Verso il Sinodo, a passo di lumaca. Le diocesi italiane rallentano la consultazione dei fedeli di L.Kocci

Luca Kocci
Adista Documenti n. 43, 7 dicembre 2013

Che in Italia la consultazione fra i cattolici in vista del Sinodo dei vescovi del prossimo ottobre sul tema della famiglia, tramite il questionario di 38 domande (più una di carattere generale) predisposto dalla Segreteria generale (v. Adista Notizie n. 40/13) proceda a rilento ormai lo ammette anche lo stesso mons. Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo, che, intervistato dal giornalista Giovanni Panettiere per il Quotidiano nazionale (25/11), confessa: «L’invio del testo agli episcopati è recentissimo e occorre il suo tempo per diffonderlo. In Italia non è stato subito distribuito. Ma adesso non risultano lentezze».

Le tappe sono ben scandite. Nella seconda metà di ottobre dal Vaticano è partita una lettera inviata alle Conferenze episcopali di tutto il mondo contenente il documento preparatorio – reso poi noto a tutto il mondo e pubblicato sul sito internet del Vaticano il 5 novembre – per la III Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei vescovi, sul tema “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”, in programma dal 5 al 19 ottobre 2014.

Allegato al documento, un questionario di 38 domande che le Conferenze episcopali avrebbero inviato alle singole diocesi affinché, dopo una consultazione con la “base”, rispondessero alle domande anche su temi particolarmente spinosi, dai divorziati alle coppie omosessuali. Entro il 31 dicembre le singole diocesi dovranno inviare le riposte alle Conferenze episcopali le quali, a loro volta, entro il 31 gennaio predisporranno una sintesi da inviare alla Segreteria del Sinodo.

Le diocesi: senza fretta, in ordine sparso

Tempi strettissimi che, affinché la consultazione sia realmente capillare e partecipata, dovrebbero richiedere una particolare sollecitudine soprattutto da parte delle diocesi. Eppure le «lentezze» che, con un certo ottimismo, Baldisseri dice essere state superate continuano ad esistere in molte diocesi italiane. Il segretario generale dalla Conferenza episcopale italiana, mons. Mariano Crociata, il 23 ottobre ha inviato una lettera a tutti i vescovi delle 226 diocesi italiani per invitarli a promuovere la consultazione. Ma dal giorno dopo le diocesi si sono mosse in ordine sparso, come risulta da un “sondaggio” effettuato da Adista non sulla totalità delle curie ma su un campione ampiamente rappresentativo: una sparuta minoranza (inferiore al 10%) sì è attivata subito, sollecitando immediatamente i parroci ad avviare la consultazione; una metà delle diocesi se l’è presa con comodo, avvisando i parroci nella seconda metà del mese di novembre; ed il restante 40% è rimasto fermo, tenendo il questionario ben chiuso nei cassetti di qualche ufficio diocesano, tanto che diversi parroci interpellati da Adista hanno risposto di aver appreso dell’esistenza del questionario solo dalle notizie circolate sulla stampa.

A Milano, per esempio, diocesi guidata dal card. Angelo Scola, la lettera ai parroci è partita dalla curia il 18 novembre. A Genova, dove c’è il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco – che quindi avrebbe dovuto essere l’apripista –, solo il 20 novembre. A Roma, firmata dal vicario del papa, il card. Agostino Vallini, qualche giorno prima; così come a Firenze, dove c’è mons. Giuseppe Betori.

E poi ci sono i casi particolari. A Bologna, per esempio, il card. Carlo Caffarra ha operato una selezione “a monte”, inviando ai parroci, perché ne discutessero con i fedeli, non il questionario integrale di 38 domande predisposto dalla Segreteria del Sinodo, ma una forma brevis: censura preventiva oppure semplificazione di un questionario di cui molte domande sono scritte chiaramente pensando più agli uffici diocesani che ai fedeli?

A Venezia poi, dove c’è il ratzingeriano allievo del card. Siri, mons. Francesco Moraglia, la comunicazione ai parroci è arrivata solo il 27 novembre, pregandoli però di discutere le domande del questionario solo con un ristretto gruppo di parrocchiani.E alcuni vescovi delle Marche – dove la distribuzione è tutt’altro che omogenea – riferiscono che da fonti Cei siano arrivate indicazioni secondo le quali il questionario, e quindi la discussione, «si deve fermare ad un certo livello»: meglio non coinvolgere troppo la base e i laici, dai quali potrebbero arrivare delle sollecitazioni non perfettamente in linea con il magistero.

