Una nuova stagione per la libertà religiosa di P.Naso

Paolo Naso
NEV – NOTIZIE EVANGELICHE, 16 maggio 2012
settimanale – anno XXXIII – numero 20

Fu un democristiano del calibro di Ciriaco De Mita a porre a tema, nel lontano 1990, l’esigenza di una legge sulla libertà religiosa che superasse la normativa risalente al 1929 e al 1930. Lo fece sull’onda lunga di una nuova stagione dei rapporti tra lo Stato e le confessione religiose che si era aperta nel 1984 con la revisione concordataria e, in una successione non casuale, con l’approvazione delle prime “Intese” previste dall’articolo 8 della Costituzione.

Il progetto De Mita non andò a buon fine e non ebbe migliore esito un analogo tentativo compiuto da Giulio Andreotti pochi anni dopo. Da allora, tra frenate (molte) e accelerazioni (poche) nessuna sostanziale novità, ed ancora oggi la delicatissima materia della libertà di culto si regge sulle leggi sui “culti ammessi” approvate durante il fascismo e variamente emendate dalla Corte costituzionale negli aspetti più illiberali.

L’ultima accelerazione, alla quale è seguita una frenata brusca e permanente, è del 2007 quando un lungo lavoro avviato dall’on. Domenico Maselli e poi ripreso dai parlamentari Valdo Spini, Marco Boato, Lucio Malan ed altri sembrava portare a una nuova legge. Ma le preoccupate critiche della CEI, l’ostruzionismo della Lega Nord e la scarsa convinzione della maggioranza parlamentare concorsero nel portare quel provvedimento su un binario morto.

Negli stessi anni, il processo “parallelo” relativo all’approvazione di un nuovo pacchetto di Intese – quelle con l’Unione buddista italiana e la Congregazione dei Testimoni di Geova risalgono al 2000 – non ha avuto migliore fortuna, e a oggi ben sei confessioni religiose sono in attesa di un voto parlamentare che riconosca loro una piena tutela giuridica ai sensi dell’articolo 8 della Costituzione.

È questo il quadro che ha fatto da sfondo al convegno promosso dalla Federazione delle chiese evangeliche insieme ad altri enti ampiamente rappresentativi dell’articolata realtà dell’evangelismo italiano. Ma erano presenti anche esponenti di prima linea delle comunità induiste, buddiste e islamiche, tessere sparse ma emblematiche di quel mosaico “delle religioni” che si va costruendo anche in Italia. Sono state quasi dieci ore di confronto intenso e rigoroso tra giuristi, rappresentanti delle varie confessioni religiose, politici: tutti a vario titolo protagonisti di un confronto pubblico su un tema che, unanimemente, è stato riconosciuto di grande rilevanza democratica e costituzionale. In pochi anni l’Italia ha sensibilmente modificato il suo profilo confessionale, sia cedendo molti spazi alla secolarizzazione che assistendo a un’inedita pluralizzazione delle scelte e dei comportamenti religiosi. Una moderna legge sulla materia delle libertà religiose, pertanto, non è e non deve apparire il tema di bandiera di “minoranze” impegnate a tutelare se stesse. Rimanda, invece, a una grande questione democratica connessa ai principi fondamentali di laicità e di libertà di coscienza.

Seconda conclusione, ampiamente condivisa tra gli intervenuti, è che se nella legislatura in corso non vi sono le condizioni per varare un testo di legge su questa materia, è però urgente che la classe politica risponda alle sollecitazioni che riceve dalla società civile, dalle comunità di fede e dalle sempre più evidenti dinamiche socioreligiose. In questa prospettiva, un segnale importante sarebbe l’approvazione di tutte e sei le Intese all’esame del Parlamento. Presto e insieme, applicando l’articolo 8 della Costituzione senza distinguere tra culti “facili” e “problematici”, giudeocrsitiani e orientali, ma dimostrando che per il legislatore italiano tutte le confessioni religiose sono davvero “ugualmente libere di fronte alla legge”, come recita lo stesso articolo della Carta fondamentale.

