Scolastico gesuita riflette sul significato e sul valore della vita

Min John Kim SJ, (*)
Headlines Segretariato per la Giustizia Sociale e l’Ecologia della Compagnia di Gesù, 31 ottobre 2011

Vorrei parlarvi di un lavoratore straniero cui avevo cercato di dare aiuto. Appena conosciuto, mi aveva pregato di aiutarlo a cambiare azienda. Mi ero reso conto fin dall’inizio che sarebbe stata un’impresa difficile. Il governo coreano pone ai lavoratori immigrati che vogliano cambiare datore di lavoro tutta una serie di ostacoli, perché sono questi ultimi a volerli trattenere. Quando ho preso contatto con l’azienda, la risposta è stata quella che mi aspettavo: il titolare mi ha urlato “Sei coreano? Allora non dovresti occuparti di un immigrato. Non mi seccare, fatti gli affari tuoi!”. Se l’azienda avesse contravvenuto alle norme sul lavoro, avrei potuto appellarmi alle autorità del caso. Ma l’immigrato voleva cambiare azienda per motivi di incompatibilità culturale, per cui non potevo fare altro che cercare di convincere il suo datore di lavoro.

L’esperienza mi diceva che convincere un datore di lavoro a ridare libertà a un immigrato era un’impresa ardua. E infatti non ci sono riuscito nemmeno io, e ho dovuto dire a quell’uomo che ero spiacente ma che temevo sarebbe stato costretto a lavorare presso quell’azienda fino alla scadenza del contratto. Ero davvero dispiaciuto, pur tuttavia lui mi ha dimostrato riconoscenza. “Grazie, fratello, grazie mille. Mi basta sapere che hai provato ad aiutarmi”. Sono rimasto stupito: perché mai mi dimostrava gratitudine, se non ero riuscito ad aiutarlo…?

Lavoro presso il nostro Centro per lavoratori immigrati della Provincia coreana. Un tempo, la zona era nota per l’agricoltura. Ora, però, grazie al basso costo dei terreni, vi si stanno insediando numerose aziende. Attualmente, su una popolazione di 238.000 abitanti, circa 30.000 sono immigrati. Sette anni fa, è stato istituito il Centro dei gesuiti presso cui lavoro, con il fine di aiutare questa fetta di popolazione in costante crescita numerica. Il Centro privilegia infatti sopra ogni altro aspetto, quello dei servizi sociali per gli immigrati.

L’esperienza di cui vi ho parlato risale a mesi fa. Confesso che quest’uomo mi ha lasciato un segno. Prima di incontrarlo pensavo inconsciamente che se non fossi riuscito ad aiutare il mio prossimo avrei fallito nella mia missione, e questo pensiero mi deprimeva. Ero abituato a valutare il mio lavoro sulla base dei successi conseguiti. Quell’uomo mi ha fatto cambiare prospettiva: era disposto a ringraziare; a differenza di me, provava gratitudine anche per cose minime. Persino nell’insuccesso individuava di che essere grato. Mi sono reso conto di come avessi sbagliato nel definire il mio compito, e ho deciso di cambiare la mia visione delle cose.

Quale significato, quale valore ha la presenza del Centro dei gesuiti? Noi riteniamo che non sia l’efficienza delle nostre attività apostoliche, quanto piuttosto il vivere e condividere l’esistenza con gli immigrati. Non sarà per caso che il nome coreano del nostro centro è Yiutsari, che significa “vivere con il nostro prossimo”. Al termine del magistero, vado scoprendo il vero significato della mia missione. Il cuore di questa missione, il motivo per cui sono stato inviato al Centro, non hanno nulla a che vedere con il successo in quanto tale, bensì con l’accompagnamento del nostro prossimo. A breve inizierò gli studi di teologia nella prospettiva di essere ordinato sacerdote. Devo all’esperienza del magistero l’occasione del tutto speciale di riflettere sul vero significato e sul valore della vita

(*) Centro dei gesuiti per lavoratori immigrati YIUTSARI, Gimpo, Corea