Vaticano, facebook in rivolta

Luca Kocci
www.adistaonline.it

Pagaci la manovra

Esplode la rivolta, pacifica e nonviolenta, contro i benefici, le esenzioni fiscali e i privilegi economici di cui gode, da lungo tempo, la Chiesa cattolica. Non è una novità.

Per anni è stata una battaglia delle associazioni laiche, ma anche dei cattolici del dissenso, delle comunità di base e del movimento Noi Siamo Chiesa che chiedevano l’abolizione del Concordato, di Pax Christi che voleva la smilitarizzazione del cappellani militari – anche perché non fossero profumatamente retribuiti dallo Stato come ufficiali -, nel 1989 è nato il movimento Carta 89 (fondato da laici, cattolici e valdesi) contro l’otto per mille che sarebbe stato introdotto l’anno successivo.

Oggi, in tempi di crisi e di anti-casta, sembra diventata una rivolta di massa, se resisterà nel tempo. «Vaticano pagaci tu la manovra finanziaria» è il gruppo nato su Facebook il 17 agosto che ha raggiunto oltre 50mila sostenitori. «Siamo donne e uomini tra i 23 e i 45 anni, fra cui molti cattolici, a cui sembra ingiusto che il Vaticano abbia così tanti privilegi», ci spiega uno dei fondatori.

«Quando abbiamo visto che nella manovra erano gli unici intoccabili ci siamo indignati e abbiamo deciso di attivarci per vedere quanti la pensano come noi e per avviare una campagna per far tornare nel bilancio dello Stato i miliardi di euro che si perdono in esenzioni e privilegi alla Chiesa».

Grazie d’Oltretevere

L’elenco dei contributi e dei benefici di cui gode la Chiesa cattolica è lungo e ricco:

– oltre 1 miliardo di otto per mille, grazie al meccanismo che le assegna anche i soldi di chi non sceglie;
– stipendi e pensioni a cappellani ospedalieri, carcerari e militari;
– contributi statali (245 milioni) e regionali alle scuole private e agli oratori parrocchiali;
– finanziamento pubblico alla stampa cattolica (14 milioni);
– esenzione dall’Ici per gli immobili di proprietà ecclesiastica purché non svolgano «esclusivamente» attività commerciali (500 milioni);
– sconto del 50% sull’Ires (900 milioni);
– acqua al Vaticano pagata dai contribuenti italiani (50 milioni);
– esenzioni fiscali su tutti gli immobili e le attività commerciali e turistiche che hanno sede legale nei palazzi vaticani che godono del regime di extraterritorialità, e quindi appartengono formalmente ad uno Stato estero, anche se si trovano nel cuore di Roma.

«Bisognerebbe essere più precisi e informarsi, prima di gettare ombra o perfino fango», la difesa d’ufficio della Cei affidata alle pagine del suo quotidiano, Avvenire, che nel 2010 ha incassato quasi 6 milioni di euro di finanziamento statale diretto e che ripubblica sul sito internet una controinchiesta di qualche anno fa che però, al di là dei toni polemici, non smentisce nessuna cifra sui privilegi ecclesiastici.

E difesa, piuttosto maldestra e confusionaria, da parte di Vittorio Feltri sul Giornale. Evidentemente i sensi di colpa per l’attacco di qualche anno fa all’ex direttore di Avvenire Dino Boffo ancora si fanno sentire.

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www.lastampa.it, 20 agosto 2011
Manovra, la protesta sul Web: “Stop ai privilegi della Chiesa” 

Ici, Ires e 8 per mille: 3 miliardi  di euro di risparmi. Dalla politica coro di no alle proposte radicali. Su Facebook è boom di adesioni

Doveva accadere prima o poi, e cosi è stato: il balzello di cifre, tagli alla spesa e proclami di lotta all’evasione che in questi giorni riempie i giornali inizia ad assumere l’aspetto di una vera e propria caccia al privilegiato- evasore. E l’attenzione, da settimane concentrata su casta e costi della politica, allarga il suo raggio d’azione e arriva sull’altra sponda del Tevere, coinvolgendo il Vaticano.

