti capo a Giordano non ho di fatto mai lavorato né prodotto alcun servizio o testo. Nel periodo di assunzione presso Italia Mia ho lavorato per Dossier Magazine e per l’Avanti. Da Italiamia non ho mai ricevuto retribuzioni pur avendo firmato le buste paga. Stranamente la settimana scorsa mi è stata recapitata una busta bianca contenente un promemoria con informazioni sulla società Italiamia, sulla retrib
uzione che avrei percepito, sui colleghi che avrei conosciuto”.

La fondazione

24 febbraio 2009. All’auditorium della Conciliazione inno di Mameli e musica partenopea fanno da cornice musicale per la nascita della fondazione InM, che viene creata per rilanciare il made in Italy, coinvolgendo tutti gli italiani “che credono nella bandiera, nella lingua, nella cultura, nella Patria e che si inchinano all’identità cattolica”, riporta la cronaca del blog del senatore Basilio Giordano. E prosegue: “Sfondo azzurro, tre maxischermi e la giornalista Rai Susanna Petruni a scandire i tempi del dibattito politico”. Così si è presentata alla sua platea la nuova Fondazione, “benedetta” laicamente dal Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e cristianamente dal cardinale Renato Raffaele Martino, a capo del Pontificio Consiglio dei Migranti, da 47 anni protagonista nel mondo e dunque a stretto contatto con gli italiani all’estero. Il cardinale ha poi invitato le duemila persone che gremivano l’Auditorium a recitare il Padre Nostro, perchè gli italiani “siano sempre fieri delle loro origini e della loro religione”.

La grandeur degregoriana coltiva grandi aspirazioni: “Per il Ponte sullo Stretto gli Italiani nel Mondo avrebbero trovato le risorse per partecipare alla realizzazione di un’opera che avrebbero voluto siglare con la firma, mattone per mattone, di molte centinaia, se non migliaia di cittadini italiani, che si riconoscevano in una realizzazione che dava all’Italia prestigio internazionale e conferiva a due grandi Regioni del Sud Italia una capacità di rinascita del loro impatto turistico”, dichiara il fondatore di Italiani nel Mondo all’Aula del Senato. C’è spazio anche per la cultura, e De Gregorio annuncia alle agenzie di stampa il 18 ottobre 2008 che InM sta portando a termine la migrazione a Philadelphia – proprio accanto al busto di Cristoforo Colombo – della statua votiva a Bettino Craxi voluta dall’allora sindaco di Aulla Lucio Barani, per ricordare le vittime di Tangentopoli. “Italiani nel mondo – annuncia il senatore – avvierà negli Stati Uniti una mobilitazione di italo-americani per coinvolgere quanti guardano alla figura di Craxi come allo statista che riuscì a portare l’Italia nell’olimpo delle potenze mondiali, affrancandola da una posizione di subalternità nello scenario politico-economico internazionale e restituendole il ruolo di leadership nel bacino euro-mediterraneo”.

Tra i più agguerriti contestatori dell’attività del partito-fondazione Italiani nel Mondo c’è il senatore Claudio Micheloni, eletto tra le fila del Pd: nato in Italia e presto emigrato in Svizzera, ha fatto parte di quell’emigrazione caratterizzata da emarginazione e riscatto sociale. Profondo conoscitore delle vicissitudini degli emigrati, su Italiani nel Mondo è tranchant: “Non ha nulla a che vedere con noi. Si tratta di una costruzione di opportunisti, che considerano il collegio estero una terra di nessuno da conquistare, giostrando con la parte più torbida della politica. Le altre considerazioni le lascio alla giustizia. Con quali soldi finanziano le loro attività? Di certo non sono esiti di questue, né fondi messi a disposizione dal governo italiano, che taglia tutti i fondi a disposizione per gli italiani all’estero. Non possiamo concedere che la nostra identità culturale sia ridotta ai minimi termini economici né essere rappresentata da questi figuri, proprio quando in altri stati, come la Francia, il patrimonio culturale degli emigrati viene valorizzato addirittura con riforme costituzionali”. Micheloni, è lapidario: “L’unica cosa che accomuna la sua (di De Gregorio) esperienza a noi emigranti è la sua storia di migrazione nelle forze politiche e in strane fasce della società italiana”.

Il board della fondazione è composto da pontieri con la necessaria vocazione internazionalista. Si tratta di parlamentari, tutti targati PdL, eletti in circoscrizioni estere. Anche qui Micheloni non fa sconti: “Molte delle persone che gravitano attorno alla fondazione sono a mio avviso poco visibili sul piano delle iniziative politiche degli emigranti, parvenu pronti a saccheggiare il bottino elettorale delle circoscrizioni estere”.

