La capitale mondiale degli stupri e altre storie

Mazzetta
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Poche persone sanno cosa succede nella Repubblica Democratica del Congo e cosa vi è successo nell’ultimo secolo e mezzo, e perché succeda è abbastanza intuitivo. Secondo stime conservative oltre 6 milioni di persone sono state uccise in Congo dal 1997, dall’epoca nell’Est del paese non sono mai state disarmate le numerose milizie locali e nemmeno quelle in fuga dal Ruanda che aiutarono il padre dell’attuale presidente Kabila a prendere il potere e poi lo uccisero. Sono il principale sbocco “lavorativo” per i residenti dell’Est del paese, miniere a parte. Solo nell’ultimo anno mezzo milione di congolesi è dovuto fuggire da casa, ma anche dai campi profughi, perché inseguito dalla violenza che si è riaccesa.

I RECORD – Il Congo è tra i paesi con il maggior numero di bambini soldato, arruolati a forza dalle milizie, ma anche dall’esercito congolese. In questa situazione lo sfruttamento di donne e bambini batte decisamente qualsiasi paese concorrente e insieme alle ricorrenti carestie ne uccidono in grande numero anche quando non li raggiunge la guerra. L’Est del Congo è la “capitale mondiale degli stupri” dove persino le truppe ONU hanno stuprato e dove lo stupro è sistematico e costante, usato come arma per distruggere le comunità, una guerra alle donne che ne fa le prede d’elezione e il premio per i soldati delle milizie. Su 72 milioni di abitanti ci sono oltre dieci milioni di bambini orfani o abbandonati, un numero enorme perché prosperano anche credenze locali alimentate dai predicatori evangelici che, sfruttando anche storiche superstizioni locali, campano esorcizzando bambini, Che così da molti in Congo sono considerati portatori di disgrazie e quando ne succede una vengono abbandonati o allontanati da casa, un fenomeno che interessa quasi tutto il paese.

CHI CI GUADAGNA – Problemi che non hanno quelli che ne impiegano 30.000 tra esercito e milizie o quelli che li impiegano nelle miniere, facendo del paese quello con “la peggior forma di lavoro minorile”, un lavoro che ne ha uccisi due milioni negli ultimi dieci anni. I duecentomila bambini che muoiono in miniera in Congo in un anno non ricevono nessuna attenzione, eppure il numero è spaventoso e di gran lunga superiore a quello di qualsiasi conflitto contemporaneo: E le sofferenze e le vite che sopportano prima di morire sono atroci, lo sanno tutti, ma non dice niente nessuno, compenso si organizzano buffonate come Kony 2012, tutti insieme contro un cattivo e tutti contenti. Sono quei bambini che procurano il coltan e altri minerali fondamentali per l’industria elettronica, l’oro e i diamanti, che a loro procurano schiavitù e sfruttamento e ai loro padroni la ricchezza.

IL TESORO – Il Congo è stato definito “uno scandalo geologico” per le sue ricchezze naturali ed è vasto circa come l’Europa Occidentale, i suoi settanta milioni di abitanti dovrebbero starci comodi e invece sono tra i più poveri del mondo, quelli con meno servizi e le peggiori speranze nel medio periodo. Nemmeno osservando le dittature confinanti, i signori della guerra locali e l’invadenza delle compagnie minerarie che sono arrivate ad armare eserciti sembra che sia cambiato molto dall’epoca coloniale o da quando Mobutu era il vicerè occidentale. Quella del Congo è una storia di olocausti dimenticati e ripudiati.

LA COLONIA PRIVATA – A metà del 1800 restava più o meno inesplorato solo il cuore dell’Africa, il resto era già colonizzato. Il figlio i re Leopoldo I sovrano del neonato Belgio, che diverrà poi Leopoldo II, arruolò l’esploratore Morton Stanley per esplorare il bacino del Congo e concludere accordi con i poteri locali. Nel 1885 al termine della Conferenza di Berlino, le potenze europee che avevano trattato le rispettive colonie concessero a Leopoldo II, che sventolava i contratti di Stanley, la proprietà privata sul Libero Stato del Congo, fin dal nome una beffa che portava i semi di una tragedia. Il riferimento alla libertà era motivato dalla missione che Leopoldo si assumeva: civilizzare i congolesi e proteggerli da chi li riduceva in schiavitù. Un pretesto, visto che il recente spegnersi dello schiavismo nelle colonie europee e negli Stati Uniti aveva ovviamente già privato i fornitori dell’unico sbocco commerciale.

