La Teologia della Liberazione oggi di R.Piccini

Renato Piccini
Fondazione Guido Piccini onlus

Sono ormai più di trent’anni – questo è il 33° – che si tiene ai primi di settembre, in Madrid, il Congresso convocato dall’Asociación de Teólogos y Teólogas Juan XXIII. I primi tempi l’incontro si svolgeva presso la sede di una congregazione religiosa, ma dopo lo sfratto imposto dalla gerarchia cattolica, è stato chiesta – e ottenuta con grande disponibilità e adesione – ospitalità alla Confederación Sindical Comisiones Obreras. Non è un convegno solo di “addetti ai lavori”, di “specialisti” in teologia, anche se il livello culturale è di tutto rispetto, e vi partecipano più di mille persone, la maggioranza delegati delle comunità cristiane di base della Chiesa spagnola.

Una presenza che ancor oggi, a confronto con altri paesi cosiddetti cattolici come l’Italia, è sempre più partecipe e viva nella società e nel travaglio culturale, etico e pastorale della Chiesa.
Va sottolineato che ci troviamo in una Chiesa, quella spagnola, con una gerarchia tra le più conservatrici, in buona parte ancora franchista, però anche con teologi e pensatori cristiani tra i più perseguitati, sia in patria che all’estero, soprattutto in America Latina, dal potere politico-religioso.

Il pensiero di riferimento è il Concilio Vaticano II, sia in un ritorno al messaggio cristiano nella sua autenticità evangelica e nei valori universali di libertà, uguaglianza, fraternità, giustizia, sia nella ricerca di un nuovo “mondo ecclesiale” per rispondere alle profonde e vaste istanze della società moderna. Del resto non v’è stato congresso dove non fosse presente e abbia partecipato qualche teologo latinoamericano della liberazione. Ciò è stato ed è possibile fuori dai confini della Chiesa cattolica italiana e non tanto per “ordini superiori” quanto proprio perché la cultura dei teologi italiani non considera la Teologia della Liberazione –TdL – degna di molto interesse.

Così anni fa scriveva Padre Bartolomeo Sorge – allora direttore di Civiltà Cattolica – al ritorno da un viaggio in Centro America: «Noi europei siamo portati ad affrontare i problemi partendo soprattutto dalla loro impostazione teorica, perciò facciamo fatica a capire le scelte di una Chiesa come quella latinoamericana che vive completamente immersa nella storia del suo popolo. La scelta preferenziale per i poveri, in America Latina, è vissuta prima che teorizzata. Ciò la pone costantemente in “stato di martirio”. Solo tenendo presente questa realtà si può comprendere ciò che in essa avviene e ciò che essa fa nella difficile situazione in cui si trova. Si capisce perché fioriscono soprattutto in America Latina i martiri nuovi del nostro tempo: da mons. Romero a innumerevoli altri sacerdoti, religiosi e laici, assassinati per il Vangelo e per i poveri; perché l’attacco più violento delle sette si sia scatenato con straordinario impiego di mezzi e di forze proprio in America Latina, nel tentativo di scalfire la compattezza della Chiesa e l’impegno di evangelizzazione e di promozione umana giudicato “sovversivo” da chi ha grossi interessi in quella regione; perché sia nata in America Latina la Teologia della Liberazione»[1].

Così si dimentica che nel messaggio cristiano c’è il “concreto” annuncio di liberazione, una liberazione integrale, socio-storica e morale annunciata ai poveri e per i poveri.
Il messaggio di Gesù, racchiuso nelle semplici parole evangeliche, chiama ad una fede il cui contenuto ha al centro la giustizia e la dignità dell’uomo.
Se la Chiesa di Roma si concentrasse sul Vangelo in modo sostanziale e reale e non sulla “creazione di dogmi” forse per l’umanità sarebbe non solo un punto di riferimento ma una sicura barca di “salvezza”, nonostante le onde sempre più agitate e tempestose del nostro tempo.

