Gerarchie timide, esplode la protesta della «base»

Luca Kocci
il manifesto, 27 gennaio 2011

Contro Berlusconi ma anche contro le gerarchie ecclesiastiche, troppo timide nel denunciare le malefatte del premier. Dopo il cardinal Bertone, il papa e, ultimo in ordine di apparizione, il cardinal Bagnasco, credenti, riviste cattoliche e associazioni ecclesiali alzano la voce contro il «satrapo di Arcore» con un volume più alto e parole più nette di quelle che, nei giorni scorsi, si sono comunque levate dalle ovattate stanze vaticane e curiali.

Famiglia Cristiana esce oggi in edicola con 4 pagine di lettere di lettori «arrabbiati». «Come può la Chiesa sostenere un corruttore che disattende le posizioni evangeliche sui migranti, si allea coi peggiori governi del mondo, partecipa alle giornate per la famiglia e poi è accusato di orge e festini?», chiede Mario Q. Aggiunge Fausto A.: «Cosa deve ancora succedere perché la Chiesa prenda una posizione più netta?». «Il mondo cattolico ha reagito compatto più che in passato», risponde il direttore del settimanale, don Antonio Sciortino, ma una parte «fatica ad aprire gli occhi» e ancora «tace sul rispetto delle istituzioni e sulla chiarezza da fare nelle sedi competenti». Ovvero non dice chiaramente che Silvio Berlusconi dovrebbe dimettersi e andare dai giudici.

E il teologo gesuita Felice Scalia, nell’editoriale sul settimanale cattolico progressista Adista che uscirà lunedì prossimo, parla di «abiura della profezia» da parte della Chiesa e se la prende con «l’eccessiva prudenza» delle gerarchie, simile alla «connivenza», e con la riduzione «ad una questione di morale personale poco degna di un uomo pubblico». Il nodo vero, aggiunge, è che «la vita privata del Cavaliere è stata ed è modello di corruzione della nazione intera, la sua sfrenatezza è la conseguenza di una concezione di vita basata sul potere ed il denaro, l’etica sessuale è intimamente connessa con una ideologia dove tutto è in vendita» e «le leggi del mercato sono la Legge»: e tutto ciò «stride con la fede cristiana, da tempo».

Durissimi con Berlusconi e con Bagnasco, che «sussurra parole generiche invece di esprimere una vera denuncia», il movimento Noi Siamo Chiesa e le Comunità di base italiane. Ma si associa anche la presidenza nazionale del Meic, il moderatissimo Movimento ecclesiale di impegno culturale dell’Azione cattolica, la più importante associazione cattolica del Paese. «Il Movimento – si legge nella nota – manifesta sgomento per i molti episodi che emergono dall’inchiesta della Procura milanese e che esprimono un’abissale distanza dalle tradizioni e dalla prassi democratica» e «sottolinea l’amara perplessità suscitata dalle notizie sullo stile di vita di colui che, rappresentando le Istituzioni pubbliche al massimo livello, dovrebbe avere a cuore una condotta irreprensibile a presidio delle esigenze dell’etica pubblica e della credibilità internazionale del Paese». E il coordinamento di cattolici democratici Agire Politicamente: da un lato «si chiede ai cittadini di attendere il processo», intanto «il presunto colpevole, mobilitando una schiera di avvocati di fiducia pluri-esperti in rinvii ed insabbiamenti, rifiuta di presentarsi ai giudici». La sentenza, forse, non arriverà mai, ma è evidente fin da ora «che un così fatto individuo non è degno di rimanere alla guida del Paese», e gli stessi cattolici del Pdl dovrebbero «chiedere a questo ormai squalificato personaggio di mettersi da parte».

«Non possiamo più barattare un sostegno alla nostra presenza cristiana nella società italiana in cambio del silenzio di fronte all’arrogante degrado del potere istituzionale», scrive don Nandino Capovilla, coordinatore nazione di Pax Christi, in una lettera ad Avvenire che però il quotidiano dei vescovi ha preferito non pubblicare. «Il presidente del consiglio potrà continuare ad andare orgoglioso del suo stile di vita, ma se noi pastori l’approviamo diventiamo responsabili di una degenerazione morale dalle conseguenze incalcolabili» che riguarda «il valore della persona umana, il rispetto della donna, l’educazione alla legalità».

Non lo approva sicuramente don Aldo Antonelli, parroco abruzzese di Antrosano (Aq), che domenica non celebrerà la messa contro «il degrado della politica» e il «silenzio mafioso» della Chiesa.