IL PRIMO OLOCAUSTO – Nemmeno 20 anni dopo il governo belga prenderà in carico la colonia congolese, basta Libero Stato e basta amministrazione di Leopoldo II, che era riuscito nella difficile impresa di essere indicato come sanguinario e sterminatore da tutte le cancellerie d’Europa, dagli Stati Uniti e da quella che all’epoca era l’opinione pubblica occidentale, informata dalle denunce di star quali Mark Twain (“Il Soliquio di Re Leopoldo” disponibile gratuitamente in versione integrale su Internet), Joseph Conrad (Cuore di Tenebra) e Conan Doyle in The Crime of the Congo, ma soprattutto illustrata dai reportage fotografici, furono le immagini a rovinare Leopoldo, che corrompeva i giornalisti, ma che non riuscì a corrompere le prime Kodak.

LA TECNICA COLONIALE – Immagini e testimonianze che hanno raccontato di come per incentivare i nativi a raccogliere la gomma, gli uomini della compagnia di Leopoldo avessero arruolato alcune tribù e istituito un sistema per il quale donne e bambini erano detenuti e gli uomini lavoravano, se non raccoglievano abbastanza si tagliava una mano a uno dei familiari. Un tale livello di sfruttamento che secondo le cronache la popolazione del Congo in dieci anni passò dai 20 ai 10 milioni. Questa pratica d’incaricare alcuni gruppi etnici locali di gestire lo sfruttamento dei popoli vicini, il più classico divide et impera, creerà grandi tensioni al momento dell’indipendenza, lo sfruttamento criminale della popolazione fornirà un pessimo esempio ai locali, che dal civilizzatore per decenni riceveranno solo insegnamenti del genere

L’AMMINISTRAZIONE BELGA – Con l’amministrazione belga, profondamente razzista, il panorama non cambiò molto e i belgi non portarono troppa civiltà, tanto che nel 1960, l’anno dell’indipendenza, non c’erano 10 congolesi laureati. Coerente con la permanenza delle Statue di Leopoldo II che decorano ancora il Belgio, dove è ricordato come “il re costruttore”, il re Baldovino consegnando formalmente il paese ai congolesi disse: ”L’indipendenza del Congo costituisce la realizzazione dell’opera concepita dal genio di Leopoldo II. Opera intrapresa con coraggio e tenacia, e continuata con perseveranza dal Belgio“. Gli rispose male Patrice Lumumba, vincitore delle prime elezioni, che sopravviverà appena un anno.

L’ASSASINIO DI LUMUMBA – Le scuse del governo del Belgio e relativo riconoscimento di responsabilità e le confessioni dei soldati che lo assassinarono insieme ai suoi collaboratori, Joseph Okito e Maurice Mpolo non lasciano dubbi, il coinvolgimento della CIA è certificato dagli stessi documenti degli archivi americani. All’idea di Lumumba di chiedere l’intervento dell’ONU invece di quello dei belgi per reprimere rivolte fomentate dai nemici del suo governo, belgi e americani risposero alimentando le rivolte e quando Lumumba chiese l’aiuto sovietico, lo uccisero. «Ci mettemmo d’accordo con Devlin – racconta il colonnello dei servizi segreti belgi, Louis Marlière, che diventerà il consigliere strategico del dittatore Mobutu – per piazzare diverse microspie nell’ufficio di Lumumba. Il materiale fu inviato dalla Cia insieme alle istruzioni per eliminare il presidente congolese. Inizialmente Devlin mi aveva parlato di un misterioso agente della Cia, noto come Joe di Parigi, che avrebbe dovuto coordinare le operazioni, ma alla fine intervenimmo personalmente per ucciderlo». «Ricevetti un cablogramma che preannunciava l’arrivo di un ufficiale superiore con istruzioni particolari – conferma Devlin – e questo mi stupì. Non capivo perché non si limitassero a inviare semplicemente le istruzioni come sempre e si prendessero il disturbo di mandare un uomo. L’ordine arrivava direttamente da Eisenhower». I messaggi precedenti, infatti, insistevano solo sulla necessità di eliminare Lumumba e non parlavano di ulteriori interventi esterni. «Abbiamo raggiunto la conclusione – recita il cablogramma inviato a Devlin dal quartier generale della Cia il 26 agosto del 1960 – che se (Lumumba) continuerà a mantenere alti incarichi, il risultato inevitabile sarà il caos o addirittura l’apertura nei confronti del comunismo con conseguenze disastrose per il prestigio delle Nazioni Unite e per gli interessi del mondo libero in generale. Concludiamo, quindi, che la sua rimozione è un obiettivo urgente e primario e che nelle attuali condizioni dovrebbe essere una priorità delle nostre azioni segrete».