Ed è significativo che su questa prospettiva si siano ritrovati autorevoli esponenti del PdL e di FLI, del PD e di SEL, insomma delle principali forze politiche che sostengono il governo Monti e di uno dei partiti all’opposizione. Un segnale culturalmente e giuridicamente incoraggiante: la libertà religiosa non dovrebbe mai essere tema di parte perché è al centro dei valori e delle istituzioni democratiche. Vedremo se la politica italiana di questi anni sarà all’altezza di una sfida così alta.

Terza e ultima considerazione, anche questa ampiamente condivisa: per raccogliere in estate bisogna seminare in autunno. Occorre insomma che le forze politiche, le comunità di fede, gli opinion maker che hanno a cuore questi temi trovino la forza di porli al centro del dibattito pubblico sin da oggi, superando i tatticismi e le prudenze di chi non si espone perché teme di identificarsi con una causa che suppone controversa, minoritaria e sostanzialmente sgradita alla confessione di maggioranza. Il tema va posto oggi, in questa legislatura, perché entri nelle piattaforme elettorali dei partiti che si accingono al confronto pubblico in vista del voto. Perché il Parlamento della prossima legislatura possa votare una buona legge sulla libertà religiosa, il tema deve crescere tanto all’interno dei partiti che della società civile. Neanche la politica può vivere di solo spread.

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Libertà religiosa/1. Presidente FCEI Aquilante: “L’urgenza di una buona legge”

Roma (NEV), 16 maggio 2012 – E’ quanto mai necessaria una legge sulla libertà religiosa in Italia al fine di superare le norme sui “culti ammessi” del periodo fascista. E’ quanto emerso dalla Giornata di studio promossa ieri a Roma dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) presso la Sala Mercede della Camera dei Deputati, nel corso della quale numerosi esperti, giuristi, politici ed esponenti religiosi cristiani, musulmani, buddisti ed induisti, si sono confrontati sulla delicata materia dalle molteplici implicazioni. Il Convegno dal titolo “Una legge sulla libertà religiosa – Urgente, inutile, impossibile?” – organizzato in collaborazione con la Commissione delle chiese evangeliche per i rapporti con lo Stato (CCERS) e il Dipartimento per la Libertà religiosa dell’Unione italiana delle chiese cristiane avventiste del 7° giorno (UICCA) – sembrerebbe aver sciolto la domanda: la risposta è stata sostanzialmente unanime a favore di una legge reputata non più procrastinabile.

Al termine del Convegno molta soddisfazione è stata espressa dal presidente della FCEI, Massimo Aquilante, che – raccogliendo l’appello dei politici rivolto alle minoranze religiose ad alzare la voce su questo tema – ha confermato che si tratta di un percorso che le chiese evangeliche intendono portare avanti, perché “è in ballo non solo la tutela delle minoranze religiose, ma la stessa qualità della democrazia italiana”.

Come efficacemente illustrato dalle minoranze religiose senza Intesa – buddisti, induisti e musulmani – che hanno portato la loro diretta testimonianza al Convegno, sono numerose le situazioni che, restando fuori da ogni copertura giuridica, quotidianamente vedono limitato il diritto fondamentale della libertà religiosa a migliaia di “credenti senza Intesa”. Si va dalla mancata assistenza spirituale nelle carceri e nelle strutture sanitarie fino a limitazioni nell’esercizio del culto strettamente inteso. “In un panorama religioso italiano sempre più pluralista per effetto dei flussi migratori, ma anche dei mutamenti nelle appartenenze religiose non più convenzionali, serve uno spazio pubblico aperto al confronto e al dialogo, volto a superare la logica della separatezza corporativistica”, ha detto Aquilante, aggiungendo: “Ora però, la nostra richiesta è rivolta alla politica perché prenda finalmente coraggio e decida di portare in Parlamento una buona legge sulla libertà religiosa, superando lo stallo legislativo verificatosi negli ultimi 20 anni”.

