Sul nuovo vescovo di Roma, Francesco

Stefano Toppi
Cdb San Paolo, Roma

Che dire del nuovo “vescovo di Roma”? Non vorrei unirmi al coro di osanna che da ogni parte si levano nel commentare l’elezione del nuovo, appunto, vescovo di Roma che preannunciano il ritorno di una nuova estesa, da destra a sinistra, entusiastica “papolatria”.

Tutte e tutti si affannano nell’interpretare le singole parole e i singoli gesti con cui il Jorge Mario Bergoglio si è presentato. Non senza ragione, però. La semplicità con cui si è posto, soprattutto il non chiamarsi mai papa ma semplicemente vescovo di Roma, ricordando che è “colui che presiede nella carità” (che abbia letto il nostro comunicato?), il suo sorprendere chiedendo che fosse il popolo a invocare la benedizione su di lui prima che lui lo benedicesse, sono tutte parole e gesti che fanno ben sperare.

I cristiani “conciliari” di tutto il mondo potranno augurarsi e pregare che Francesco si muova sulle orme di Giovanni XXIII e che magari porti a compimento le indicazioni del suo confratello cardinal Martini. Al primo punto, un nuovo Concilio generale della Chiesa cattolica con all’ordine del giorno una serie di temi urgenti: approfondimenti e sviluppi dell’ecclesiologia di comunione del Vaticano II; la carenza in qualche luogo già drammatica di ministri ordinati ; la posizione della donna nella società e nella Chiesa; la partecipazione dei laici ad alcune responsabilità ministeriali; la sessualità; la disciplina del matrimonio; la prassi penitenziale; i rapporti con le altre chiese cristiane; il rapporto tra democrazia e valori e tra leggi civili e legge morale.

Al secondo, una sostituzione della Curia seguendo il consiglio dello stesso Martini: “Io consiglio al Papa e ai vescovi di cercare dodici persone fuori dalle righe per i posti direzionali. Uomini che siano vicini ai più poveri e che siano circondati da giovani e che sperimentino cose nuove.”

Ma avrà la forza di almeno mettere mano alla riforma se non all’azzeramento dell’attuale curia? E di rivedere la gestione delle risorse economiche della Chiesa, cercando una modalità diversa dallo IOR? Avrà la volontà di ridare smalto ed efficacia ad una reale collegialità, estesa a rappresentanti di tutte le componenti del popolo di Dio, donne e uomini?  E tante altre sarebbero le domande da porre.

Siamo ben consapevoli che questo, come tutti gli altri Cardinali elettori in Conclave, sono stati nominati dai due predecessori e che quindi non sia ascrivibile in partenza tra i “progressisti”. Ma in questo momento è forse opportuno aspettare a giudicare dai suoi primi atti, anche qualcosa in più dei primi cento giorni.