Un tempo globalizzato che ha racchiuso in un unico destino l’umanità e tutti i popoli da qualsiasi cultura e storia provengano, in qualsiasi Dio credano (Allah, Jahvé, Dio…) e di tutto c’è bisogno meno che di “correnti teologiche” che si contendono il primato assoluto del messaggio evangelico. Definire la TdL una “corrente teologica” è, per lo meno, una forzatura ideologica. Chi ha voluto leggervi la presenza del pensiero marxista ha confuso lo strumento di analisi socio-politica con la lettura e la riflessione biblica che sono alla base della teologia latinoamericana.
L’analisi marxista – oggi rivendicata anche da eminenti pensatori cattolici[2] – è usata come uno strumento sociale di comprensione del sistema neoliberale capitalista, origine delle enormi ingiustizie sociali. La Bibbia è letta e interpretata nella storia viva di oggi. La contrapposizione tra il messaggio cristiano e l’odierna logica del sistema è evidente.

«Max Weber sosteneva che i vangeli hanno la cattiva abitudine di parlar bene dei poveri e male dei ricchi. Riassume questa impressione la parabola del cammello e dell’ago, presente con leggere variazioni nei vangeli di Marco, Matteo e Luca: “È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio”. La frase deve essere divenuta famosa appena pronunciata da Gesù, il fondatore cristiano. Molto presto verrà catturato vicino a Gerusalemme, torturato e crocifisso dal sistema di potere del suo tempo, anche dal sistema religioso»[3].
Solo tornando alle origini dell’annuncio di Gesù, dove sono contenuti i valori di ogni uomo in ogni tempo e realizzando una “nuova incarnazione”, quella della storia di oggi, il cristianesimo diventa il vero annuncio di salvezza nella semplicità del suo linguaggio e nella sua forza rivoluzionaria.

La TdL è l’annuncio di una profetica rivoluzione evangelica rivolta ai poveri, agli umili della terra e negata ai “potenti e sapienti del mondo” (Mt 11,25). La TdL non è altro che cogliere in pienezza, senza se e senza ma, l’annuncio di liberazione proclamato e testimoniato da Gesù, e diventa così, per uno scherzo tragico della storia, sempre più urgente e necessaria. Appariva, con il tempo dei lumi, una nuova stagione dove l’uomo, rimesso al centro della storia nella sua pienezza umana, razionale e sociale, avrebbe iniziato un nuovo cammino di liberazione, l’inizio di una nuova storia, che tuttavia si realizzò solo in parte, sommersa nelle contraddizioni del percorso umano. Oggi, la crisi economica, ormai globale, si sta convertendo in una crisi dei diritti umani. Le conquiste individuali e sociali, su salute, educazione, lavoro, ecc… in parte già perse, e per immense moltitudini rimaste una chimera, stanno scomparendo totalmente. La TdL che si rifà all’autentico messaggio liberatore di Gesù di Nazareth, non è una teologia alternativa o minore, ma è la realizzazione storica del grido di giustizia, valore centrale della parola di Gesù.

La TdL non si rifà alla teologia paolina ma all’annuncio di Gesù di Nazareth. Per questo è una teologia più viva che mai, soprattutto nella sua concettualità e finalità. Finché l’uomo di ogni continente avrà bisogno di liberazione vi sarà un annuncio cristiano di liberazione. Inoltre, la “teologia” di Gesù è una teologia “storica”, tutta la predicazione del vangelo è legata alla storia concreta del suo popolo, della sua gente, del suo immenso bisogno di libertà e giustizia. E Gesù scende nel vivo dei problemi del suo popolo, smaschera il potere religioso, gli ipocriti, dà speranza agli ultimi, agli emarginati e pone i poveri al centro del suo regno. La sua presenza e la sua parola penetrano vivamente nella storia della sua gente ed è per questo che le moltitudini lo cercano, lo seguono, vogliono farne il loro “re”. La sua teologia non è la teologia della Trinità, della grazia, dei dogmi… ma quella della vita. Così la TdL è la teologia del credente in Cristo nel contesto della sua storia. La TdL è la teologia dei poveri per i poveri – è stata definita “la teologia scalza” –, la teologia della libertà per gli oppressi, la teologia degli ultimi per i loro diritti di persona e di cittadinanza, è la teologia della giustizia perché ogni persona ed ogni popolo riacquisti la sua dignità.

