Ricorso al Tar: vittoria delle donne contro i “Pro vita”

COMUNICATO STAMPA

In data 15 luglio, il TAR Piemonte ha pronunciato sentenza di accoglimento del ricorso promosso dalla Casa delle Donne di Torino, con le avvocate Mirella Caffaratti e Arianna Enrichens contro la Delibera della Giunta Regionale piemontese, che introduce i volontari del Movimento per la Vita nei Consultori, nell’ambito del percorso sanitario dell’IVG.

La sentenza, con ampia motivazione, ha annullato il Protocollo della Giunta Regionale piemontese, nella parte in cui prevede la possibilità di ammettere alle convenzioni con le ASL unicamente le associazioni che possiedano nel proprio statuto il requisito della “difesa della vita fin dal concepimento”.

Si trattava, all’evidenza, di un requisito illegittimo, discriminatorio e per nulla coerente con il percorso sanitario dell’interruzione volontaria di gravidanza.

La Casa delle Donne, tutte le associazioni di donne di Torino e le donne Cgil che hanno sostenuto il ricorso, esprimono viva soddisfazione per la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale e confidano che la Regione Piemonte si conformi al dettato della sentenza del Tar.

Casa delle Donne di Torino

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Vittoria delle donne contro i “Pro vita” di Cota

Loredana Biffo
www.paneacqua.eu

Un’altro “dispiacere”, doloroso per il governatore del Piemonte, dopo la incresciosa vicenda delle firme elettorali false, grazie alle quali governa indebitamente, ora gli tocca pure di ingerire il fiele della sentenza del Tar che respinge il protocollo della giunta Cota dell’ottobre 2010 sull’introduzione dei movimenti pro vita nei consultori pubblici

Il Tar del Piemonte ha ritenuto che il protocollo regionale voluto da Cota, fosse lesivo della legge 194 con l’introduzione dei volontari dei movimenti per la vita nei consultori, i quali ricordiamo, hanno già creato notevoli problemi molestando alcune donne che si recavano all’ ospedale S. Anna per abortire, le quali in alcune occasioni sono state insultate e etichettate come “assassine”.

Con questa legge sciagurata, si è corso il rischio di tornare indietro di anni, considerato che il protocollo regionale sulla 194 proposto da Cota subito dopo il suo insediamento, era di fatto un tentativo di smantellare la 194 attraverso un raggiro che avrebbe avuto possibilità di essere effettuato grazie all’autonomia regionale.
E’ doveroso rimarcare che da quando Cota è diventato governatore, ha lavorato diligentemente per mantenere le promesse elettorali fatte al clero, nonostante le sue presenze in Consiglio per altre questioni, siano state quasi inesistenti, infatti in un anno e due mesi, ha presenziato solo 16 volte su 106.

Evidentemente la battaglia di “inciviltà” contro l’autodeterminazione delle donne, è per lui una priorità, ma le donne non abbisognano di volontari della vita “ad ogni costo” che per compiacere gli impegni elettorali presi da Cota con l’ambiente cattolico, si infiltrino nelle strutture pubbliche per dissuadere le scellerate dall’abortire.
Sarebbe sufficiente creare strutture esterne a cui le donne possano liberamente accedere visto che sono anch’esse dotate della capacità di intendere e di volere, checchè ne pensino Cota e i suoi seguaci, Alias Carlo Casini che in in aula aveva esternato la sua tristemente nota visione medioevale sul genere femminile, con dichiarazioni gravissime, sostenendo che la 194 deve essere modificata.

A Torino tutte le associazioni di donne, la Casa delle donne, e la Cgil hanno sostenuto il ricorso, e il consigliere Pd Andrea Stara ha raccolto attraverso una petizione popolare in difesa della 194 seimila firme.

Questa sentenza del Tar Piemontese, dovrebbe richiamare tutti, politici in primis, al rispetto delle conquiste democratiche e delle libertà individuali; giustamente gli avvocati della Casa delle donne Mirella Caffaratti e Arianna Enrichens hanno detto che: “quel contenuto nel protocollo era ideologico, disarmonico rispetto alle finalità della legge 194, e che non si possono aprire tavole rotonde sulla pancia delle donne”.

E’ evidente l’invito a cambiare rotta, visto che qualcuno nel Pdl aveva tentato di rilanciare, proponendo una legge che nelle intenzioni era radicalmente in contrasto con la 194.
La sentenza chiarisce che il protocollo viola l’articolo 3 della Costituzione, che sancisce il principio di uguaglianza e di non discriminazione, dice il Tribunale. Annullando così quella parte del documento che prevede l’introduzione nei consultori solo di quel privato sociale che abbia nel proprio statuto la finalità di tutela della vita sin dal suo concepimento. Quel requisito, dice il Tar si dimostra “irragionevolmente discriminatorio” e “la sua finalità ardua da comprendere”.

Cota ha affermato che con la delibera bocciata, intendeva “valorizzare la cultura della vita, non relegandola nel sottoscala”. Bisognerebbe suggerirgli che sarebbe utile a tal fine, finanziare una campagna di “Igiene ed educazione sessuale” nelle scuole, potenziare l’attività di prevenzione nei consultori (invece di fare tagli indiscriminati alla sanità), e magari rendere operativi i centri antiviolenza femminili; anche se queste cose dovessero far venire la diverticolite ai cattolici benpensanti.

E se la delibera dovesse essere riproposta, come ha tuonato l’assessore Maccanti, le donne torinesi non esiteranno a tornare in piazza, perchè non vogliamo “molestie di Stato”.
Per il momento siamo soddisfatte del risultato della sentenza, un bello smacco per Cota il Puritano, bisognerebbe appuntargli sulla giacca la “Lettera Scarlatta”, la A di “Asino”.