Lettera aperta a Papa Francesco

Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese

Ci rivolgiamo a lei, Papa Francesco, nel suo ruolo di Capo dello Stato della Città del Vaticano, essendo a questo titolo che lei riceverà il 30 di questo mese il Capo dello Stato di Israele, Shimon Peres. Apprendiamo dalla stampa che nell’incontro saranno discussi “alcuni punti molto spinosi in campo fiscale e giurisdizionale” di ”un delicato negoziato” in corso da quasi 15 anni, che riguarda anche la “restituzione alla Custodia francescana del Cenacolo”.

A quanto è dato di sapere, nell’agenda del colloquio mancherebbe un argomento che ai suoi occhi non può non apparire ancor più delicato spinoso ed importante: la sofferenza causata direttamente e volutamente a milioni di persone dallo Stato di cui lei si prepara a ricevere il capo. Ci riferiamo come è evidente al popolo palestinese, che Israele tiene nella West Bank sotto una pesante occupazione e nella Striscia di Gaza sotto un ferreo assedio.

Che ciò avvenga in aperta e sistematica violazione del diritto internazionale ed in spregio alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo è noto a tutti ed è ampiamente documentato, anche se l’Occidente finge di ignorarlo.

L’occupazione è stata dichiarata illegittima da ben 87 Risoluzioni dell’ ONU, la prima delle quali è la 242 del ’67, che imporrebbero a Israele di ritirarsi dai territori occupati; altrettanto illegali ai sensi della IV Convenzione di Ginevra del 1949 sono i 140 insediamenti costruiti su terreni arbitrariamente espropriati ai legittimi proprietari palestinesi, nei quali abitano e lavorano 650.000 coloni israeliani; la costruzione del muro che taglia i territori palestinesi è stata condannata dalla Corte Europea di Giustizia il 9 luglio 2004 e dall’Assemblea Generale dell’ONU il 2 agosto 2004, ma il muro è ancora lì. Non meno illegittimo è il programma di costruzione in Gerusalemme Est di 15.000 appartamenti riservati a cittadini ebrei.

Dal 1967 ad oggi oltre 800.000 palestinesi, di cui 15.000 donne, sono stati imprigionati e dal 2000 oltre 8.000 bambini. Ciò in applicazione per lo più di Ordinanze Militari che regolamentano minutamente la vita della popolazione occupata. I processi si svolgono presso tribunali militari e non offrono alcuna garanzia per gli imputati.

Al primo febbraio di quest’anno, secondo la denuncia di Addameer, erano ben 4.812 i prigionieri palestinesi rinchiusi nelle carceri israeliane, di cui 219 minori, 31 dei quali sotto i 16 anni. Nell’intera filiera repressiva, dall’arresto alla detenzione, come è stato constatato da osservatori dell’Onu e denunciato dall’Assemblea Mondiale dei Medici e da Amnesty International, sono diffusamente praticate varie forme di tortura dalle quali non scampano neppure donne e minori.
Cos’altro dunque deve compiere lo Stato di Israele perché la sua politica venga fermamente condannata dal consesso internazionale e lo si obblighi al rispetto della legalità?

Ci auguriamo fortemente, Papa Francesco, che nell’agenda del colloquio con Shimon Peres lei voglia fare inserire il tema della strisciante ed asimmetrica guerra che Israele conduce contro i palestinesi e che su questa tragedia lei voglia assumere una ferma posizione in difesa di un popolo oppresso. Accolga se non il nostro appello – siamo poca cosa, lo sappiamo – quello che lei certamente conoscerà che fu lanciato nel dicembre del 2009 con il titolo Kairòs Palestina – Un Momento di Verità dai più autorevoli esponenti dei cristiani palestinesi che non hanno denunciato le crescenti difficoltà della loro presenza in Palestina ma il martirio del popolo palestinese e l’appello dei numerosi prigionieri politici palestinesi che per rivendicare il rispetto del diritto e della propria dignità sono da mesi in sciopero della fame. Qualcuno di essi ormai è in fin di vita.

Restiamo in fiduciosa attesa.