Stragi: s’indaga sul “patto” tra Stato e mafia

di Aprileonline.info

Le stragi di mafia degli anni ’92 e ’93 che uccisero, tra gli altri, i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, dopo 17 anni tornano a “spaccare” magistratura, investigatori e politica. Un improvviso “colpo di coda” dei presunti retroscena inediti della “strategia della tensione” voluta dall’ex capo dei capi Totò Riina che ha indotto anche la commissione parlamentare antimafia ad avviare una nuova inchiesta sulla stagione delle stragi

Al centro della nuova polemica la “trattativa” tra Stato e mafia: un’ipotesi decisamente esclusa all’inizio, 17 anni fa, poi resa possibile alla luce di alcune rivelazioni di collaboratori di giustizia, successivamente di nuovo esclusa e ora rilanciata con forza proprio da Salvatore Riina detto Totò.Ce n’è uanto basta per convincere la commissione antimafia: l’ufficio di presidenza ha deciso di avviare un’inchiesta con particolare riferimento al possibile “patto” tra Stato e mafia. Relatore dell’inchiesta sarà l presidente, Beppe Pisanu. Nei giorni scorsi erano stati il vicepresidente Fabio Granata e il capogruppo del Pd Laura Garavini a formalizzare la richiesta di avviare un’inchiesta.
Prima dell’estate dovrebbe essere pronto anche il calendario delle audizioni.

I primi ad essere chiamati, il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia e il procuratore capo di Caltanissetta Sergio Lari. Nei giorni scorsi, per la prima volta, il boss Totò Riina parla delle stragi mafiose del ’92. “L’hanno ammazzato loro – dice al suo avvocato, riferendosi al giudice Paolo Borsellino -. Lo può dire a tutti, io sono stanco di fare il parafulmine d’Italia”. Pare che Riina sia stato “ispirato”, nella sua decisione di chiedere all’avvocato di gridare ai quattro venti che con Borsellino lui non c’entra nulla, da un articolo del Sole 24 Ore che raccontava di possibili coinvolgimenti di “apparati dello Stato” nella strage di via D’Amelio, nella quale vennero uccisi Borsellino e la scorta.
“Con questa storia non c’entro nulla”, avrebbe detto Riina all’avvocato secondo quanto riferito dal legale. “Io trattative non ne ho mai fatte con nessuno; ma qualcuno ha trattato su di me. La mia cattura è stata conseguenza di una trattativa”.

E proprio sulla trattativa mafia-Stato è l’avvocato di Riina a spiegare: “Il mio cliente sostiene che l’accordo sia passato sopra la sua testa e che i protagonisti della trattativa sarebbero Vito Ciancimino (ex sindaco mafioso di Palermo ndr) e i carabinieri. Non a caso quattro anni fa chiesi che venisse ascoltato il figlio di Ciancimino, Massimo”. E proprio Massimo Ciancimino nei giorni scorsi ha riportato l’attenzione sul presunto accordo tra Stato e mafia e sul cosiddetto ‘papello’, l’elenco delle richieste che Riina avrebbe fatto alle istituzioni per far cessare la stagione delle stragi. Un documento che, in realtà, è nelle mani delle forze dell’ordine e della magistratura da anni. In ogni caso, la “sortita” di Riina ha suscitato reazioni contrapposte.

È ritornato al pettine il nodo del presunto incontro tra Borsellino, il giorno prima della strage, e l’allora neo ministro e oggi vicepresidente del Csm Nicola Mancino. Quest’ultimo è tornato, oggi, a negare sostanzialmente qualunque incontro specifico, anche se ribadisce di aver incontrato, il giorno del suo insediamento, tanta gente e Borsellino avrebbe potuto essere tra questi.
Intanto, i magistrati di Palermo ritengono che il boss stia mandando messaggi a qualcuno. Della stessa opinione, dal fronte del Pd, è Massimo D’Alema.
Ma dalla procura di Caltanissetta fa eco il capo dei pm secondo il quale invece è con loro, i pm di Caltanissetta, che Riina sta parlando e vuole parlare. Si mostra assai cauto il procuratore nazionale antimafia, ed ex procuratore di Palermo, Piero Grasso, mentre il capo della polizia Antonio Manganelli prende decisamente le distanze dichiarando pubblicamente di “non curarsi delle parole di Riina”. Su tutto, si “posa” l’ex ministro della Giustizia Claudio Martelli, a via Arenula all’epoca delle stragi, che in un’intervista al periodico Liberal afferma che “la strategia di Riina, pur essendo insidiosa contiene elementi di verita’”. Riina, dice Martelli, “ricostruisce un insieme utilizzando elementi parziali, collocandoli in modo da indurre ragionevoli sospetti”.

Martelli ricorda che nel ’92, “il governo e in particolare il ministro della Giustizia, ossia il sottoscritto e il ministro degli Interni, Enzo Scotti sono impegnati in uno scontro frontale con la mafia.
Ma c’erano altre parti di Stato che viceversa pensavano che le cose si potevano aggiustare se per un verso la mafia rinunciava alla strategia terroristica e dall’altro parte lo Stato si toglieva dalla testa di portare il colpo decisivo a Cosa nostra’. La prova di questo scenario, secondo Martelli, “sta nel fatto che Ciancimino, un pezzo di mafia, si muove in questa direzione. Parla con il colonnello Mori e col capitano De Donno. Elaborano degli scenari per ottenere l’arresto di Totò Riina”. In questo contesto, aggiunge l’ex ministro, “che carabinieri e servizi segreti abbiano fatto sventolare le ipotesi di trattativa con la mafia fingendo di patteggiare ci può stare, fa parte della strategia”. Ecco perché, sottolinea, parlare di una “contrapposizione frontale del partito della trattativa e di quello della durezza mi sembra un modo per andare fuori strada”.