Per primi ci hanno pensato i radicali, puntando i riflettori sui privilegi di cui gode il gigantesco patrimonio immobiliare della Chiesa; esenzioni Ici e Ires in testa. Su buona parte di quel patrimonio infatti, l’Ici non si paga, perché si tratta di strutture che risultano adibite ad attività di culto o ad “usi meritevoli” (attività assistenziali o didattiche). In ballo ci sono imposte che l’Anci (l’Associazione dei comuni italiani) stima tra i 400 e i 700 milioni di euro.

È però difficile ottenere una stima precisa perché in Italia, secondo il decreto Bersani del 2006 (n.223) sono soggetti all’Ici solo quegli immobili di proprietà della Chiesa in cui vengono svolte attività “esclusivamente commerciali”. Molte di queste strutture risultano esenti dal pagamento pur agendo in concorrenza con enti pubblici o privati perché ospitano al loro interno attività per le quali invece è prevista l’esenzione e spesso in molti comuni si è arrivati al contenzioso in tribunale.

“Non sarebbero le attività di culto ad essere toccate dai tagli – fa sapere il segretario nazionale dei radicali, Mario Staderini – ma quelle commerciali, su cui l’area dell’elusione, cioè di chi gioca sui dubbi interpretativi, non è irrilevante”. La Cei non ci sta e dalle pagine di Avvenire ha respinto le critiche: “Sembra di capire che non dovrebbe essere il baretto dell’oratorio a pagare – scrive Umberto Folena – e allora chi? La casa alpina dei campi scuola? Le sacrestie? Le mense Caritas, ristoranti travestiti?”.

Su alcuni giornali, l’attenzione si è concentrata anche sulle strutture alberghiere: “ Si sono bevuti la colossale bufala – si legge sempre sul quotidiano dei vescovi – secondo cui basterebbe piazzare in un albergo ‘una cappellina’, per poter dichiarare l’intero complesso ‘adibito a culto’ e quindi non pagare l’Ici”. Le critiche sono cresciute dopo la nota della Conferenza episcopale italiana che aveva condannato l’evasione fiscale come un “problema gravissimo”, negli stessi giorni in cui si sta svolgendo a Madrid la giornata mondiale della gioventù.

L’Unione Europea però, vuole vederci chiaro e ha attivato una procedura di violazione della concorrenza per capire se queste esenzioni fiscali possano configurarsi come aiuti di Stato. In effetti in Italia la normativa è pasticciata e tutto ruota intorno a quell’avverbio, “esclusivamente”, che nel decreto Bersani è riferito alle attività commerciali religiose.

Una formulazione che lascia molto spazio al proprietario che autocertifica ai fini dell’Ici e alimenta molti dubbi interpretativi. Da alcuni anni lo studio di riferimento è quello pubblicato dal Gruppo Re (religiosi e ecclesiastici) che si occupa di gestione immobiliare e dal 1984 opera nel mercato degli enti religiosi: secondo i dati, il patrimonio della Santa Sede rappresenta il 20% dell’intero patrimonio immobiliare italiano.

Tra questi risultano 8779 scuole e 4712 centri sanitarie e 26.300 strutture ecclesiastiche, che – secondo i radicali – si collocano a ridosso della linea che separa le attività didattiche e meritevoli da quelle commerciali. A Roma ad esempio, quasi un quarto degli immobili sarebbe di proprietà del Vaticano: case di cura, strutture scolastiche, 400 istituti di suore, 300 parrocchie, 200 case “generalize” (che funzionano anche come strutture alberghiere), 90 istituti religiosi e molto altro.