Per questo la TdL vive e rivive in ogni aspirazione, idea, movimento, lotta di liberazione, e pure in ogni sofferenza, in ogni pianto, in ogni goccia di sangue perché la giustizia, l’uguaglianza, la pace siano i cardini storici di una nuova società. Quella società che Gesù, il profeta di tutti i tempi, ha annunciato e testimoniato fino su una croce.

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Messaggio del 33° Congresso di Teologia
La Teologia della Liberazione, oggi

Dal 5 all’8 settembre, si è svolto in Madrid il 33° Congresso di Teologia su La Teologia della Liberazione, oggi, che ha riunito un migliaio di persone provenienti da vari paesi e continenti in un clima di riflessione, comunione fraterna e dialogo interreligioso, interculturale, interetnico.

1. Viviamo in un mondo gravemente ammalato, ingiusto e crudele, dove la ricchezza si concentra sempre più in meno mani mentre crescono le disuguaglianze e la povertà. Tra 40.000 e 50.000 persone muoiono ogni giorno per la fame e per le guerre, quando ci sono risorse sufficienti per nutrire il doppio della popolazione mondiale. Il problema non è, quindi, la scarsità, ma la competitività, l’accumulo smisurato e la distribuzione ingiusta, prodotte dal modello neoliberale. I governanti lasciano che governino i poteri finanziari e la democrazia non è arrivata all’economia. L’attuale crisi europea ha come effetto lo smantellamento della democrazia.

2. La crisi economica si è trasformata in una crisi dei diritti umani. Gli eufemisticamente chiamati “tagli” in materia di istruzione e sanità sono, in realtà, violazioni sistematiche dei diritti individuali, sociali e politici, che avevamo ottenuto con tanto sforzo nel corso dei secoli precedenti.

3. Questa situazione, però, non è inevitabile, né naturale, né risponde alla volontà divina. Si può rompere la passività cambiando il nostro modo di vivere, di produrre, di consumare, di governare, di legiferare e di fare giustizia e cercando modelli alternativi di sviluppo nella direzione che propongono e praticano non poche organizzazioni oggi nel mondo.

4. In questi giorni abbiamo ascoltato le testimonianze e le molteplici voci delle differenti Teologie della Liberazione presenti in tutti i continenti e che cercano di collaborare per dare risposte ai più gravi problemi dell’umanità: in America Latina, in sintonia con il nuovo scenario politico e religioso e con le esperienze del socialismo del XXI secolo; in Asia, in dialogo con le visioni del mondo orientali, scoprendo in esse la loro dimensione liberatrice; in Africa, in comunicazione con le religioni e le culture originarie, alla ricerca delle fonti della vita nella natura.

5. Abbiamo verificato che la Teologia della Liberazione continua ad essere viva e attiva di fronte ai tentativi del pensiero conservatore e della teologia tradizionale di condannarla e darla per morta. La TdL è storica, contestuale e si riformula nei nuovi processi di liberazione attraverso soggetti emergenti di trasformazione: donne discriminate che prendono coscienza del loro potenziale rivoluzionario; culture, in altri tempi distrutte, che rivendicano la loro identità; comunità contadine che si mobilitano contro i Trattati di Libero Commercio; giovani indignati, ai quali viene negato il presente e chiuse le porte del futuro; la natura saccheggiata, che grida, soffre, si ribella ed esige rispetto; emigranti maltrattati che lottano per migliori condizioni di vita; religioni indigene e di origine africana che rinascono dopo essere state per secoli ridotte al silenzio.

6. La TdL è teologia della vita, che difende con particolare intensità la vita più minacciata, quella dei poveri, che muoiono presto, prima del tempo. Fa realtà le parole di Gesù di Nazaret: «Sono venuto affinché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza». Chiama a scoprire Dio negli esclusi e crocifissi della terra: questa è la missione fondamentale delle chiese cristiane, una missione dalla quale sono state finora molto lontane.

