“Noi Siamo Chiesa” al papa: stop agli sfratti dagli immobili ecclesiastici di L.Kocci

Luca Kocci
Adista Notizie n. 12 del 29/03/2014

Quello degli inquilini che vivono in affitto in appartamenti di proprietà di enti ecclesiastici e che vengono sfrattati perché non riescono più a pagare canoni di affitto improvvisamente raddoppiati o triplicati è un problema che si trascina da anni.

Soprattutto a Roma dove la Chiesa è proprietaria di quasi un quinto degli immobili della capitale – il Vaticano attraverso Apsa (Amministrazione del patrimonio apostolico della Sede apostolica), Propaganda Fide e Istituto per le opere di religione (Ior), ma anche diocesi, istituti, congregazioni religiose, capitoli e confraternite di vario tipo e di varia natura – e dove, almeno dal 2007, è stata avviata una politica di forte aumento dei canoni di affitto (anche fino al 300%) e di sfratti, talvolta con l’ausilio della forza pubblica (v. Adista nn. 39 e 79/07; 81 e 90/08, 14/11).

Della questione si occupa fin dall’inizio il gruppo romano del movimento Noi Siamo Chiesa, che più volte ha scritto al card. Agostino Vallini, vicario del papa per la diocesi di Roma, senza mai avere risposta (v. Adista Notizie nn. 10 e 51/11). Ora la situazione sembra cambiata, almeno apparentemente: papa Francesco in più occasioni è intervenuto sulla gestione del patrimonio immobiliare ecclesiastico, per esempio quando, in visita al Centro Astalli dei gesuiti, il 10 settembre dello scorso anno, ha chiesto: «A cosa servono alla Chiesa i conventi chiusi? I conventi dovrebbero servire alla carne di Cristo e i rifugiati sono la carne di Cristo». Il gruppo romano di Noi Siamo Chiesa, anche incoraggiato da queste parole e dai gesti e dalle parole del papa in questo primo anno di pontificato, ha allora inviato direttamente a Bergoglio una lettera che Adista è in grado di rendere nota.

«Caro Francesco, ci permettiamo di darti del tu come nostro fratello, in questa nostra lettera, una lettera difficile in questo momento di crisi per molte persone e molte famiglie», si legge.

«Siamo da tempo interessati al problema degli sfratti dalle abitazioni di proprietà di vari enti religiosi, anche se molte persone e famiglie sono in regola con il pagamento dell’affitto e per alcune di esse è accertato lo stato di disagio economico. Riteniamo, pertanto, necessario ed urgente che, per il rispetto della persona umana, di cui la tradizione cristiana ha esaltato la dignità, si debba intervenire con provvedimenti adeguati, non procrastinabili.

Richiamiamo la tua attenzione su tale problema e sulla sua urgenza – scrivono gli attivisti romani di Noi Siamo Chiesa –, in quanto la prassi seguita sinora nella nostra città da diversi enti ed istituti religiosi ha utilizzato gli stessi metodi previsti dalla legge italiana, ove lo sfratto avviene ai danni di molte famiglie sprovviste del reddito sufficiente per il pagamento dei vigenti canoni di affitto e senza assicurare loro soluzioni alternative. Tali metodi evidenziano un’inequivocabile preferenza per una logica di mero profitto in netta contrapposizione alla carità, espressa nelle moltissime donazioni alla sede apostolica come vincolo di amore per la Chiesa e per i poveri della nostra città.

È facilmente intuibile lo stato d’ansia e preoccupazione di famiglie povere, profondamente smarrite e fragili, che vivono sospese fra incapacità di affrontare il presente e ansia per il futuro, particolarmente quelle che sono state indotte dalle istituzioni religiose ad eseguire opere di ristrutturazione degli alloggi con la promessa di ripetuti rinnovi del contratto di locazione.

Tali azioni sono in contrasto con ogni principio di solidarietà umana e cristiana, solidarietà troppo spesso auspicata ma di fatto ignorata», perché «crediamo che l’obiettivo della Chiesa non sia di massimizzare i profitti della gestione del suo patrimonio immobiliare, bensì eliminare o alleviare il più possibile le sofferenze che derivano a donne e uomini dalla negazione del loro diritto ad una casa o dalla loro condizione di sfrattati. Altrimenti la Chiesa non adempierà alla sua missione di luce nel mondo».

Sogniamo «una Chiesa povera che si prenda cura degli altri, senza prevalente preoccupazione di se stessa», «una Chiesa che sappia ascoltare, dialogare, aiutare e testimoniare con la carità», «che si fa serva degli esseri umani e ove la persona nella sua individualità non è un numero, non è un anello di una catena, né un ingranaggio di un sistema», conlude la lettera, citando le stesse parole del papa.

«Caro Francesco – concludono -, siamo certi che non farai mancare il tuo intervento a favore delle tante persone e famiglie in condizioni economiche disagiate che hanno subito o stanno per subire lo sfratto e non hanno soluzione alternative».