Ci sono poi quelle compagini come l’Istituto per le opere religiose (Ior) e la congregazione Propaganda Fide, quest’ultima – finita al centro dello scandalo della cricca – possiede un patrimonio immobiliare stimato dallo studio in 9 miliardi di euro. Le esenzioni fiscali sugli immobili non sono le uniche però: gli enti ecclesiastici operanti nei settori dell’istruzione e della sanità hanno diritto ad uno sgravio del 50% dell’imposta sul reddito delle società (Ires), un risparmio stimato in quasi un miliardo di euro.

Se alle due esenzioni si aggiunge anche l’8 per mille il conto lievita fino a raggiungere la cifra complessiva di 3 miliardi che – secondo le stime dei radicali – verrebbero risparmiati dallo stato. Secondo Staderini infatti il meccanismo del contributo iperf volontario, concepito più di vent’anni fa e destinato ad “attività sociali”, “prevede che, in caso di aumento del gettito, il meccanismo possa essere modificato e noi chiediamo che venga dimezzata”.

Un coro di no bipartisan si è levato contro le proposte dei radicali; mentre monta la protesta sul web, il Palazzo si riscopre unito. Pd, Udc, Fli, tutti concordi nel dire no all’Ici per la Chiesa. Dopo le critiche della maggioranza anche il Pd si mostra critico: “Penso proprio che non l’appoggeremo – fa sapere Rosy Bindi – credo che la Chiesa sia una ricchezza per la società italiana,  l’unica veramente impegnata con il volontariato nella lotta alla povertà”, anche se si dice sicura che “la chiesa farà la sua parte”.

Giù le mani dalla Chiesa, avverte il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini. “C’è chi ritiene che la Chiesa sia un impiccio per la società, chi invece ritiene che sia un grande elemento di aiuto e ricchezza, capace di prove straordinarie di solidarietà. Non si può fare la contabilità della Chiesa con criteri che non tengono presente questa grande missione sociale, se non si tiene conto del grande aiuto che dà ai bisognosi”.

“Il dibattito non diventi occasione per ripristinare un anacronistico anticlericalismo” – fanno sapere
anche da Futuro e Libertà. “Nella nostra visione di laicità positiva – dice il vice presidente vicario dei deputati di Fli – la Chiesa cattolica e le altre comunità religiose hanno diritto ad esenzioni come quella dell’Ici, otto per mille, e ad altri benefici fiscali in ragione dell’attività rilevante sul piano della solidarieta’ sociale e comunque del bene pubblico, senza distinzione di religione, etnia, appartenenza politica e culturale dei destinatari”.

Intanto sul sito di Avvenire è stata pubblicata un’inchiesta sui costi della chiesa per rispondere alle accuse. Sul web però i sentimenti sembrano essere opposti. La pagina facebook “Vaticano pagaci tu la manovra finanziaria ha superato in poche ore le 32mila adesioni e si moltiplicano blog e commenti degli utenti che chiedono anche al vaticano di abolirsi i privilegi e iniziano ad arrivare anche le prime adesioni dal mondo della cultura: “Da un’istituzione come la Chiesa – si legge sul sito web del Futurista, settimanale vicino a Futuro e Libertà – era lecito aspettarsi, in una fase così drammatica, un atto di responsabilità e di coraggio”.

E c’è chi lamenta il ritardo di questa presa di coscienza, “Non mi sembra che il concordato Chiesa-Stato sia di questi giorni” – scrive Vito su facebook. Forse è proprio questo il primo effetto di una manovra che sembra scontentare tutti, costringerci a rivedere tutto.

