Edicole e supermercati di B.Manni

Beppe Manni
Gazzetta di Modena 8 maggio 2013

Il 2 maggio un folta rappresentanza di edicolanti modenesi è stata ricevuta dal Prefetto e dal Sindaco. I comuni della provincia di Modena stanno deliberando per dare permessi per nuovi punti vendita di giornali nei supermercati. Si parla di 47 nuove aperture solo nelle Coop. Il primo maggio è una ricorrenza sacra inventata dai lavoratori per ricordarci la sacralità del posto di lavoro. La politica si sta giocando la sua credibilità su questo delicatissimo problema. La sinistra dovrebbe essere in prima linea. Questi sono i mali pensieri che mi ronzano per la testa.

In Emilia e a Modena le cooperative sono nate per rispondere ai problemi dei lavoratori e dei consumatori. Ma ormai si comportano come delle multinazionali. Sembra che la stella polare che dirige le scelte sia il riscontro economico.
I supermercati si sono ‘adeguati’ alle aperture domenicali trascinando con sé la miriade di piccoli negozi presenti nelle loro gallerie e nei centri storici di paesi e città. Hanno invaso uno spazio sacro che era quello deputato alla cura della famiglia e allo svago: imprenditori e dipendenti sono strappati dalla casa e migliaia di cittadini sono convogliati nelle cattedrali del consumo. Le deboli reazioni dei sindacati e delle chiese, sono scomparse un po’ troppo velocemente.

I punti vendita di giornali e riviste in tutti i supermercati non aumenteranno i posti di lavoro, né daranno un guadagno significativo (i giornali lo sappiamo hanno un prezzo fisso). Dopo la progressiva scomparsa dei piccoli negozi di quartiere, di paese e dei centri storici, oggi rischiano di essere cancellate le edicole che insieme alle Poste erano rimasti gli ultimi presidi e punti di aggregazione sul territorio. L’edicola è anche un prezioso servizio “culturale” una parola che tanto poco viene ascoltata nei bilanci delle amministrazioni. Così stanno chiudendo storiche librerie assassinate dagli sconti esorbitanti dei libri venduti nei supermercati.

La maledizione biblica si sta avverando al rovescio: “Tu lavorerai con fatica e soffrirai non lavorando…”. C’è chi lavora troppo e di lavoro muore, in un clima di competizione sempre crescente: nelle aziende, negli uffici e nelle professioni; ma anche stranieri schiavizzati per pochi euro in nero. C’è chi invece il lavoro non l’ha: giovani, cassintegrati, esodati, licenziati, inoccupati. O chi infine lavora a pezzi e bocconi attraverso le agenzie per il lavoro (ex interinali) che assumono e licenziano a piacimento. Dove i nostri giovani disponibili a qualsiasi lavoro sono sfruttati da un meccanismo perverso usa e getta. O obbligati e strangolati da false partite Iva. Nel silenzio di amministratori e dei sindacati. Le tutele sindacali vanto e conquiste degli anni 70 sono sempre più fragili.
Non siamo in grado di suggerire soluzioni tecniche…E’ alla portata di mano una soluzione banale. E’ ormai improrogabile senza grandi discorsi o improbabili manovre finanziarie.

L’elettronica, la robotica da una parte, la saturazione dei mercati e la consapevolezza ormai diffusa di un consumismo irrazionale e fuori da ogni regola dall’altra. Un’informazione ormai diffusa del gravissimo pericolo ambientale che ci sovrasta. Hanno ridotto i bisogni e quindi sono calati i posti di lavoro.

Non ci vuole un premio Nobel a comprendere che è venuto il momento di un cambio epocale e culturale.

Si potrebbe diminuire le ore di lavoro, aumentare il lavoro par-time, impiegare il cassintegrato, il disoccupato, l’esodato. Spesso già in parte pagato da un sussidio. Sono già a disposizione migliaia di posti di lavoro ‘utili socialmente’ per recuperare il patrimonio culturale, per presidiare musei, per difendere il suolo, per pulire l’ambiente ecc. O per reimparare quei lavori artigianali e agricoli che vanno scomparendo.
Senza incaponirsi su false trincee di bandiera come l’Imu.

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I malparlanti

Beppe Manni

C’è chi dice che l’innalzamento del livello di aggressività verbale in televisione possa scatenare gesti inconsulti come quello dello sparatore davanti al Viminale. Spero che non sia così.

Da qualche tempo ci si è accorti, finalmente, che debbano essere arginati in modo drastico la volgarità, l’aggressività, la maleducazione di coloro che sono stati eletti da noi come deputati a rappresentarci; dei conduttori televisivi; delle comparse chiamate a dare i loro pareri.

Ma è’ ormai troppo tardi. Le oscenità propalate come arguzie, le parole ‘brutte’ che sgridiamo ai nostri figli, sono esibite come intercalare normale, le offese alle persone ai loro difetti fisici che si scambiano tra le bande dei ragazzini e gli ubriachi dei bar, hanno assunto diritto di cittadinanza. I borghezio, i bossi, i ferrara, i berlusconi, le mussolini, gli sgarbi ecc sono stati i maestri stupidi e cattivi che con volgarità innominabili e gesti osceni da angiporto, offese ad personam, hanno rotto l’argine della buona educazione, del rispetto dell’avversario.

E così nei consigli comunali, regionali e nel parlamento, in televisione assistiamo a quotidiane lezioni di stupidità infantile, di rabbiose offese e di volgarità esibite. S destra e sinistra. Questa aggressività verbale si ritorce contro ai malparlanti che si meravigliano poi ipocritamente di diventare a loro volta oggetto di oltraggi e insulti.

I nostri genitori se sentivano o vedevano comportamenti similari ce le davano: scoppole, schiaffoni e staffilate. Magari eravamo recidivi ma si imparava che erano cose cattive e immorali.

Noi insegnanti poco pagati, spesso incompresi nelle politiche governative; sempre più spesso osteggiati dai genitori ci sentivamo la responsabilità del nostro ruolo educativo: non usavamo linguaggi triviali; non trattavamo argomenti scabrosi; pur avendo nostre idee rispettavamo le sensibilità e le ideologie dei nostri studenti.

Ancora oggi se un maestra, un professore azzarda una mala parola, tocca un bambino o penalizza uno studente viene denunciato. Il politico aggressivo e sbraitante, il conduttore televisivo che lascia libertà di offesa e di stupidità viene chiamato, accolto, osannato. Dobbiamo dare un giudizio morale forte e intransigente. Non permettere più il turpiloquio e le aggressioni dei malparlanti. Sono delinquenti pericolosi.

Agere sequitur esse diceva la scolastica medievale. Le azioni vengono di conseguenza dal tuo modo di pensare.
Il degrado verbale, la gestualità immorale, è il segnale drammatico che qualcosa di grave drammatico e pericoloso sta capitando. In un momento di grave disagio e conflittualità sociale si possono scatenare pericolose reazioni.
E la responsabilità è stata nostra che non abbiamo fermato mandandoli in galere o quantomeno segnandoli a dito i fautori di questa onda maligna e greve di immoralità verbale esibita.