Le donne, oggi – Fra coscienza del diritto al lavoro e crisi capitalistica di L.Menapace

Lidia Menapace
www.womenews.net

Notizie sull’effetto che la crisi capitalistica ha nei confronti delle donne incominciano ad arrivare. Le N.U. segnalano che la perdita di posti di lavoro per le donne si misura in 12 milioni, a causa della crisi capitalistica.

Si tratta di una antica “ricetta” del capitale, che ha sempre considerato il lavoro delle donne non un diritto, ma una merce a disposizione, da trattare secondo disponibilità del mercato, sicchè la forza lavoro femminile si chiamava “esercito di riserva” da trattenere in servizio in tempi di prosperità, da rinviare a casa nei periodi di crisi. Con ciò si ottenevano due effetti, quello di aumentare una disoccupazione socialmente più “tollerabile”, data la storica assenza delle donne dal lavoro industriale capitalistico e -secondo non minore effetto- facendo delle donne un fortissimo strumento di pressione verso mariti padri figli perchè non scioperino nè lottino, ma si limitino a lavorare a testa bassa, per non rischiare di perdere l’unico salario e sostegno economico della famiglia. Addirittura le donne che perdevano il lavoro non erano definite disoccupate, non si tenevano statistiche, scomparivano tra le casalinghe, e per legge potevano essere licenziate per matrimono o maternità .

Oggi si presentano condizioni di difficoltà che si scontrano con una coscienza delle donne di avere diritto al lavoro abbastanza consolidata, ma non ancora del tutto ferma: nessuna ragazza o donna dice più -come ancora si usava negli anni cinquanta- :” mio marito o il mio ragazzo vuole o non vuole, mi lascia o non mi lascia lavorare”, o anche “lavoro perché un salario solo non basta” cioè la coscienza delle donne rispetto al lavoro non era quella di un diritto, ma di una opportunità possibile: oggi va un po’ meglio e le donne che devono restare a casa sentono che vien loro fatto un torto; ma la materialià della disoccupazione è molto pesante e il rilancio del familismo più bieco avrà qualche effetto. Anche perchè qualche commentatore incomincia ad attaccare la solfa che al posto del Welfare (che non c’é già più) si può fare il Welfare famigliare, che è giusto che chi ha di più paghi di più sanità e scuola ecc. Anche Napolitano appoggia questa tesi reazionaria.

Dico subito che chi ha di più deve dare più tasse e con ciò contribuire a ripristinare il Welfare universalistico, e che il Welfare famigliare si chiama scientificamente “servizio sociale onnicomprensivo non pagato”, cioè la casalinga e che il lavoro non pagato si chiama schiavitù.

La distruzione dello stato sociale è il segno più vistoso che la crisi del capltale è a un punto per il quale non è più riformabile. Bisogna aver chiaro ciò, altlrimenti si chiamerà riforma la distruzione / privatizzazione dei servizi e si tornerà a prima degli anni cinquanta, il che significa un arretramento anche rispetto agli anni cinquanta.

C’è chi pensa anche tra le femministe che siamo nel pospatriarcato, ma siamo invece a una delle forme più forti della crisi strutturaie e globale, siamo al dilemma o alternativa o barbarie.

Che cosa deve ancora accadere perchè la sinistra si renda conto che il capitale sta andando all’attacco del nuovo proletariato ormai fatto soprattutto di donne ragazze ecc. scolarizzate, dotate di titoli di studio capacità competenze, che si tende a respingere verso l’ignoranza e la subalternità?

Davvero i maschi che non si decidono a diventare uomini, ma restano prigionieri di istinti animali (restando indietro di un anello nella catena evolutiva) sono un peso intollerabile e portano al capitale un soccorso che è nuova barbarie. Resta inspiegabile che uomini colti gentili , magari persino di sinistra, o dicentisi addiritura comunisti non vedano e assistano senza far nulla persino al femminicidio, alla cancellazione di leggi duramente conquistate: infatti assistono indifferenti al rilancio del ruolo riproduttivo, alla distruzione dei consultori, all’ obbligo di obiezione verso la 194 in tutti gli ospedali privati religiosi, ai nuovi conseguenti casi di infanticidio. E a proposito di femminicidio si tende da parte di giuristi a ripristinare il delitto d’onore (raptus e incapacità di intendere e di volere; anche al tentativo di ripristinare la schiavitù del domicilio (“se stava a casa sua non le succedeva nulla”), come se gli stupri e le percosse non fossero reati che avvengono soprattutto in famiglia o per opera di mariti compagni fidanzati.

Spero che non staremo zitte a lungo, alla Convenzione No more contro il femminicidio bisogna aggiungere altre convenzioni per respingere qusta terribiie barbara onda di patriarcato che appoggiando il capitalismo in crisi ne aggrava e accresce la barbarie.

Pare strano constatare che uomini colti e importanti e che si dicono di sinistra non si accorgano di ciò:davvero il potere che hanno ostacola la loro presa di coscienza: levarglielo è una operazione di igiene sociale.

