Immigrati: cittadini a punti ?

di Rosa Ana de Santis
da www.altrenotizie.org, 24 maggio 2010

Arriva il Piano Sacconi sull’integrazione degli stranieri nel nostro Paese e sulla regolamentazione dei flussi migratori. Passa in superficie la linea morbida del governo per lasciare spazio ad interpretazioni ambigue, scricchiolanti, se non del tutto contraddittorie. Le proposte sono arrivate al Consiglio dei Ministri la scorsa settimana e dovrebbero trovare, proprio in questi giorni, una versione definitiva e concertata. Il documento sdoganerà la novità del permesso di soggiorno a punti.

Una lotteria per mantenere o perdere il patentino di una cittadinanza speciale che, a quanto pare, fatica a trovare strumenti di riconoscimento che non siano legati a uno status giuridico fondato sulla transitorietà. Viene tracciata una fotografia dei flussi migratori attuali con l’orientamento di distinguere, nell’insieme, le diverse identità del migrante. Chi vuole tornare nella terra d’origine, chi attraversa solo l’Italia come tappa intermedia, chi ci vuole rimanere.

La parola chiave che attraversa il piano di governo è “integrazione”. Un ritornello ripetuto a iosa che collide con lo spirito viscerale di tutto il documento e che, soprattutto, aldilà delle applicazioni concrete di provvedimenti spiccioli e prontuari d’azione, non vede nessuna teorizzazione sulla tesi dell’integrazione come evoluzione del concetto di cittadinanza. E se non la prevede è perché non la riconosce. La modalità principale con cui si deve lavorare all’integrazione è quella dell’alfabetizzazione a tappeto per gli stranieri. Scuole, ma anche sportelli nei luoghi di lavoro e particolari permessi studio per i lavoratori, parrocchie e comunità.

Il Ministero dell’Istruzione è l’interlocutore privilegiato e, strano a credersi, Sacconi non vede nell’ipotesi delle classi ponte un limite a questo battesimo dell’integrazione, ma un aiuto. Il 30% di tetto, la limitazione forzata che per effetto collaterale genererà proprio le classi ghetto che vorrebbe evitare, viene raccontata come una tutela per i piccoli studenti che non parlano italiano e non come il primo segnale evidente dell’intolleranza.

Basterebbe farsi un giro davanti alle scuole, ad esempio quelle del nord dove la Gelmini si è tutt’altro che opposta alla richiesta leghista dell’insegnamento degli idiomi dialettali. Sull’alfabetizzazione i due Ministri dovranno intendersi meglio. Così come Sacconi deve essersi distratto quando si rimettevano i crocefissi sulle cattedre a sfregio delle indicazioni europee. Come si coniuga la rivendicazione pubblica di una scelta personale e privata come la fede religiosa con il rispetto delle fedi altrui? Un mistero che il piano del Ministro rimuove.

Il piano Sacconi prevede per il futuro di poter reclutare i lavoratori dai paesi d’origine secondo specifiche competenze professionali o attività ispettive e di formazione ad hoc, senza arrivare all’emergenza prodotta dai flussi migratori esterni. Niente più gommoni, né scafisti, niente esodi della speranza. Una scena ideale in cui l’eccesso di idealismo non svela ingenuità politica; piuttosto un pervicace disconoscimento delle dinamiche reali che alimentano queste odissee, per le quali il tempo della prudenza, ammesso che sia così semplice, è già passato e lascia del tutto disatteso il problema – questo davvero esplosivo – dei clandestini e dei rimpatri scenografici, ma inefficaci.

E come gestire l’emergenza? Il motto del Ministro diventa “integrazione nella sicurezza”. Controlli sugli adempimenti contrattuali da parte dei datori di lavoro e alloggi a rotazione temporanei. Tutti servizi cui i lavoratori stranieri devono accedere grazie a figure di mediazione e di supporto. Per i minori l’obiettivo è disincentivare l’abbandono scolastico e le partenze illegali. L’eldorado dell’integrazione si conclude degnamente, con l’annuncio di un portale in cui siano evidenziate le buone pratiche e uno sportello online per accogliere tutte le domande degli immigrati. Il prodotto davvero originale, ancora suscettibile di modifiche, cui hanno lavorato d’intesa Ministero dell’Interno, Lavoro e Istruzione è quello del permesso di soggiorno a punti. Se sarà un inutile artificio come quello della patente è presto per dirlo.

L’immigrato tra i 16 e i 65 anni con contratto di lavoro parte da sedici punti (secondo la linea Letta) al momento della stipula. Lo straniero ha una serie di prove da superare che vanno dalla conoscenza della lingua italiana, alla Costituzione, ai valori condivisi della società civile, all’obbligo di istruzione per i figli minori e al giuramento solenne alla Carta Condivisa della Cittadinanza, allo svolgimento di un’attività di volontariato. L’accordo dura due anni, alla scadenza dei quali bisogna arrivare a 30 crediti.

Non basta lavorare e pagare le tasse, bisogna dimostrare di aver assorbito alcuni valori della cultura italiana. Per osmosi e in modo integrale. Come si valuterà quella donna che continuerà ad indossare il chador per esempio? Sono esentati i disabili e in buona parte i minori, per tutti gli altri rimane l’incubo delle decurtazioni dovute a condanne, a sanzioni pecuniarie o a insindacabili giudizi di merito dell’esaminatore di turno. I bocciati tornano a casa, quelli che hanno raggiunto 30 crediti rimangono con riserva e i punti in esubero per gli stranieri modelli danno diritto a partecipare ad attività culturali. Una caritatevole concessione.

Gli stranieri regolari, in sintesi, dovranno essere persone e cittadini eccellenti, secondo giudizi che saranno formulati da appositi organi competenti. Per loro non basterà il rispetto delle regole; la loro cittadinanza è una questione di valore e di merito, non di legge. Ed è soprattutto un privilegio concesso, non un diritto acquisito. Degna e beffarda conclusione di questa grande strategia d’integrazione è chiedere agli stranieri la conoscenza della carta costituzionale. La stessa, per capirci, che i nostri parlamentari davanti alle telecamere di qualche tg satirico, dimostrano di conoscere miseramente poco. Una contraddizione che tradisce l’unica idea che sottende il permesso di soggiorno a punti. L’italianità del sangue è l’amplein irraggiungibile di questa graduatoria di anime.