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www.repubblica.it, 20 agosto 2011
E Facebook “chiama” il Vaticano.  “Paga tu la manovra finanziaria”

Decine di migliaia di adesioni in 48 ore per un gruppo che chiede di abolire i privilegi fiscali della Chiesa cattolica, “visti i miliardi di euro che noi italiani gli versiamo da tanto tempo”. E i finiani di Il Futurista lanciano una campagna online: “Facciamo pagare l’Ici alla Chiesa”

L’obiettivo è messo nero su bianco. Far pagare la manovra di ferragosto anche al Vaticano, “visti i miliardi di euro che noi italiani gli versiamo da tanto tempo”. E’ questa la ragione sociale di “Vaticano pagaci tu la manovra finanziaria ” gruppo che su Facebook ha raccolto oltre 90 mila adesioni in tre giorni.

Centinaia di commenti, suggerimenti, indicazioni. Per portare alla classe politica italiana un solo messaggio: in
tempi di crisi economica, i privilegi fiscali della Chiesa Cattolica vanno aboliti. “Con le nuove misure varate dal governo Berlusconi pagano tutti: i dipendenti pubblici, i comuni, chi lavora nel sociale. E loro nulla. Non è giusto, ora basta”.

Le tasse

Ripristinare l’Ici e l’Ires, abolire l’8xmille. Sono numerose le misure suggerite dagli utenti. Domande e interrogativi, critiche e attacchi si susseguono a ritmo serrato. Si va da “ma perché nessuno dei nostri politici dice che la chiesa deve tornare a pagare l’Ici?”, fino a chi propone una sospensione temporanea dei Patti Lateranensi: “Non sarebbe meglio che venisse revocato per 5 anni il Concordato, in modo che la Chiesa possa devolvere in beneficenza i miliardi di euro che riceve dalla Stato Italiano?”. E c’è chi prova a ricostruire i privilegi fiscali della Santa Sede: “Il Vaticano non paga Ici, Irpef, l’Ires e tutte le tasse immobiliari anche se possiede quasi il 30% del patrimonio immobiliare italiano”.

Bagnasco e l’evasione fiscale

Non manca chi interviene per difendere la posizione della Chiesa: “Sono davvero dispiaciuto per quanto ho letto in questa pagina: si confonde Chiesa, fede, Papa, Dio”. E ancora: “Ogni parrocchia ha le sue bollette da pagare, e continua a offrire servizi di solidarietà pari a pochi altri enti”. Ma la maggior parte degli interventi conserva toni molto critici. In tanti prendono di mira l’intervento sull’evasione fiscale del presidente della Cei Angelo Bagnasco. C’è chi scrive: “Ma guarda cosa ci tocca sentire. Per di più detto da gente che non paga niente ed è esentata da tutto”.

Studenti e agit prop.

E sono decine i commenti di studenti fuorisede. Che mettono sotto accusa la politica immobiliare del Vaticano. “Loro possono utilizzare i conventi come degli alberghi, lucrandoci profumatamente e a costo zero. Io, stedentessa fuori sede che tra tasse universitarie, affitto, spese varie e un lavoretto part-time fotocopio un libro per un esame, rischio una multa. La legge non è affatto uguale per tutti”. Poi le proposte, numerose, per spostare la protesta dalla rete alle piazze: “Potremmo indire una protesta generale, organizzare una manifestazione o iniziare con un volantinaggio per far conoscere a tutti i cittadini l’elenco dei loro privilegi”.

I finiani: “Sacrifici anche Oltretevere”.

Poi il fronte delle petizioni online. Con raccolte di firme indirizzate al governo italiano: “Chiediamo a Berlusconi e al Ministro Tremonti, di modificare la legislazione per non esentare la Chiesa dal pagamento dell’ICI in nome di un sacrificio collettivo invocato dai vertici Vaticani stessi”. E i finiani de Il Futurista hanno lanciato “Facciamo pagare l’Ici alla Chiesa Cattolica “, una campagna di sensibilizzazione online. “Sarebbe il momento giusto per eliminare sacche di privilegio, cancellando innanzitutto l’esenzione dall’Ici. Uno Stato serio ha il dovere, mentre chiede lacrime e sangue ai suoi cittadini, di pretendere qualche sacrificio anche da chi vive Oltretevere”.