Sen. Nicola Paolo Di Girolamo: il 7 giugno 2008 il giudice per le indagini preliminari Luisanna Figliolia firma la domanda di autorizzazione all’esecuzione della misura cautelare degli arresti domiciliari, che non sarà accolta dalla giunta per le immunità. La prima accusa di una lunga serie è di “aver attentato ai diritti politici dei cittadini” per aver indotto con l’inganno, “consistente nel rappresentare falsamente di essere residente all’estero (…), un numero rilevante di elettori ed esprimere la propria preferenza per un candidato che, non avendone i requisiti, non poteva essere validamente proclamato eletto e conseguentemente non può esercitare il mandato elettorale conferitogli con il voto”.
In sostanza, al momento dell’elezione, sarebbe stato privo dell’unico requisito necessario per essere eletti all’estero: la residenza. Le indagini svolte dimostrerebbero come Di Girolamo, con l’aiuto di un funzionario d’ambasciata presumibilmente connivente, avrebbe falsificato gli atti relativi alla propria residenza. Sfortunatamente, l’indirizzo di fantasia sarebbe risultato inesistente. Respinta la richiesta di autorizzazione agli arresti, la giunta per le immunità e le elezioni del Senato ne discute l’ineleggibilità e con una seduta fiume viene accolto l’annullamento dell’elezione. L’Aula del Senato, nel corso di una seduta convulsa, non vota per confermare la decisione della Giunta ma rinvia gli atti per un nuovo pronunciamento di quest’ultima. Autore della gabola parlamentare è lui, il leader: Sergio De Gregorio. Riesce a far mettere ai voti una mozione che blocca ogni provvedimento fino a sentenza penale definitiva. Ciò significa che tra molte legislature, un futuro Senato ci dirà se Nicola Paolo di Girolamo poteva essere senatore oppure no.

On. Amato Berardi. Presidente del Niapac, National Italian American Committee. Secondo un’inchiesta del 2006 svolta dal Sole 24 Ore, risulterebbe essere “un agente assicurativo con una storia di disputa per tasse non pagate sia con lo Stato della Pennsylvania che con l’erario federale”.

Sen. Basilio Giordano:
anche il suo seggio sembrerebbe essere stato insidiato da contestazioni. Il quotidiano L’Italiano riporta infatti la notizia di un ricorso depositato da Augusto Sorriso, primo dei non eletti, che ha ottenuto quasi il doppio delle preferenze.

Sen. Juan Esteban Caselli: proviene dagli ambienti ultra-reazionari del cattolicesimo argentino. Durante il governo di Menem è protagonista di una carriera che lo porta in poco tempo a controllare un considerevole patrimonio finanziario. Ambasciatore presso la Santa Sede, tutt’oggi vanta il ruolo di delegato argentino presso il sovrano ordine dei Cavalieri di Malta.
Randazzo sagoma il personaggio con una battuta: “Caselli va sostenendo che Giovanni Paolo II gli è apparso in sogno per invitarlo a candidarsi al seggio senatoriale, e a quanto pare Sua Santità sarebbe recentemente tornato in visione onirica per segnare il cammino del senatore verso la candidatura alla presidenza dell’Argentina”. Forte dell’apparizione, il “senador” dà vita a un nuovo progetto politico: “El pueblo de la liberdad”, versione argentina di quello nostrano. Qualche giorno prima delle elezioni politiche del 2008 il collegio elettorale del senatore Caselli finisce nel mirino della Direzione distrettuale Antimafia di Reggio Calabria e su tutti i quotidiani nazionali per i presunti brogli nel voto degli italiani emigrati in America Latina. L’indagine riguarda alcune intercettazioni telefoniche durante le quali si sarebbe fatto riferimento alla possibilità di contraffare alcune schede inutilizzate, circa 50.000, mai recapitate ai destinatari-elettori, sulle quali sarebbe stato apposto il segno sul simbolo
PdL. Una delle telefonate sarebbe intercorsa tra Aldo Miccichè, calabrese residente in Venezuela e presunto emissario in America Latina della cosca Piromalli di Gioia Tauro ed il senatore Marcello Dell’Utri, che però non risulterebbe indagato. Micheloni commenta: “Incredibilmente Caselli ha ottenuto 55 mila preferenze. Siamo autorizzati ad avere dubbi e a chiedere che siano chiariti”. Talmente tanti, che il senatore democratico propone ed ottiene un’indagine conoscitiva sull’applicazione delle norme che regolano le elezioni nella circoscrizione Estero. Anche Randazzo – osservatore elettorale per l’Osce – coltiva qualche perplessità: “A Buenos Aires sono state sequestrate 25 mila schede elettorali stampate, conservate nel magazzino della tipografia che aveva prodotto e già consegnato quelle richieste dal Ministero degli Esteri. A chi può sembrare normale amministrazione?”.

“Nonostante gli sforzi profusi – spiega Nino Randazzo – mi sembra che l’associazione prima e la fondazione poi non abbiano proprio attecchito nel panorama internazionale. Tutta roba che sta sulla carta, anzi, in Campania, come confermano le recenti candidature di InM alle sole provinciali di Napoli e Avellino. Viaggio continuamente in tutto il mondo, e fino ad ora ho riscontrato due reazioni verso Italiani nel Mondo: indifferenza o preoccupazione”. A sentire lui, il percorso del nume tutelare del made in Italy è ancora appannato, ma una cosa è chiara. Quale sia il core business della cordata degregoriana lo spiega il sito internet dell’associazione InM: “La strategia messa a punto dall’Associazione internazionale Italiani nel Mondo poggia le sue fondamenta sul più antico dei sistemi di contrattazione tra gli uomini: lo scambio.” Appunto.