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TELEPATIA. LA PROSTITUZIONE È UN MESTIERE, NON UN REATO
Lidia Menapace | 10.12.2012

Vedo volentieri il programma di Oliviero Beha sulla rete 3, perchè stimo l’autore e mi piace il suo tono dimesso interrogativo dubbioso.

Il tema prostituzione/escort trattato nell’ ultima puntata di Telepatia mi ha interessato molto e vorrei solo suggerire a Beha di chiamare consulenti che abbiano dedicato tempo e interesse specifico alla tematica, e non solo si raccomandino per essere persone serie colte non bigotte, specialmente quando si tratta di questioni che riguardano le donne, e che non hanno mai storia o meglio la storia non è mai raccontata.

Credo non sia giusto saltare il dibattito sulla legge Merlin che tra l’altro abolì lo sfruttamento di stato della prostituzione attraverso le tasse ricavate dalle case di tolleranza ecc. , nè le vicende del Comitato per i diritti civili delle prostitute che fu partecipe e guida della lotta delle prostitute italiane per liberarsi dei magnaccia e autorganizzarsi. Resta naturalmente aperto il tema delle prostitute fatte venire con l’inganno dai paesi di migrazione ed esposte alla più feroce segregazione e sfruttamento. Altrimenti capita di sentire una donna peraltro colta sensibile e non di idee ristrette lasciar quasi intendere che sarebbe meglio avere di nuovo i casini, come li avrebbero gli altri paesi “più avanzati”. Se intende le vie a luci rosse della “avanzata” Olanda , non ha mai visto la tristezza di quella soluzione.

A me pare che la evoluzione corretta del problema sia nel riconoscere che la prostituzione è un mestiere, non un reato, che ne deve perciò essere protetto l’esercizio (ad esempio, se si vuol regolamentare la sua presenza lungo le strade, bisogna che i sindaci trattino con i comitati delle prostitute; se esse lamentano che i clienti pretendono rapporti non protetti, la polizia intervenga per violenza sessuale ecc.ecc.) Autorganizzazione significa che gruppi di prostitute possono affittare uno o più appartamenti ed esercitarvi il loro mestiere o abitarli, senza schedature ecc.

Devo dire comunque che la parte rivolta alle escort mi ha molto colpita e sono d’accordo con l’intervento di una giovanissima studente che ha detto di condividere il loro atteggiameno di rivalsa verso i clienti ricchi così come mi ha molto convinta la coscienza di sè che era presente in alcune tra le escort intervistate.

Naturalmente se si pensa a qualcosa che vada oltre il capitalismo e la sua tendenza a ridurre tutto a merce, bisogna pensare a rapporti liberi e relazioni paritarie e non di sfruttameno, di piacere e non di possesso violento, ma fino a che il mercato domina tutti i rapporti umani non è lecito giudicare con scandalo una prestazione sessuale, mentre non si considera prostituzione quella di un o una giornalista, che vende la propria penna o di un ricercatore/trice che si impegna a dimostrare per interesse che il clima non è cambiato o che le emissioni velenose di varie produzionie industriali sono compatibili con la salute.

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UXORICIDIO
Lidia Menapace | 20.12.2012

Il fatto che -si può dire ogni giorno- una donna venga uccisa dal proprio marito o compagno in casa o all’ultimo appuntamento accettato da sola, dopo storie di assoluta arcaicità, è molto doloroso. Ma gli stupori virtuosi e le meraviglie piagnucolose e le geremiadi sui bei tempi antichi sono ipocrisia pura.

Nei bei tempi antichi era così frequente che mariti uccidessero le mogli, che il reato specifico si chiana “uxoricidio”, che vuol dire “uccisione della moglie” (in latino uxor). E poichè invece che le mogli uccidessero il marito era stato sempre cosl raro, il nome del reato vale anche nei pochissimi casi in cui mogli abbiano ucciso i mariti. È forse l’unica volta nella lingua italiana in cui un femminile non marcato vale come neutro universale.

Ma perchè allora si è inventata la parola “FEMMINICIDIO”? Alcune giornaliste storcono il naso e non amano il termine. Basta che riprendano il più aulico uxoricidio, no?

Il fatto è che se si inventa un nuovo nome, sembra che vi sia una novità. Invece il fatto col suo nome antico segnala una regressione tremenda, una barbarie: si poteva sperare che da quando il femminismo ha insegnato alle donne ad analizzarsi e a conoscere anche le miserie della sessualità del genere femminile (sottomessa, riservata, ruolizzata,disponibile ecc.ecc.) si poteva dunque sperare che anche gli uomini facessero qualcosa di simile a se stessi, cioè si decidessero a diventare da maschi uomini. Ma l’ondata di barbarie ha respinto tutti e tutte in una regressione drammatica e le mogli ridiventano terribilmente oggetti di proprietà dei maschi: non si vorrà chiamare “modernità” tutto questo, vero?

O non si sta pensando a ristabilire Il delitto d’onore, il matrimonio riparatore, la verginità, e l’aborto clandestino, nonchè il “divorzio all’italiana”?.