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Libertà religiosa/2. A favore di una legge, politici, giuristi, esponenti religiosi

Roma (NEV), 16 maggio 2012 – Il Convegno “Una legge sulla libertà religiosa – Urgente, inutile, impossibile?”, promosso ieri a Roma dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), si è aperto con la lettura del messaggio di saluto del presidente della Camera dei Deputati Gianfranco Fini, seguita dall’intervento del vicepresidente del Senato Vannino Chiti, per il quale “proprio perché la nostra è ormai una società multireligiosa, quella dell’attuazione reale del diritto alla libertà religiosa diventa fondamentale per la stessa coesione sociale e per la democrazia”. Chiti ha escluso che ci siano le condizioni per mettere in cantiere una legge in questa fine legislatura, ma ha sottolineato l’importanza di continuare il dibattito per favorire una maturazione sul tema. Facendo poi riferimento alle etiche (al plurale), ha aggiunto che “la libertà religiosa presuppone la costruzione di un autentico spazio di laicità, che non può essere limitato dal dibattito sui valori non negoziabili”. E affermando che una legge sulla libertà religiosa e il regime delle Intese non sono tra di loro antitetici, bensì complementari, ha reputato realistica una approvazione delle Intese ancora pendenti in Parlamento entro la conclusione di questa legislatura.

Alle ricche relazioni di Anna Nardini, coordinatore dell’Ufficio studi e rapporti istituzionali della Presidenza del Consiglio, e del prefetto Sandra Sarti, direttore centrale degli affari dei culti del Ministero dell’Interno, sono seguiti gli interventi dei giuristi Silvio Ferrari – che ha tracciato una possibile declinazione in quattro punti di una legge sulla libertà religiosa -, Francesco Margiotta Broglio – che ha messo l’accento sugli strumenti di diritto europeo ed internazionale già in vigore e vincolanti per l’Italia -, Marco Ventura – per il quale è importante che lo Stato sciolga soprattutto i nodi irrisolti che ha con la chiesa cattolica -, e Gianni Long, già presidente FCEI, che ha tracciato un quadro dell’impegno degli evangelici in materia.

A riprova che le confessioni religiose non sono affatto “ugualmente libere di fronte alla legge” come previsto invece dall’art. 8 della Costituzione, hanno portato la propria testimonianza gli esponenti di alcune comunità di fede con e senza Intesa: Tiziano Rimoldi per l’Unione avventista, Mariangela Falà dell’Unione buddhista italiana, Franco Di Maria dell’Unione induista, e Abd as-Sabur Turrini della Comunità religiosa islamica (COREIS). A concludere la tavola rotonda interreligiosa è stato don Gino Battaglia, direttore delll’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della CEI, per il quale una legge sulla libertà religiosa si inserisce “nell’orizzonte di ricerca del bene comune” e, con il contributo delle diverse fedi, “potrebbe rappresentare un momento della costruzione di una via italiana all’integrazione”.

I politici intervenuti a fine giornata hanno evidenziato una netta trasversalità: tutti d’accordo nel dire che una legge sulla libertà religiosa non solo è necessaria, ma serve agli italiani tutti. Ne sono convinti Fabio Mussi (SEL), Benedetto Della Vedova (FLI), Vincenzo Vita (PD). Dai due rappresentanti politici evangelici, Lucio Malan (PdL) e Sandro Oliveri (MpA), particolare enfasi è stata data alla situazione in Lombardia, dove una legge regionale sull’edilizia di culto introdotta nel 2006 limita di fatto il diritto ad aprire luoghi di culto a confessioni diverse dalla cattolica. In questo senso è stato ribadito, anche dai giuristi intervenuti, che il diritto di avere un luogo di culto è parte integrante del diritto fondamentale alla libertà religiosa.

Ha concluso il Convegno Paolo Naso, politologo e coordinatore della Commissione studi della FCEI, ponendo il problema dell’”anima” di questa legge e dell’idea di laicità che essa sottintenderebbe. Il dibattito, insomma, continua.