Silenziare

Rossella Grasselli
Gruppo di controinformazione ecclesiale – Roma

8 gennaio 2013

Silenziare: costringere al silenzio qualcuno; impedirgli l’espressione delle opinioni (Battaglia, Dizionario della lingua italiana, Utet).

Nel flusso continuo delle informazioni le parole sembrano uguali o intercambiabili come pezzi di un puzzle che alla fine acquisterà un senso. Ma quale senso? Il discorso di un politico che insista su una parola simile rivela più di quanto sia dichiarato esplicitamente, anche se rettificato. Di fatto esprime una forma di autoritarismo che si nutre della convinzione di sapere cosa serva veramente al Paese.

Dal populismo alla tecnocrazia c’è una continuità evidente. E’ sempre in uno stato di eccezione che si accetta di svendere pezzi di libertà e di consegnarsi nelle mani di chi sa cosa fare nelle situazioni di emergenza.

Ecco il punto: ritenere che viviamo costantemente in uno stato di pericolo imminente perché ci si possa abituare a farsi silenziare. In questi anni nel nostro Paese si sono sperimentati sia il populismo sia la tecnocrazia con esiti diversi ma sostanzialmente simili nel ridurre la rappresentanza politica a mera illusione. Troppo faticoso rimettere in moto la partecipazione, la condivisione di obiettivi, non è più semplice silenziare?

Sembra esserci un comune sentire tra le tecnocrazie politiche e quelle religiose. Per la legge dei vasi comunicanti certe consuetudini sembrano trasferirsi da un “corpo” all’altro. Si tende a riunirsi in luoghi segreti (ancora un convento), a privilegiare la comunicazione calata dall’alto ma nello stesso tempo a enfatizzarla come illuminante. Ecco, speriamo di non diventare un popolo di illuminati.