7. I riformatori religiosi hanno aperto e continuano ad aprire percorsi di compassione e di liberazione integrale, che devono tradursi politicamente, socialmente ed economicamente in ogni momento storico, in modo particolare, Siddhartha Gautama il Buddha e Gesù di Nazareth il Cristo (tema dell’ultima conferenza del Congresso).

8. Denunciamo la mancanza di etica nelle politiche dello Stato che presentano i tagli come riforme necessarie per la ripresa economica. La nostra denuncia si estende a banche, multinazionali e poteri finanziari come veri responsabili della crisi attuale in connivenza con i governi che lo permettono. Optiamo per un altro modello economico i cui criteri siano il principio del bene comune, la difesa dei beni della terra, la giustizia sociale e la condivisione comunitaria.

9. Denunciamo l’uso della violenza, il militarismo, la corsa agli armamenti e la guerra come forme irrazionali e distruttive di soluzione dei conflitti locali e internazionali, a volte giustificati religiosamente. Optiamo per un mondo in pace, senza armi, dove i conflitti vengono risolti attraverso la via del dialogo e del negoziato politico. Sosteniamo tutte le iniziative pacifiche che vanno in quella direzione, come la giornata di digiuno e preghiera proposta da Papa Francesco. Rifiutiamo la teologia della guerra giusta e ci impegniamo a elaborare una teologia della pace.

10. Denunciamo il razzismo e la xenofobia che si manifestano soprattutto nelle leggi discriminatorie, nella negazione dei diritti degli immigrati, nel trattamento umiliante cui sono sottoposti da parte delle autorità e nella mancanza di rispetto per il loro stile di vita, cultura, lingua e costumi. Optiamo per un mondo senza frontiere retto sulla solidarietà, l’ospitalità, il riconoscimento dei diritti umani senza alcuna discriminazione e della cittadinanza-mondo contro la cittadinanza restrittiva vincolata all’appartenenza ad una nazione.

11. Denunciamo la negazione dei diritti sessuali e riproduttivi e la violenza sistematica contro le donne: fisica, simbolica, religiosa, di lavoro, esercitata dall’alleanza dei differenti poteri: leggi sul lavoro, pubblicità, mezzi di comunicazione, governi, imprese, ecc. Tale alleanza favorisce e rafforza il patriarcato come sistema di oppressione di genere. Nella discriminazione e maltrattamento delle donne hanno una responsabilità non piccola le istituzioni religiose. La teologia femminista della liberazione cerca di rispondere a questa situazione, riconoscendo le donne come soggetto politico, morale, religioso e teologico.

12. Chiediamo la sospensione immediata delle sanzioni e la riabilitazione di tutti le teologhe e teologi discriminati (coloro che hanno visto le proprie opere proibite, condannate o soggette a censura, coloro che sono stati espulsi dalle cattedre di insegnamento, coloro ai quali è stato ritirato il riconoscimento di “teologi cattolici”, quelli sospesi a divinis, ecc.), soprattutto durante i pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, che furono particolarmente repressivi in questioni di teologia morale e dogmatica, nella maggioranza dei casi per il loro coinvolgimento con la Teologia della Liberazione e anche per seguire gli orientamenti del Concilio Vaticano II. Tale riabilitazione è esigenza di giustizia, condizione necessaria per la tanto attesa riforma della Chiesa e prova dell’autenticità della stessa. Rivendichiamo, a sua volta, all’interno delle chiese, l’esercizio dei diritti e libertà di pensiero, riunione, espressione, insegnamento, pubblicazione, spesso non rispettati, e il riconoscimento dell’opzione per i poveri come criterio teologico fondamentale. Con Pedro Casaldáliga affermiamo che tutto è relativo, compresa la teologia, e che sono assoluti soltanto Dio, la fame e la liberazione.

Madrid, 8 settembre 2013

[1] Citato in Renato Piccini, Teologia della Liberazione. Una riflessione profetica, QFGP 001 – Fondazione Guido Piccini per i diritti dell’uomo 2008
[2] Vedi il cardinale tedesco Reinhard Marx che rivendica la validità delle analisi del suo omonimo Karl Marx.
[3] Juan G. Bedoya, L’Opus recela del jesuita Francisco, EL PAÍS 16 settembre 2013