«Per una chiesa più madre e meno matrigna». Lettera del nuovo presidente di Vocatio

Ingrid Colanichia
Adista n.23/2011

Inaugurare una nuova stagione, divenire un cantiere aperto al contributo di tutti per un cristianesimo vivo che non parli solo tramite «una bocca (gerarchica)», ma che «si riscopra una sinfonia di voci e di cuori capaci di ascolto».

Così, in una lettera aperta, il nuovo presidente del movimento dei preti sposati, Vocatio, Giovanni Monteasi – finora segretario del movimento oltre che direttore dell’Ufficio di Pastorale Sociale e del Lavoro della diocesi di Sessa Aurunca – succeduto nel settembre scorso a Mauro Del Nevo.

«Mettiamoci sulla strada – prosegue Monteasi rivolgendosi a «chi oggi è in Vocatio; a tutti quelli che hanno condiviso un tratto di strada con noi; ai confratelli nel ministero che vivono il celibato; ai confratelli nel ministero che vivono il sacramento del matrimonio ed alle loro mogli» – per essere portatori e testimoni della nostra adesione a Cristo con un servizio di testimonianza cristiana e di sincera collaborazione».

Un cammino per cui occorre innanzitutto porsi in ascolto: «Ciò che vale per Dio, vale anche per l’uomo», scrive Monteasi. «Come per amore di Dio occorre ascoltare la sua Parola, così per amare e servire l’uomo occorre saperlo ascoltare. In più, Dio non dona soltanto la sua Parola, ma mette a disposizione anche “il suo orecchio” per ascoltare le nostre risposte.

All’“orecchio di Dio” dobbiamo rispondere con una crescita che ci consenta di scoprire l’essenza della fede in quel Gesù che ci ha fatto capire come il Padre non pretende atti di culto, ma “fa il tifo” per la crescita di ogni uomo fino alle dimensioni del “Figlio dell’Uomo”. Solo così la nostra azione diventerà profezia e non sterile contestazione».

«Nella nostra associazione – prosegue Monteasi – una buona parte dei preti sposati, anche grazie alla influenza delle proprie mogli (che spesso esercitano un reale ministero ed aiutano a non rinchiudersi in un egoismo familiare), continua ad essere testimone della Parola tentando di stabilire nuovi rapporti con la gente, con i cosiddetti “lontani”.

Tali rapporti sono improntati all’ascolto ed al rispetto delle altrui opinioni per fare della Chiesa una comunità che si fa messaggio, profezia della speranza, casa di tutti, Vangelo di vita. Non si espelle dalla comunità chi, con la Parola, scopre il primato della coscienza. Si accetta anche il ministero del prete sposato, come sposati erano gli apostoli.

Ci auguriamo che, in un giorno non lontano, la Chiesa, nella persona del papa, dopo aver accettato l’opzionalità del celibato, si deciderà a chieder perdono anche per i presbiteri sposati, esclusi, forse per dimenticanza, dalla liturgia del perdono in occasione dell’Anno Santo».

«La mia – prosegue il neopresidente – non è una critica preconcetta, ma dà voce al grido di quanti, avendo scelto di seguire Cristo, anche se con parole ed atteggiamenti forti, intendono dare il proprio contributo perché la Chiesa sia sempre più madre e sempre meno matrigna».