Antropologia cattolica

Paolo Bonetti
www.italialaica.it

Sono apparsi ultimamente sul nostro sito alcuni interessanti articoli di commento agli interventi di Marcello Veneziani e di Giuliano Ferrara sui problemi della sessualità. In realtà, i discorsi di Ferrara e Veneziani sono quelli che si sentono in qualunque bar della penisola, fatti abitualmente da uomini al di sopra dei cinquant’anni, che manifestano, più o meno chiaramente, di avere qualche insicurezza circa la propria identità sessuale messa in discussione dal prevalere di un nuovo costume. Niente di male, finché si tratta di timori e angosce personali.

Ognuno è libero di manifestare le paure che ha: ci sono uomini che si sentono continuamente minacciati dalla nuova indipendenza femminile e ce ne sono altri che temono di essere concupiti e insidiati dai gay, anche se sono al di sotto di ogni possibile tentazione. Il guaio è quando queste paure (e ognuno di noi ha le sue) si solidificano in convinzioni ideologiche e spingono a comportamenti politici che mettono in discussione libertà fondamentali o accecano l’intelligenza fino al punto di non vedere più la realtà dei fatti, come quando si nega che possa esistere un’aggravante nei casi di violenza omofobica.

Eppure non è difficile accorgersi che, in questi casi, come d’altra parte in quelli della violenza contro le donne, l’aggressione contro la persona nasce dal particolare disprezzo che si ha per qualcuno a causa della sua specifica identità sessuale. E forse, o senza forse, questo disprezzo nasce dall’avvertire oscuramente in sé qualcosa che appartiene a colui che si disprezza.

Questo fenomeno è particolarmente evidente nel caso dell’omofobia cattolica. Chi ha avuto o ha qualche frequentazione con il mondo ecclesiatico, ha spesso incontrato sacerdoti di alta spiritualità e di costumi irreprensibili nei quali si avverte chiaramente una pulsione omoerotica sublimata, che ha trovato nella scelta del sacerdozio, vissuta con grande spirito di carità, il modo di esprimersi senza entrare in conflitti morali irrisolvibili.

In altri casi, la pulsione non è rimossa o sublimata, ma assume comunque una forma compatibile con i doveri sacerdotali, anche se resta l’inevitabile ipocrisia di chi deve condannare ufficialmente comportamenti che pure pratica in modo maturo e responsabile. Infine, ci sono casi in cui la repressione sessuale della tradizionale educazione cattolica genera comportamenti perversi e criminali, come avviene nel fenomeno della pedofilia ecclesiastica.

Certo, queste degenerazioni non avvengono soltanto nell’ambito della chiesa cattolica, ma bisogna pur dire che, al suo interno, esse sono particolarmente numerose e rilevanti, proprio a causa di una educazione sentimentale fatta soltanto di paure, silenzi e vergogna. L’omofobia cattolica, che diventa poi oggettivo incitamento alla violenza al di là delle intenzioni di chi pronuncia certe indiscriminate condanne morali, è l’altra faccia della prevaricazione e della violenza sessuale che si consumano troppo spesso in un ambiente che non osa riconoscere e portare alla luce del sole le proprie pulsioni.

Tutto questo accade da sempre e non ha nulla a che fare con la degenerazione dei costumi che caratterizzerebbe il nostro tempo, con il permissivismo che avrebbe azzerato tutti i valori, o addirittura con la liberazione della donna e magari con l’uso dei contraccettivi. Che uomini intelligenti come Ferrara e Veneziani adoperino talvolta questi argomenti o altri affini, fa sospettare che, in questi casi, la polemica ideologica prevalga nettamente sul tentativo di capire. Eppure questa comprensione sarebbe utile anche alla causa di coloro che vedono nella Chiesa cattolica l’ultimo baluardo di una sana moralità.

In quanto alla Chiesa stessa, non ci permettiamo, da laici non credenti, di dare consigli su come dovrebbe essere governata. Ma, da osservatori del costume, dobbiamo pur fare qualche considerazione sulla quotidiana antropologia cattolica spesso in radicale contrasto con le regole e gli ammonimenti delle gerarchie.

Bisogna dire che anche molti non credenti tendono ad immaginare il mondo cattolico secondo i principi che esso ufficialmente proclama. Non è così, e non solo per quella naturale debolezza umana che ci fa essere sempre piuttosto lontani, nei nostri comportamenti, dai modelli ideali ai quali diciamo di ispirarci, ma anche perché un numero sempre più elevato di cattolici, anche praticanti, ha ormai introiettato e fatto proprio un costume sessuale lontano da quello maschilista e omofobico delle vecchie generazioni.

Capita frequentemente di incontrare, in ogni ambiente sociale, uomini e donne cattoliche al di sotto di una certa età che non hanno più i pregiudizi ridicoli, le paure nevrotiche e i falsi pudori delle generazioni a cui appartengono il papa, i cardinali e anche certi intellettuali più o meno devoti. Questi nuovi cattolici non sono né libertini né bigotti né ipocriti, sono semplicemente persone che non riducono la propria fede alle ossessioni e ai tabù di un mondo irrimediabilmente vecchio.

Forse le gerarchie ecclesiastiche, invece di mostrarsi indulgenti verso le mitologie sessuali di un maschilismo in decomposizione, che è quanto di più anticristiano si possa concepire, farebbero bene a considerare con più attenzione e rispetto questa nuova antropologia cattolica.