L’Italia cattolica: non roccaforte ma deserto

Alessandro Chiometti
Newsletter di Cronache Laiche, 27 dicembre 2012

Si può dire che il saggio di Marco Marzano “Quel che resta dei cattolici” (Feltrinelli 2012) apra il vaso di Pandora sulla situazione reale del cattolicesimo in Italia e lo fa nel modo meno confutabile, ovvero riportando dati raccolti sul campo e interviste ai diretti interessati. Il libro illustra una condizione che dovrebbe rappresentare per le gerarchie vaticane, casomai ne prendessero atto, un brusco risveglio dai già poco confortanti dati dei censimenti Istat.

I fatti parlano di un paese ben lontano dall’essere una roccaforte che resiste alla secolarizzazione europea come qualcuno continua a proporre, ma che sta seguendo l’inevitabile flusso di secolarizzazione del continente. Solo che, semplicemente, parte da un livello di partecipazione più alto ai rituali del cattolicesimo rispetto ai paesi “fratelli”.

Il lavoro di Marzano, sociologo dell’università di Bergamo, si compone di tre parti. La prima è un’analisi dettagliata di quanto sia effettivamente partecipato il cattolicesimo in Italia prendendo in esame tre punti fondamentali: la presenza alla messa domenicale, i rituali dei matrimoni e quelli dei funerali. La seconda è una disamina di quelle figure sacerdotali che riescono in qualche modo a tener duro alla inequivocabile crisi del cattolicesimo nel nostro paese. La terza è un’indagine sul movimento neocatecumenale che sta prendendo sempre più piede all’interno della Chiesa cattolica.

La prima parte è impietosa nel mostrare come, dati alla mano, la partecipazione alle messe domenicali si attesta su valori che non superano mai il 10% degli abitanti delle diocesi esaminate con età media dei partecipanti molto alta. A questo dato, che ridimensiona e ridefinisce molto il concetto di “cattolico praticante” nel nostro paese, si aggiungono i numeri su chi partecipa ai corsi prematrimoniali obbligatori (ma anche no) per sposarsi in chiesa.

Anche qui i dati raccolti sul campo parlano di due tipi di partecipanti: quelli del tipo “sbrighiamoci a toglierci questo dente”, che partecipano distratti e assenti alle “sedute” e anzi vanno a cercare le parrocchie che propongono il minor numero di incontri, e quelli fortemente critici verso ciò che viene raccontato dal parroco e dai catechisti in particolar modo per quanto riguarda i temi della convivenza prematrimoniale e dei figli avuti al di fuori del matrimonio. I cattolici praticanti convinti della correttezza del catechismo della Chiesa cattolica sono un’esigua e trascurabile minoranza.

Per i funerali poi, nonostante la Chiesa mantenga il privilegio di una posizione ultradominante nel settore, ci sono da registrare le continue lamentale dei parroci verso l’atteggiamento dei loro fedeli che hanno pretese da “reality show” per la cerimonia di addio completamente aliene dalla cultura cattolica («Perché non se le vanno a fare al bar queste cerimonie?» commenta desolato un prete). Segno evidente che anche in questo campo le cose si fanno per una consuetudine che niente ha a che vedere con la fede; probabilmente, dice Marzano, se si consolideranno le figure di celebranti “alternativi” vedremo presto un crollo verticale della partecipazione a questi riti.

La seconda parte del saggio illustra le due figure dei preti che resistono («in un fortino assediato» come metaforizza l’autore) a questo sfacelo e sono ancora in grado di mantenere comunità vive e coinvolgere i ragazzi: sono il «prete progressista» e il «prete carismatico». Mentre il primo riesce a coinvolgere la comunità delegando ai laici le funzioni organizzative, il secondo accentra sul suo carisma la comunità, che si regge solamente sulla sua figura.

La terza e ultima parte del libro parla dei neocatecumeni di Kiko Argüello che hanno un peso sempre maggiore nella Chiesa. Senza entrare nei dettagli dei racconti dei fuoriusciti e dei riti propri del movimento, possiamo dire che questo rientra perfettamente nella definizione sociologica di “setta religiosa” come del resto altre indagini hanno dimostrato per l’Opus Dei e i Legionari di Cristo e chi più ne ha più ne metta.

Quello che lascia l’autore al lettore in conclusione del libro è al tempo stesso una constatazione e una domanda. La Chiesa cattolica in grave e forse irreversibile crisi di vocazioni e di partecipazione cerca di riprendere fiato dando sempre più spazio a movimenti in crescita che però sono a tutti gli effetti sette religiose (l’unica differenza con quelle non cattoliche è che le prime prestano un giuramento di ubbidienza al papa e alle gerarchie).

Ma la Chiesa che ha la pretesa di essere “universale” è per definizione antitetica a una setta religiosa, e quindi cosa succederà a causa di questa sua progressiva tendenza? Per l’autore i benefici (per la Chiesa cattolica) sono superiori ai rischi. Possiamo condividere il suo parere se limitato a una visione a breve termine; nel lungo, a nostro avviso, si aprono scenari davvero imprevedibili.