Gli agro-affari della Ue

di Michele Paris
da www.altrenotizie.org, 23 Maggio 2010

Una delle ragioni principali della sfiducia crescente di buona parte dei cittadini europei nei confronti delle istituzioni comunitarie è probabilmente la mancanza di trasparenza nello svolgimento delle loro funzioni. A confermare questa percezione c’è, tra l’altro, l’accesso privilegiato garantito alle multinazionali delle biotecnologie a quelle stesse persone che dovrebbero valutare in maniera indipendente l’introduzione di OGM nelle coltivazioni europee.

A suscitare più di una perplessità è, ad esempio, la condotta tenuta dall’Autorità per la Sicurezza Alimentare (EFSA), in un momento particolarmente delicato dopo il recente via libera concesso dalla Commissione Europea alla coltivazione di una patata transgenica, che ha segnato la fine di una moratoria di oltre dieci anni sugli organismi geneticamente modificati.

Di fronte alla freddezza dei consumatori europei verso gli alimenti geneticamente modificati, le aziende produttrici di semenze OGM da qualche anno si muovono in maniera molto aggressiva, per essere certi che la loro voce sia chiaramente sentita a Bruxelles. La promozione degli interessi delle compagnie biotecnologiche presso l’UE è affidata all’associazione EuropaBio. Quest’ultima, nel 2006, aveva indirizzato una lettera confidenziale al presidente della Commissione Europea, José Manuel Barroso, richiamando la sua attenzione sul fatto che il clima politico in Europa non consentiva di dimostrare che il tentativo di diffondere gli OGM avveniva nel nome del pubblico interesse.

Così stimolata, la Commissione Europea si adoperò immediatamente per includere gli stessi rappresentanti dell’agro-business nelle discussioni tenute per stabilire le eventuali approvazioni da concedere agli OGM. Giganti come BASF, Dow, DuPont o Monsanto ottennero così una corsia preferenziale nei rapporti con l’EFSA, l’agenzia europea con sede a Parma, teoricamente incaricata di analizzare i rischi causati dagli organismi transgenici alla salute umana. Minori scrupoli, a detta dei critici dell’EFSA, sono stati al contrario dimostrati nei confronti delle associazioni della società civile che si oppongono agli OGM.

I dubbi che l’UE e le sue agenzie pongano gli interessi delle corporation della chimica e dell’agro-business davanti a quelli dei cittadini sono molti. Così come l’agenda della Commissione sulla questione delle semenze transgeniche appare pericolosamente appiattita su quella delle industrie biotecnologiche, ovviamente interessate principalmente alla loro introduzione massiccia nelle coltivazioni europee.

Se la maggior parte dei governi dell’UE continua a manifestare forti dubbi sull’introduzione degli OGM nelle loro colture, non è un segreto che la Commissione si sia data da fare negli ultimi anni per cancellare la moratoria che, di fatto, dura dal 1998. I suoi sforzi sono stati infine premiati lo scorso mese di marzo, quando la patata transgenica Amflora, prodotta dalla BASF, ha ottenuto l’approvazione per essere coltivata, per ora, in Germania, Svezia e Repubblica Ceca.

Proprio nei mesi precedenti la decisione sulla patata geneticamente modificata, sembra che le relazioni tra l’industria delle biotecnologie e i rappresentanti comunitari si siano intensificate. Come ha dimostrato l’analisi di alcuni documenti interni, fatta dall’agenzia di stampa IPS, esponenti delle agenzie deputate alla protezione dei consumatori avrebbero elargito preziosi consigli alle stesse aziende produttrici per facilitare il processo di approvazione dei loro semi transgenici.

In particolare, il numero uno del dipartimento per la protezione dei consumatori della Commissione, Robert Madelin, e il direttore dell’EFSA, Catherine Geslain-Lanéelle, nel 2008 e nel 2009 avrebbero esortato l’associazione EuropaBio a fornire alle istituzioni comunitarie le più dettagliate informazioni sui prodotti transgenici da sottoporre ad approvazione, così da evitare ostacoli o “inutili ritardi” nelle procedure di rito.

Il timore, per lo stesso Madelin, era quello di incorrere in una controversia simile a quella che riguardò lo StarLink in America nel 2000. Questo mais transgenico era stato infatti approvato per il consumo animale e industriale, poiché una proteina in esso contenuta poteva provocare reazioni allergiche nell’uomo. Quando si scoprì che era stato invece impiegato nella produzione di alimenti destinati al consumo umano, la società produttrice (Aventis) subì seri danni alla propria immagine pubblica.

Se per qualcuno questi “consigli” vanno ben al di là delle legittime informazioni fornite alle aziende biotecnologiche sul rispetto delle regole comunitarie, per l’EFSA e la Commissione Europea non si pone alcun problema di trasparenza. I rapporti con l’agro-business, insomma, devono essere per forza di cose “ravvicinati”, si dice da Bruxelles, nell’ambito di una “fedele cooperazione” tra l’industria e la Commissione.

Un legame che, d’altronde, corrisponde alla volontà dell’UE di attuare una politica più flessibile sugli OGM, lasciando ai singoli paesi membri la facoltà di scegliere sulla loro implementazione. L’attività di lobby dell’industria delle biotecnologie, in definitiva, sta dando i propri frutti, con buona pace di quanti pensavano di trovare nelle istituzioni comunitarie un baluardo a difesa della salute dei cittadini europei.