IL KILLER – “Avevamo fucilato Lumumba nel pomeriggio – racconta Soete alla commissione parlamentare belga incaricata delle indagini a 40 anni di distanza dall’omicidio -. Poi tornai nella notte con un altro soldato, perché le mani dei cadaveri spuntavano ancora dal terriccio. Prendemmo l’acido che si usa per le batterie delle automobili, dissotterrammo i corpi, li facemmo a pezzi con l’accetta; poi li sciogliemmo in un barile, facendo tutto di fretta, perché non ci vedesse nessuno». La notte atroce del 16 gennaio del 1961 fu presto archiviata dall’opinione pubblica e anche dai suoi assassini. Durante tutta l’intervista, ripresa dal regista Michel Noll, Soete ha continuato a passarsi di mano in mano i due denti d’oro che aveva strappato al cadavere di Lumumba. «Li ho conservati per ricordo – conclude l’ex militare ridendo – perché qualcuno dice che tornerà dalla tomba. Comunque, se tornasse, avrebbe due denti in meno!”.

ERA LA GUERRA FREDDA? – Dei veri civilizzatori. Tra le vittime di questo risiko coloniale si contarono anche il Segretario generale dell’ONU dell’epoca, Dag Hammarskjold e 13 aviatori italiani in missione con l’ONU. Non erano graditi e non certo dagli uomini di Lumumba che li aveva invitati nel paese. Seguirono tre decenni di dittature del fido Mobutu, che giocava al nazionalista e cambiò anche il nome al paese, ma che non fu altro che il garante degli antichi privilegi coloniali sullo sfruttamento delle ricchezze del paese. Alla sua morte non esisteva ancora uno stato congolese e non esisteva ancora un popolo congolese, ma in compenso esistevano ancora grandi interessi per i tesori del Congo e il desiderio da parte di nuove compagnie minerarie straniere a sloggiare quelle storiche, attive da prima dell’indipendenza.

LA VERITA’ STORICA RIPUDIATA – Fino al riconoscimento ufficiale da parte del Belgio, chi raccontava fedelmente l’assassinio di Lumumba era ovviamente in nettissima minoranza, ma che nemmeno dopo è cambiato molto, tanto che anche negli anni successivi molti commentatori formatisi all’epoca della Guerra Fredda continueranno imperterriti a raccontare un Lumumba ucciso dai suoi.

I MASSACRI IMMANI – Nel paese, dopo l’olocausto ruandese che reclamò un milione di morti e che è sicuramente figlio degli eventi in Congo e in Uganda, ma anche responsabilità degli americani e dei francesi, si contarono quindi cinque milioni di morti nella Seconda Guerra del Congo (’98-2003), detta anche la prima guerra mondiale africana, alla quale parteciparono eserciti di otto paesi africani mentre i padrini coloniali e interessi economici mettevano armi e denaro nel conflitto alimentando oltre 20 gruppi armati. Un conflitto per il quale ha molte responsabilità l’amministrazione Clinton, che di fatto mise e mantenne al potere gli attuali dittatori di Congo, Uganda e Ruanda che a distanza di un decennio si sono rivelati parte del problema, se non il problema, ma che nonostante tutto hanno continuato a ricevere l’appoggio di Bush e poi di Obama, con gli ex referenti coloniali nell’area che a volte si sono coordinati con gli americani e a volte no, in un tourbillon di doppi e tripli giochi che hanno sempre avuto un solo premio: le ricchezze del Congo.

LA STORIA E CHI LA RACCONTA – Non stupisce che se ne parli poco o che se ne parli in maniera poco rispettosa della realtà. In Congo sanno da tempo di non avere voce, lo sapeva già Lumumba, che si augurava:
“Un giorno la storia parlerà con la sua voce, ma non sarà la storia che insegnano all’ONU, a Washington, Parigi, Bruxelles, ma la storia che sarà insegnata nei paesi liberati dal colonialismo e dalle sue marionette. L’Africa scriverà la sua stessa storia. Una storia di gloria e dignità”. Un giorno che non è ancora arrivato