Berlusconismo e laicità di M.Vigli

Marcello Vigli
www.italialaica.it | 04.12.2013

In questi giorni, ma anche nei prossimi, ci si interroga in Italia, e non solo, sugli sviluppi della situazione politica italiana dopo la decadenza di Berlusconi dal Senato in seguito alla condanna per evasione fiscale. Quale sarà la sua sorte, ma, soprattutto, quale quella del berlusconismo?

Sulla sua possibilità di continuare a egemonizzare il centro destra nel breve e lungo termine le opinioni divergono, c’è invece sostanziale concordanza sulla permanenza del berlusconismo. A garantire tale continuità contribuiscono entrambi gli spezzoni berlusconiani che si stanno configurando come forze complementari, al di là delle opposte scelte parlamentari e delle polemiche che ne conseguono. Destinate ancora a marciare separate sono destinate a riunirsi o allearsi perché Alfano e i suoi non finiranno nell’irrilevanza come Gianfranco Fini. Hanno dalla loro il sostegno di Comunione e Liberazione e di quella parte della gerarchia italiana che da sempre ha convissuto con il berlusconismo come con le sue precedenti versioni del doroteismo e del craxismo, delle quali è una versione degradata.

La Cei, ben lieta che si sia ridimensionata la ingombrante presenza del cavaliere del bunga bunga, ha condiviso la scelta di Maurizio Lupi e dei suoi – non a caso l’ex direttore dell’Avvenire Dino Boffo, vittima dell’insofferenza mostrata da alcuni vescovi per gli eccessi di Berlsusconi, è stato applaudito in un convegno milanese del Nuovo centrodestra – e segue attentamente le manovre dell’altro esponente di Cl Mario Mauro impegnato con Pierferdinando Casini a riaprire spazi per far pesare la presenza cattolica nella ricomposizione dell’area del centro destra in accordo con i ciellini fuoriusciti dal berlusconismo. Il sostegno dei vertici della Cei è essenziale sia per garantire a questi progetti neo centristi la partecipazione di settori dell’associazionismo cattolico, sia per assicurare loro affidabilità per quella parte del Pd che, con Giuseppe Fioroni, si sentirebbe meglio rappresentata in un partito d’ispirazione cristiana.

Chi spera che la decadenza di Berlusconi possa creare le condizioni favorevoli per evitare l’insuccesso di analoghi progetti, di cui in questi ultimi anni i vertici della Cei sono stati gli ispiratori, ultimo quello provocato dalla discesa in campo di Mario Monti nel febbraio scorso, non valuta che questa volta un ostacolo ben maggiore è costituito dall’avversione di papa Francesco per la politicizzazione della Cei che è in radicale contrasto con il suo programma di riforma. Incentrato sulla diminuzione del numero delle diocesi prevede un cambiamento nello statuto che consenta l’elezione del Presidente, oggi nominato dal papa, da parte dei vescovi riuniti in assemblea. La recente destituzione di mons. Mariano Crociata da segretario della Cei nominato vescovo della modesta diocesi di Latina – un chiaro segno della insoddisfazione del papa verso i ritardi con cui l’episcopato italiano sta attuando tale programma e un monito a tutti coloro che non sono pronti a seguire il nuovo corso – costituisce un duro colpo per quei politici che vedono sfumare così l’appoggio della Cei al loro disegno di creare un’alternativa ai fedelissimi di Berlusconi nella guida del centro destra.

Un altro segno può essere visto nella riabilitazione di Romano Prodi, insignito della laurea honoris causa dalla Pontificia Accademia delle Scienze, implicito riconoscimento che il nuovo papa preferisce, diversamente dai suoi predecessori, i cattolici adulti che in politica operano in piena autonomia dai vescovi.

Ben più esplicita nella sconfessione di un uso del cattolicesimo come copertura di una politica di conservazione è l’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium del 24 novembre. Se da un lato, infatti, essa propone una ristrutturazione del potere all’interno della Chiesa che elimini il centralismo esasperato, riveda il modo di esercizio del primato papale e riproponga un ruolo attivo delle conferenze episcopali, dall’altro contiene una radicale condanna nei confronti delle politiche liberiste causa di miseria, precarietà, emarginazione sociale. Fino a quando non si eliminano l’esclusione e l’inequità nella società e tra i diversi popoli sarà impossibile sradicare la violenza. Si accusano della violenza i poveri e le popolazioni più povere, ma, senza uguaglianza di opportunità, le diverse forme di aggressione e di guerra troveranno un terreno fertile che prima o poi provocherà l’esplosione.

Il papa chiede una rifondazione dell’economia sociale e, mentre riconosce che la politica, tanto denigrata, è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune, delegittima partiti e forze sociali, che fanno del denaro, che governa invece di servire, il loro idolo e a cinque anni dall’esplosione della crisi non ne hanno ancora sanato gli effetti disastrosi in un mondo in cui la crescita ad ogni costo sta distruggendo il pianeta.

Non è facile prevedere quanto peseranno nella magmatica situazione italiana queste novità nel modo di rapportarsi alla politica all’interno delle gerarchie cattoliche, ma è certo che costituiscono un terreno fertile per la tenace azione di quanti lottano per l’affermazione della laicità nella vita politica.

A tal proposito è interessante la notizia pubblicata su questo sito che il Movimento 5 Stelle lancia una petizione per l’abolizione del concordato con una proposta, fra le più votate nel portale del MoVimento. Però, se molti attivisti e simpatizzanti si sono già espressi contro i privilegi della Chiesa cattolica, non si ha notizia di iniziative dei parlamentari a 5 stelle per eliminarne le conseguenze più evidentemente antidemocratiche del regime concordatario, la cui richiesta di abolizione nella attuale situazione può apparire velleitaria perché esige la proposta di una legge di revisione costituzionale.

Altrettanto interessante è una richiesta pervenuta alla redazione del sito, come si può leggere nella nostra rubrica FORUM, che solleva un problema reale a proposito della “festa della laicità” che si terrà il 9 Dicembre in Francia.

Condivido la risposta redazionale confermando che si corre il richio che si paventa se la laicità diventa ideologia.

Si evita, invece, se si festeggia la laicità cultura, valore e metodo, cioè come condizione prima della democrazia: ben vengano le iniziative che sviluppano sensibilità in questa direzione. Per una corretta valutazione dell’iniziativa in questione si deve, però, riflettere sulla particolare situazione della Francia dove sta avanzando l’Islam nella sua accezione integralista per conquistare spazi politici. Festeggiare la laicité può essere perciò un modo per confermare una tradizione, inaccettabile per l’integralismo di ogni tipo, che non riconosce a nessuna religione o ideologia un valore assoluto che la renda “più uguale” delle altre.

Questo non si potrebbe dire per l’Italia dove, invece, c’è ben poco da festeggiare perché la laicità delle Istituzioni è ancora ben lungi dall’essere realizzata!