Libera Chiesa liberante di M.Vigli

Marcello Vigli

Il titolo, intenzionalmente provocatorio, del libro Libera Chiesa (*), che Gilberto Squizzato ha scritto per far memoria di cristiani a cui non è mai piaciuto il potere, non deve trarre in inganno.

A rivendicare la libertà della Chiesa erano, sulla fine del secolo XIX, i cattolici italiani auto-esclusi dal processo di unificazione nazionale, che pure, da neo-guelfi, avevano contribuito a promuovere. In verità chiedevano privilegi per una Chiesa, che con il Sillabo aveva formulato una dura condanna dei principi in nome dei quali quella rivendicazione veniva proclamata. Ancor oggi, quando quei privilegi sono stati assicurati grazie al regime concordatario, si chiede libertà per le scuole confessionali, ma si intende parlare di finanziamenti. Una conferma è venuta nel discorso del 6 dicembre u.s. del cardinale Scola, che ha preteso anche di impartire una lezione di laicità dopo aver sostenuto che la libertà religiosa è stata profondamente innovata dal Concilio Vaticano II con la Dichiarazione Dignitatis humanae .

Squizzato intende tutt’altro: una libera Chiesa che solo in quanto tale è anche liberante.

Libertà nella Chiesa perché possano esprimersi i carismi e tutti possano portare il loro contributo nella ricerca di forme di evangelizzazione sempre più aderenti ai contesti sociali a cui è rivolta. Libertà nella ricerca teologica non per incrementare dispute e contenziosi, ma come condizione necessaria per un armonico sviluppo del rapporto dialettico fra profezia e istituzione. A sostegno della sua tesi non elabora eruditi argomenti teologici, pur senza ignorarli, ma offre una documentata rassegna dell’esercizio della libertà nella Chiesa da parte di preti e laici che si sono assunti la responsabilità di proporre nelle opere e negli scritti una chiesa profetica non impegnata a conquistare e conservare spazi di potere. Diversi nelle loro esperienze di vita, nei settori di intervento e negli interessi culturali convergono nel proporre un’associazione rigorosa fra povertà e libertà della Chiesa. Povera per essere libera.

Per il resto ciascuno ha percorso un proprio cammino di libertà, specie nei rapporti con la struttura istituzionale e nell’obbedienza alle superiori autorità, anche perché vissuti in tempi e contesti diversi. Prima e dopo il Concilio, sotto il pontificato di Pio XII e di papa Giovanni, in diocesi rette da mons. Florit o da Padre Pellegrino.

E’ importante questa notazione perché in questi “distinguo”, che l’autore sottolinea, testimonia il suo orientamento non pregiudizialmente antistituzionale, pur se è molto esplicito e puntuale nell’evidenziare le censure e le forme di vera e propria repressione e usate nei confronti dei preti di cui scrive.

Ce ne furono per Mazzolari, Milani, Mazzi, Barbero e Giudici chiamati confrontarsi con il loro vescovo, ma anche per Turoldo, Balducci, e Lutte stretti fra i superiori delle loro Congregazioni religiose e la Santa Sede. Questa è stata, invece, direttamente impegnata, prima, ad emarginare Giovanni Franzoni, destituendolo da abate, e a ridurlo, poi, allo stato laicale. A ciascuno di loro Squizzato dedica un capitolo del suo libro raccontando le loro vicende, presentando la loro “opera”, facendo menzione dei loro scritti riportandone ampie selezioni.

Di Mazzolari sottolinea l’intreccio fra l’impegno pastorale e politico-culturale, entrambi all’insegna dell’opposizione all’acquiescenza ufficiale ai regimi imperanti: la dittatura fascista prima il monopolio democristiano poi. Di Turoldo e Balducci rilevante è l’azione culturale per la deconfessionalizzazione della presenza cattolica nella società, attraverso la Corsia dei Servi l’uno e la rivista Testimonianze l’altro, inserite in un’intensa attività di promozione di convegni ed incontri.
Tutto particolare il profilo di Lorenzo Milani calato nella sua scuola di Barbiana sede di un esilio che avrebbe dovuto emarginarlo del tutto e che invece ha fatto di lui e del testo, elaborato con i suoi allievi Lettera ad una professoressa, il punto di riferimento del sessantotto studentesco in Italia e non solo.

Un percorso diverso quello che accomuna Mazzi, Franzoni, Barbero, Lutte e Giudici che, rompendo con la tradizione modernista della testimonianza individuale, condividono con altri, coinvolgendosi alla pari in una dimensione comunitaria, la ricerca di una “chiesa altra”. Ciascuno con un suo percorso particolare, ben documentato dall’autore, ma inseriti tutti nel clima nuovo creato dall’intreccio fra gli esiti del Concilio e la contestazione antiautoritaria esplosa alla fine degli anni sessanta.

Con loro nasce e si sviluppa il movimento delle Comunità di base che, insieme all’esperienza dei preti operai e la riappropriazione della parola nella chiesa da parte delle donne, costituiscono negli anni del post-Concilio una spinta collettiva all’affermarsi di una chiesa non politica, ma profetica. Con particolare attenzione l’autore, mentre ridimensiona il carattere innovativo della richiesta del sacerdozio alle donne, documenta ed esalta l’emergere, radicalmente nuovo, della teologia al femminile i cui esiti sintetizza nella suggestiva espressione depatriarcalizzazione del divino.

Per rafforzare la proposta di chiesa, che implicitamente presenta in queste sue pagine, l’autore nella conclusione mostra di condividere l’opinione di chi è convinto che ormai il modello che ha retto per secoli sta mostrando crepe sempre più evidenti. Fonda questa sua convinzione sulla bomba deflagrata sui media internazionali con la notizia dello scontro durissimo in atto ai massimi vertici del Vaticano per il controllo dello Ior e sull’immagine devastante dei vertici della Chiesa che si diffonde in seguito alla divulgazione di informazioni e valutazioni contenute in documenti riservatissimi sottratti dalla scrivania del papa.

Dopo avere citato denunce più o meno autorevoli provenienti dall’interno della comunità ecclesiale,
Squizzato sembra rifugiarsi nella speranza nell’avvento di un papa radicalmente innovatore rilanciando l’immagine di papa Francesco I, protagonista del romanzo fantateologico Habemus papam, imposto direttamente dallo Spirito Santo sulle schede dei cardinali riuniti in conclave.

Ben presto, però, si dissocia da questa immagine ponendo nelle ultime righe delle sue 377 pagine
l’interrogativo chiaramente retorico: E non sarebbe ancora una volta peccato di clericalismo quello di attendersi da un papa decisioni forti, per quanto giuste e irrinunciabili perché imposte dal Vangelo?

Con questa incursione nell’attualità l’autore rivela che la sua scelta di far memoria del passato non è solo un doveroso omaggio a testimoni di una chiesa profetica, ma un consiglio a trarre insegnamento da quel passato a chi, specie ai giovani, è impegnato a costruire una “chiesa altra”

(*) Gilberto Squizzato, Libera Chiesa. Storie di cristiani a cui non è mai piaciuto il potere, Edizioni Minimum fax, Roma,2012