I protagonisti dell’autunno

di Gianni Pagliarini
da www.aprileonline.info

Lascelta, pianificata a tavolino dai media governativi, di nasconderesistematicamente le conseguenze della crisi sul tessuto industriale delPaese e sui lavoratori ha portato quest’ultimi a scegliere lavisibilità ad ogni costo non avendo più né spazi di trattativasindacale né aiuti concreti dalle istituzioni. E’ successo alla Alstom.Può accadere ovunque visto che ci troviamo di fronte ad una catastrofeoccupazionale senza controllo

Uno degli effetti più perversi della crisi – e dell’incapacità delgoverno ad affrontarla – entra fino in fondo nella vita dei lavoratori.I quali si sentono costretti ad incatenarsi, a salire sui tetti, a darevita alle più svariate azioni eclatanti per poter fare notizia.

Cosìè successo qualche giorno fa anche ai lavoratori dell’Alstom diColleferro, in provincia di Roma, che hanno “trattenuto” alcunidirigenti dell’azienda nella sede della direzione e sono perciò finitisui giornali.
Lo stabilimento in lotta è di proprietà della franceseAlstom, un gruppo industriale di costruzioni meccaniche specializzatoin ingegneria ferroviaria, navale, costruzioni di centrali per laproduzione di energia e reti per la distribuzione di elettricità. E’famosa nel mondo per alcuni suoi “gioielli”, come treno ad altavelocità Tgv ed il transatlantico Queen Mary 2. In Italia il gruppooccupa 2.500 lavoratori, impegnati negli stabilimenti di Sesto SanGiovanni, Savigliano, Bari, Bologna, Verona e Colleferro.

Nellacittadina laziale si costruiscono vagoni per i treni e nella fabbricalavorano 200 persone. Gli animi si sono definitivamente surriscaldatiquando, nel corso di una recentissima riunione, è stato comunicato aidipendenti che lo stabilimento avrebbe avuto ancora nove mesi di vita.

Lascelta, pianificata a tavolino dai media governativi, di nasconderesistematicamente le conseguenze della crisi sul tessuto industriale delPaese e sui lavoratori ha portato questi ed altri operai a scegliere lavisibilità ad ogni costo non avendo più né spazi di trattativasindacale né aiuti concreti dalle istituzioni.

E’ evidente checi troviamo di fronte ad una catastrofe occupazionale senza controllo,che può portare delegati Rsu come quelli Alstom ad osservare che “se sifa un atto eclatante ti danno ascolto, mentre a comportarsi bene non siarriva da nessuna parte. E’ due anni che questa trattativa va avanti edoggi hanno detto che se tra 9 mesi non arrivano commesse si chiude”.

Losbandamento istituzionale (nell’assenza di un’opposizione parlamentarecredibile) si coglie fino in fondo osservando come il ministro delLavoro Sacconi ha affrontato la vicenda-Alstom: a proposito deidirigenti “trattenuti” ha spiegato che quel metodo “non potrebbe essereaccettato perché si tratterebbe di violenza sulle persone in un Paeseche ha conosciuto il terrorismo”.

Ora, come si può essere cosìdemagogici da affiancare iniziative palesemente pacifiche organizzateper la difesa del posto di lavoro alle azioni criminali delle Brigaterosse?

Dall’approccio scelto dal ministro, ben si intende come ilgoverno vuole affrontare l’autunno caldo del 2009. Che dirà domani,mentre sfileranno in cinque città italiane le tute blu della Fiom? Chesoddisfazione avrà provato, Sacconi, quando Federmeccanica ha decisounilateralmente di avviare le trattative sul rinnovo del contrattoconsiderando in partenza la piattaforma della Cgil come “nonnegoziabile”?

Non pensa, la Fim-Cisl, di aver concretamenteaiutato un governo così antipopolare e incapace di comprendere qualidrammi agitano i lavoratori di questo Paese quando ha scritto in unanota che “proclamare lo sciopero è stato un errore, frutto di decisionisolitarie e lontane dai bisogni dei lavoratori”, con l’unico obiettivodi “impedire il rinnovo del contratto per un milione e seicentomilametalmeccanici”?

Se il buongiorno si vede dal mattino, non èdifficile prevedere l’evoluzione del confronto sindacale anche nellecategorie storicamente meno conflittuali: è lecito aspettarsi, lungotutta la stagione dei rinnovi, piattaforme separate e crescentetensione.

Eppure, sforzandosi di osservare l’evoluzione di alcunisettori-guida del microcosmo metalmeccanico, si fa fatica a noncomprendere le ragioni dei sindacati più conflittuali.

Prendiamoad esempio l’Auto. Nonostante la robusta iniezione di risorse pubbliche(due miliardi di euro) dal mese di marzo sotto forma di incentiviall’acquisto, la Fiat non ha mostrato segni di ripresa sul versanteoccupazionale, almeno in Italia.

In pochi mesi altri 6miladipendenti precari hanno perso il posto e continua il ricorso allacassintegrazione in quattro stabilimenti su cinque del gruppo, mentrela politica di aiuti pare aver alleviato, piuttosto, la crisidell’impianto polacco dove si producono buona parte di Panda, Seicentoe Cinquecento.

Qui, a fronte di una capacità produttiva di 470milavetture, se ne realizzeranno quasi 600mila: una cifra maggiore delnumero di auto complessivamente costruite nelle cinque fabbriche Fiatitaliane.

Come sempre in questi frangenti, a rimorchio dellacrisi che si abbatte sulla casa-madre, giunge il tracollo dell’indotto,al punto che molte aziende di componentistica stanno abbandonando ilPaese. Come stupirsi, poi, delle guerre tra poveri?

Non è uncaso che l’amministratore delegato dell’azienda Sergio Marchionne sisia recentemente affrettato (intervenendo al Salone di Francoforte) atirar acqua al suo mulino, intimando al governo di proseguire nel 2010la politica degli incentivi pena il crollo ulteriore del mercatodell’Auto. E il premier Berlusconi si è immediatamente affrettato amostrare la sua disponibilità in merito.

Il punto cruciale, però,è un altro: se la montagna degli aiuti statali ha partorito il famosotopolino, perché non orientare altrove le ricette per uscire dallacrisi?

Non è certo irrealistico pensare che sia in atto un accordoimplicito tra Berlusconi e la Fiat, con quest’ultima che nondisturberebbe il manovratore mentre il governo si girerebbe dall’altraparte senza chiedere conto al Lingotto del rapporto ultradeficitariotra aiuti pubblici e tutela dell’occupazione.

E’ chiaro,allargando lo spettro, che manca del tutto un’idea forte capace dirilanciare il binomio produzione-occupazione, e questo gravissimodeficit c’entra molto sia con le proteste disperate sia con iltentativo avanzato dalla Fiom di denunciare quanto sta accadendo.

Ilpunto cruciale è offrire una sponda politica ai protagonistidell’autunno: per quanto ci riguarda inizieremo a farlo scendendo inpiazza con convinzione a fianco dei metalmeccanici.