Gruppi di base: un’occasione da cogliere

Se la maggior parte delle diocesi frena e si mostra particolarmente prudente, molti gruppi di base – pur con qualche rilievo critico – hanno invece colto l’occasione e sono partiti con slancio appena la documentazione e il questionario sono stati pubblicati sul sito internet del Vaticano (il 5 novembre): si sono già svolti e si svolgeranno nei giorni successivi incontri informali di gruppi, associazioni e comunità per confrontarsi e in molti casi elaborare delle risposte collettive. Così come alcune riviste, ad esempio il quindicinale dei dehoniani Il Regno ha inseririto sul proprio sito internet la documentazione, sollecitando i lettori a rispondere.

Anche la nostra agenzia ha pubblicato il questionario (v. Adista Segni Nuovi n. 42/13) invitando i lettori a rispondere alle domande – singolarmente o in gruppo –, inviando poi le risposte al proprio vescovo diocesano e, chi lo desidera, ad Adista che eventualmente le pubblicherà in stralci o integralmente (e-mail: info@adista.it, fax 066865898).

Boicottaggio in atto?

«Il questionario predisposto per la consultazione del Popolo di Dio in preparazione del Sinodo sulla famiglia del prossimo ottobre è un fatto nuovo e molto positivo», scrive in comunicato del 25 novembre scorso il movimento Noi Siamo Chiesa. «Per la prima volta in modo formale e generalizzato si riconosce che queste tematiche devono essere affrontate a partire dal vissuto di tutti i credenti nell’Evangelo, donne, uomini e coppie, con le loro gioie e le loro sofferenze. La proposta di discutere di queste grandi questioni esistenziali, in particolare dei loro aspetti più difficili e controversi, apre il cuore alla speranza che finalmente non si proceda più nella Chiesa sulla vecchia strada di precetti imposti e astratti dalla realtà, ma su quella che inizia dalla volontà di ascolto».

La consultazione però, prosegue Noi Siamo Chiesa, non deve «essere ristretta agli organismi diocesani e neppure solo a quelli parrocchiali, ma coinvolgere la generalità dei credenti. Essa deve essere aperta anche ai cristiani e alle cristiane di altre Chiese nonché a donne e uomini di buona volontà, che siano sensibili alle tematiche relative alla spiritualità e interessati a offrire il loro apporto costruttivo su questioni che coinvolgono la vita e gli interrogativi etici di ogni persona. Per questo – ancora la sezione italiana di Nsc – ci sembrano saggi quei parroci che hanno deciso di mettere a disposizione nelle chiese i questionari e quei vescovi di altri Paesi che hanno chiesto risposte on-line al testo. Ci dispiace invece constatare che le strutture della Chiesa italiana si stanno muovendo con troppo ritardo e con evidenti reticenze».

«Un mese è stato perso, solo in questi giorni arrivano ai parroci indicazioni dalle Curie diocesane ed esse prevedono, a quanto ci risulta, l’intervento sul questionario al massimo degli organismi parrocchiali e, in certi casi, neanche di quelli»; il quotidiano Avvenire poi «tace completamente dall’inizio sulla consultazione mentre è ben noto come sia pronto e assillante in altre “campagne”. Tutto ciò non ci sembra casuale, indica il disorientamento di molti vescovi. I tempi sono strettissimi, l’Avvento e il periodo natalizio sono già densi di impegni di ogni tipo. Ci chiediamo, allora, se non ci si trovi di fronte a un vero e proprio strisciante boicottaggio del questionario o, nel migliore dei casi, alla convinzione che si tratti solo di un dovere burocratico, inutile o quasi, da mettere in coda a tutti gli altri, necessario solo per non dire di no apertamente al Vaticano».

«La nostra opinione – conclude il comunicato del movimento – è radicalmente diversa. Ogni sede del mondo cattolico, dalle associazioni alle riviste, ai siti internet, è buona per ricevere le risposte, per elaborarle correttamente o non elaborarle e trasmetterle direttamente alla segreteria generale del Sinodo, che è un terminale abilitato a ricevere i questionari anche dai singoli. La possibilità di inviare direttamente i questionari dovrebbe sempre essere fatta presente dai nostri vescovi. Sul questionario si pronuncino i teologi, le facoltà teologiche, gli insegnanti di religione, le comunità di religiose e di religiosi, anche i monasteri di clausura, ma soprattutto le madri e i padri di famiglia, le giovani e i giovani, gli appartenenti alle minoranze sessuali, le coppie di ogni tipo e tutti quanti vivono in prima persona le tematiche esistenziali poste dal questionario. Anche i cristiani e le cristiane delle altre Chiese offrano, in spirito ecumenico, il loro apporto.

“Noi Siamo Chiesa” per esempio «elaborerà in tempi rapidi una propria risposta al questionario, accogliendo così la richiesta di papa Francesco di una partecipazione la più ampia possibile a un’iniziativa di per sé storica».