Il Silvio furioso

di Giovanni Gnazzi
da www.altrenotizie.org

Urlava al telefono Papi, nella trasmissione condotta da Floris. L’amico di Noemi era furibondo per la condanna reiterata all’avvocato Mills, costretto a mentire per salvare il premier. Si è definito un perseguitato, anzi una vittima, né più né meno. L’uomo che presiede il governo ed ha in affitto la maggioranza dei parlamentari, controlla i servizi segreti, l’economia, la maggior parte dell’informazione e il mercato pubblicitario che ne determina l’esistenza o la fine, si considera una vittima.

Sfugge, a Papi, il senso delle parole, quasi come quello della decenza. Un caso così grande di conflitto d’interessi e una commistione così spaventosa tra i suoi affari privati e quelli pubblici, in quale altro paese sarebbe stata possibile? Nei confronti della magistratura l’equazione, alla fine, non è poi difficile: se i giudici lo assolvono sono magistrati, se lo condannano sono comunisti.

E sì che la magistratura comunista l’ha appena salvato dal dolore più grande: quello di dover pagare per quello che ha fatto. Succede infatti che, a differenza dei comuni mortali italiani, che vedono l’immediata esecuzione della sentenza civile in caso di condanna e, normalmente, si vedono rigettare l’stanza di sospensiva in attesa dei successivi pronunciamenti (della serie: intanto paghi, poi, eventualmente, recuperi), nel suo caso l’iter consueto si ribalta. L’azienda del Premier, infatti, ha ottenuto la sospensione del pagamento dovuto alla Cir di De Benedetti in attesa dei gradi successivi di giudizio. Tradotto: De Benedetti non verrà risarcito per anni e anni.

Il magistrato Giacomo De Deodato, presidente della II Corte D’Appello che ha deciso la sospensiva, non è comunista, ovvio. Se proprio si vogliono cercare simpatie politiche nel suo curriculum non se ne trovano; nell’albero genealogico si trova invece il fratello, Giovanni, deputato di Forza Italia dal 1996 al 2006. Due fratelli, però, come sanno Silvio e Paolo, non fanno un’accusa e tanto meno una prova, solo una constatazione in punta di penna. Ma, ad eccezione di Deodato de di chi lo ha assolto in altri processi, gli altri magistrati sono comunisti.

La furia dell’uomo che si è fatto da se, ma rifatto da chirurghi amici, si è scatenata a seguito della conferma di condanna per l’avvocato Mills; condanna che, se venisse confermata dall’istanza superiore di giudizio, porterebbe ad identica sorte anche Papi, con inevitabili riflessi e ricadute sulla sua permanenza a Palazzo Chigi. L’anomalia, dice lui, non è Berlusconi, ma la magistratura. Il giudice che ha condannato Mills, Flavio Lapertosa, è certamente un comunista, a detta di Papi. Che poi sia lo stesso giudice Flavio Lapertosa che assolse Berlusconi nel processo SME-Ariosto, indica certamente la diffusione pericolosa dei casi di omonimia, un’abile strumentazione della sinistra, immaginiamo.

Ora, il fatto che Berlusconi sia stato oggetto di molteplici iniziative giudiziarie è fatto noto. Ma nessuna di queste ha avuto origine da reati commessi nella sua vita politica. Tutte, invece, hanno affrontato Berlusconi nella dose di reati connessi alla sua attività imprenditoriale, dalle origini dei suoi affari a poco prima della sua discesa in politica. Semmai, la questione dovrebbe essere posta diversamente: qual’é l’imprenditore che più di lui ha violato così continuativamente il codice penale italiano? E chi si è potuto permettere d’insultare e calunniare magistrati, giornalisti, politici ed imprenditori utilizzando le aziende editoriali di famiglia?

I processi che l’hanno visto protagonista – il Lodo SME, quello Mondadori, All Iberian ed altri – lo hanno visto imputato o co-imputato di reati quali corruzione della Guardia di Finanza, dei giudici e dei testimoni, frode fiscale, falso in bilancio ed esportazione illecita di capitali. Chi mai in Italia sarebbe rimasto a piede libero con queste accuse? Chi mai avrebbe ottenuto la riduzione dei tempi di prescrizione per i processi che lo riguardavano? E chi mai, attraverso leggi ad personam, sarebbe riuscito ad evitare le condanne? E dunque qual’é l’anomalia italiana?