Uguaglianza: una cultura conservatrice

Mira Furlani
Comunità cristiana di base dell’Isolotto – Firenze

“Essere uguali a chi e che cosa? Agli uomini e alla loro politica? E quale politica: certo non la nostra fatta di cura, attenzione, relazione con tutti, in famiglia e sul lavoro…”.

Queste sono le domande che una mia vicina di casa ha posto durante una riunione di donne, appunto, vicine di casa. Si chiama Roberta e da molto tempo lavora in una casa di cura privata per malati di tumore. Ancora giovane è già sfinita come tante altre sue colleghe: sono quasi tutte donne le inservienti che si occupano dei bisogni più elementari e pesanti dei ricoverati. Diceva che quel lavoro le aveva già rotto la schiena, ma anche l’equilibrio mentale vacillava in certi momenti, per la partecipazione alla sofferenza, al dolore e alla disperazione dei malati.

Adesso, ha detto, con questa finanziaria mandano anche noi donne in pensione a 65 anni perché in Europa tutti lo fanno: ma perché questi nostri parlamentari non si dimezzano gli stipendi visto che in Europa nessuno guadagna come loro? E perché noi dobbiamo pagare loro anche le spese sanitarie? come ci arrivo a 65 anni con un lavoro che mi distrugge?

L’uguaglianza che la politica maschile del potere offre alle donne è sempre quella del “peggio” perché è a misura maschile. Quando io ero giovane ricordo che in fabbrica il lavoro notturno non era previsto per le donne; poi una certa politica dei diritti sull’uguaglianza fra uomini e donne l’ha introdotto, così come ha introdotto la donna “soldato” accanto all’uomo “soldato” e così via…

Su “Via Dogana” di settembre (N.98-rivista di pratica politica edita dalla Libreria delle donne di Milano), Vita Cosentino segnala la “trappola dell’uguaglianza”, insita nei cambiamenti sociali e politici, come un’operazione di principio normativo pieno di significati negativi per la libertà femminile. E sottolinea che c’è un malessere serpeggiante tra le donne per il fatto che il progresso nell’uguaglianza dei diritti si presenta come assimilazione ai valori maschili.

Sulla stessa rivista di politica, Luisa Muraro scrive che il femminismo anni sessanta si è impegnato a far valere nella vita pubblica più che i diritti, le esigenze delle donne: “La spartizione paritaria del potere fra uomini e donne non porta con sé promesse di cambiamento. La parità è un obiettivo del femminismo conservatore, quello italiano ha sempre fatto leva sul desiderio. Per noi, prima delle femministe, vengono le donne con i loro desideri, quali che siano, e con le donne ci sono gli uomini, c’è l’umanità tutta, che esiste ben prima del diritto e delle leggi… Nel nuovo ordine simbolico che vediamo spuntare in Italia nell’anno 2011, il primo posto sta andando alla qualità della vita. Si tratta ormai apertamente di contendere alla cultura del potere il valore delle nostre vite personali, la capacità di godere senza consumare, e quella di giudicare sulle priorità”.

Luisa Muraro sarà presente al XIX Incontro naz.le gruppi donne delle CdB che si farà a Monteortone (Padova) il 2-3-4 dicembre prossimo e svolgerà una relazione su: “Corpi, Passioni, Politica”. Il tema generale dell’Incontro naz.le sarà: “In principio sono i nostri corpi. Narrazioni fuori dal campo attraversando gli interrogativi del presente”.

Certo, è difficile toglierci di dosso una cultura conservatrice spacciata per “progresso nell’uguaglianza” di memoria francese, ma oggi è possibile, perché è nato l’ordine simbolico della madre con cui l’ordine simbolico del padre deve relazionarsi e misurarsi, al fine di costruire una reale laicità e democrazia, come le recenti vittorie dei referendum hanno dimostrato.