La “svegliatrice” Adriana Zarri di E.Guerra

Elena Guerra
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Ricordare una grande figura come Adriana Zarri può svegliare coscienze sempre più sopite, soprattutto nei confronti del genere femminile di cui la teologa, scomparsa lo scorso 2010, tanto ha scritto e parlato.

Durante l’incontro “Adriana Zarri: un’altra teologia?”, organizzato lo scorso 9 maggio a Verona dal Circolo dei lettori e dalla società Dante Alighieri della città scaligera,Valeria Lo Forte e Gianni Fontana, presidenti delle due realtà culturali, hanno voluto introdurre l’evento comparando Zarri allo “svegliatore” di Giovanni Papini: «In un mondo dove tutti pensano soltanto a mangiare e a far quattrini, a divertirsi e a comandare, è necessario che vi sia ogni tanto uno che rinfreschi la visione delle cose, che faccia sentire lo straordinario nelle cose ordinarie, il mistero nella banalità, la bellezza nella spazzatura. È necessario uno svegliatore notturno che smantelli per dar posto alla luce».

«Adriana era una svegliatrice nei confronti delle istituzioni, soprattutto quelle ecclesiali» è stata la prima considerazione dell’onorevole Giancarla Codrignani (a sinistra nella foto con Paola Azzolini e Chiara Zamboni), cara amica e conoscitrice profonda della vita della giornalista e scrittrice che, a un certo punto della sua vita, ha deciso di vivere in un eremo, come spiegato da lei stessa in Un eremo non è un guscio di lumaca: «La mia preghiera si nutre di solitudine, non di isolamento; e il silenzio contemplativo è denso di parole e di presenze. Per questo rifiuto il verbo “ritirarsi”. Nel deserto non ci si ritira, quasi che fosce un guscio, al riparo dalle difficoltà di tutti. Nel deserto si entra, si cammina, ci si immerge, assumendo la storia e i problemi di tutti».

Nella cascina, dove decise di trascorrere i suoi ultimi anni di vita, Adriana Zarri viveva in modo “sufficiente”, come spiega Chiara Zamboni, docente di Filosofia del linguaggio: «La scelta di povertà non è intesa come ascetismo, ma come una sopravvivenza dignitosa; la bellezza la circondava poiché questa non è rappresentata dalla ricchezza ma dal gusto del bello, in uno stile povero ma illuminato attraverso la sua anima». Non era dipendente dagli altri, ma la scelta della solitudine era un modo per stare autenticamente con gli altri.

Nei suoi racconti e articoli Adriana Zarri non nomina quasi mai direttamente Dio, ma lo fa in modo indiretto, parlando invece delle sue creature, come gli amati gatti, le galline, i conigli… o la natura che la circonda, le sue piante. Il suo amore per la materia lo si ritrova nella concezione che lei stessa aveva di teologia. Per Codrignani, infatti: «il suo pensiero non era sistematico, ma seguiva una via casuale, tipica della vita normale, quotidiana». Tanto si è battuta per le ingiustizie, soprattutto nei confronti delle donne, in cui scorgeva un apporto fondamentale per un salto culturale di un intero Paese. Mai come ora il suo pensiero è attuale, in tutti i Paesi.