QUALE EVANGELIZZAZIONE NELLE SOCIETÀ SECOLARIZZATE?

di Marcello Vigli
da www.italialaica.it

La stampa ha dato notizia che il papa ha annunciato la creazione in Curia di un nuovo organismo destinato ad occuparsi della ri-evangelizzazione delle società occidentali ormai del tutto secolarizzate. Sarà il Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione con il compito precipuo di promuovere una rinnovata evangelizzazione nei Paesi dove è già risuonato il primo annuncio di fede e sono presenti Chiese di antica fondazione, ma che stanno vivendo una progressiva secolarizzazione della società e una sorta di “eclissi del senso di Dio”.

Può sembrare il segno di una svolta radicale nella strategia della gerarchia cattolica che finalmente prende atto della necessità di ritrovare la via aperta dal Concilio ecumenico Vaticano II per fare della Chiesa un Popolo di Dio che, integrato nella società secolarizzata, è impegnato a costruire il Regno di pace e giustizia annunciato da Gesù.

Non c’è da farsi illusione. Già mezzo secolo fa alla fine della seconda guerra mondiale il cardinale Suhard, arcivescovo di Parigi aveva dichiarato la Francia terra di missione schierandosi, però, a fianco dei preti che, per evangelizzare il mondo degli operai, si erano fatti operai: preti operai.

Dismessa la tonaca avevano indossato la tuta per non essere riconosciuti: non per mimetizzarsi, ma sopratutto per rinunciare ad ogni privilegio ed essere pienamente alla pari degli altri. Benedetto XVI ha scelto diversamente.

Ha chiamato a dirigere il nuovo Consiglio monsignor Rino Fisichella, che ha dato il meglio di sé accettando di essere cappellano della Camera dei Deputati oltre che presidente della Pontificia Accademia per la Vita.

Due incarichi simbolo di quei mali che tengono “lontani” dalla Chiesa cattolica sia i “cittadini” dei paesi democratici, che rifiutano il “connubio fra autorità politiche e religiose” simboleggiato da quella cappellania, sia le donne e gli uomini che non accettano la concezione sessuofobica di cui quella Accademia è simbolo.

La secolarizzazione ha fatto giustizia di quella “societas christiana”, da cui nel medioevo quel connubio è nato e che aveva pure favorito, con i conflitti interni alla duplice potestà in essa vigente, l’avanzata del valore della persona prima e del potere dei cittadini poi. La secolarizzazione al tempo stesso ha restituito, con l’avanzamento della scienza, alla responsabilità delle donne la gestione della loro sessualità, distinta dalla maternità, garantita prima solo ai maschi coinvolti nella parte piacevole dell’avvio del processo della riproduzione della specie.

Se la nuova strategia papale non fa i conti con questi problemi e non elabora una nuova teologia che liberi la gerarchia dalla tentazione di voler essere parte della classe dirigente politica e la sessualità dall’aura di “peccato” che la circonda, il nuovo Consiglio non servirà a nulla.

L’evangelizzazione continuerà ad essere affidata a quei cristiani che hanno accolto la secolarizzazione e la laicità, che su di essa si è costruita, come ulteriori conquiste dell’uomo a cui Dio, facendolo a sua immagine e somiglianza, ha attributo la responsabilità di continuare la sua opera avviata con la creazione.

Sono quegli stessi cristiani che continuano a sperare che la Corte di Strasburgo non annulli la prima sentenza sui crocefissi a scuola contro la quale il governo italiano, sollecitato dalle gerarchie vaticana e italiana e con il loro pieno appoggio, ha proposto appello.