Il Papa e la nuova fiducia a Bertone

Andrea Tornielli
www.lastampa.it

I tempi del Papa non sono quelli della cronaca».È questa la ragione per cui, a due settimane dalle voci che parlavano di imminenti cambi ai vertici della Segreteria di Stato, Benedetto XVI con una lettera breve ma inequivocabile ha rinnovato la fiducia a Tarcisio Bertone, definendo «ingiuste» le critiche rivolte al cardinale.

Ratzinger ripete così ciò che aveva già affermato pochi giorni dopo l’arresto del suo maggiordomo, quando aveva rinnovato, in un momento delicatissimo di tensioni e veleni, la piena fiducia ai suoi più stretti collaboratori. Bertone dunque rimane. Dopo la stringata ma efficace missiva papale, decade l’ipotesi di un cambio dopo l’estate, ma appare anche allontanarsi una possibile successione a fine 2012, subito dopo che Bertone avrà compiuto 78 anni.

La chiave per leggere la lettera di ieri rimane dunque quella fatta filtrare dal Vaticano per smentire gli articoli che dieci giorni fa preannunciavano l’avvicendamento in Segreteria di Stato: i tempi del Papa non sono quelli della cronaca. E per di più la Chiesa non è solita reagire sotto pressione mediatica. Nominare un nuovo Segretario di Stato ora, o subito dopo l’estate, sarebbe equivalso a dar ragione ai «corvi» e ai loro ispiratori nei sacri palazzi, che hanno fatto filtrare documenti riservati avendo come bersaglio principale – anche se non unico – proprio Bertone. Le due circostanze non sono assimilabili, nemmeno lontanamente, ma anche in un caso ben più grave, nel pieno della bufera giudiziaria sullo IOR allora guidato dal vescovo Paul Marcinkus, la Santa Sede aveva reagito facendo quadrato attorno ai suoi uomini.

Riconfermare la fiducia a un collaboratore del quale conosce e riconosce pregi e difetti, ma del quale non è mai stata in discussione la fedeltà, vuol dire per Benedetto XVI garantire la pienezza delle funzioni del suo «primo ministro» attualmente in carica. Sia internamente, nei confronti della Curia romana, come pure a livello internazionale. Ciò non significa che l’anno prossimo, passata la bufera, Ratzinger non possa decidere di accettare la rinuncia presentata a suo tempo da Bertone al compimento dei 75 anni, accogliendo la disponibilità a ritirarsi che il Segretario di Stato ha ripetuto al Papa nei momenti più critici, sentendosi sempre rispondere di rimanere al suo posto.

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Ecco perché Bertone è finito

Sandro Magister
http://espresso.repubblica.it

Il punto critico di questo pontificato non è la contestazione, anche aspra, che lo martella ininterrottamente su vari terreni. Ma è l’avvenuta rottura di quel patto di lealtà interno alla Chiesa che si manifesta nella fuga di documenti riservati, dai suoi uffici più alti. Dalla contestazione, papa Joseph Ratzinger non si lascia intimidire. Non la subisce, anzi, sui casi cruciali la provoca, volutamente. La memorabile lezione di Ratisbona ne è stata la prima dimostrazione. Benedetto XVI mise a nudo la carica di violenza presente nell’Islam con una nettezza che stupì il mondo e scandalizzò nella Chiesa gli amanti dell’abbraccio tra le religioni. Invocò per i musulmani la rivoluzione illuminista che il cristianesimo ha già vissuto. Anni dopo, la primavera di libertà sbocciata e subito deperita nelle piazze arabe ha confermato che aveva visto giusto, che il futuro dell’Islam si gioca davvero lì.

GLI ABUSI SESSUALI commessi da preti su bambini e ragazzi sono un altro terreno sul quale Benedetto XVI si è mosso controcorrente, già prima d’essere eletto papa. Ha introdotto nell’ordinamento della Chiesa procedure da stato di eccezione. Per suo volere, da una decina d’anni tre cause su quattro sono affrontate e risolte non per le vie del diritto canonico, ma per quelle più dirette del decreto extragiudiziario spiccato da un’autorità di maggior grado. Marcial Maciel, il diabolico fondatore dei Legionari di Cristo, fu sanzionato così, quando ancora era universalmente riverito e osannato. Un’intera Chiesa nazionale, l’irlandese, è stata messa dal papa in stato di penitenza. Vari vescovi inetti sono stati destituiti. Sta di fatto che oggi al mondo non c’è alcun governo o istituzione o religione che sia più avanti della Chiesa di papa Benedetto nel contrastare questo scandalo e nel proteggere i minori dagli abusi.E’ un errore confondere la mitezza di questo papa con la sua remissività. O col suo estraniarsi dalle decisioni di governo. Anche la burrasca che sconvolge l’Istituto per le Opere di Religione, la “banca” vaticana, ha la sua prima origine proprio da lui, dal suo ordine di assicurare la massima trasparenza finanziaria. Non c’è governo al mondo le cui decisioni non siano discusse e contrastate, prima e dopo che siano diventate legge, in pubblico o in via riservata. Anche per la Chiesa di papa Benedetto è così. I conflitti interni documentati dalle carte fuoriuscite dal Vaticano fanno parte della fisiologia di ogni istituzione chiamata a prendere decisioni.

NON IL CONTENUTO dei documenti, quindi, ma la loro fuga è la vera spina di questo pontificato. E’ tradimento di quel patto di lealtà che tiene insieme chi è parte di un’istituzione, a maggior ragione della Chiesa, dove l’inviolabilità del “foro interno” e ancor più del segreto della confessione ispira una generale riservatezza nelle procedure. Gli ammutinati sostengono, anonimi, di farlo per il bene della Chiesa stessa. E’ una giustificazione ricorrente nella storia. Dallo scandalo dicono di voler ricavare una rigenerazione del cristianesimo. Ma a tanti loro sostenitori “laici” interessa che la Chiesa collassi. Non che sia rigenerata, ma umiliata. I conflitti entro le istituzioni si governano. Ma il tradimento molto meno. Esso è il segnale, piuttosto, di un governo che non c’è, che ha lasciato crescere nella curia romana la ribellione occulta di alcuni suoi “civil servant” e non ha saputo fare nulla per neutralizzarla. La segreteria di Stato vaticana, che da Paolo VI in poi è il primo attore del governo centrale della Chiesa, è inevitabilmente anche la prima responsabile di questa deriva. Benedetto XVI ne è così consapevole che, per rimettere ordine nei Sacri Palazzi, non ha incaricato il suo primo ministro, il cardinale Tarcisio Bertone, ma ha chiamato a consulto un collegio di saggi tra i più lontani da lui: per cominciare, i cardinali Ruini, Ouellet, Tomko, Pell, Tauran. Per un cambio di governo nella curia vaticana le pratiche sono già avviate. vaticano