Quello strappo che allontana i cattolici

Elena Molinari
www.avvenire.it, 28 marzo 2014

Clima di simpatia e d’intesa personale, ma anche qualche forte richiamo. Durante il colloquio privato con Barack Obama, papa Francesco ha sollevato alcuni temi etici che negli ultimi anni hanno diviso il presidente americano dalla Chiesa statunitense, invitandolo a riconsiderare la sua posizione. «Nel contesto delle relazioni bilaterali e della collaborazione tra la Chiesa e lo Stato – si legge in una nota della Santa Sede – il Santo Padre e il presidente Obama hanno affrontato questioni di speciale rilevanza per la Chiesa nel Paese, come l’esercizio dei diritti alla libertà religiosa, alla vita e all’obiezione di coscienza».

Non sono temi nuovi per il capo della Casa Bianca. Da quando, nel 2010, il Congresso americano ha approvato la sua riforma della sanità, l’Affordable care act a tutti meglio noto come Obamacare, le organizzazioni cattoliche Usa cercano infatti di liberarsi da un’ingombrante imposizione. La legge costringe i datori con più di 50 dipendenti a fornire copertura sanitaria ai loro lavoratori. La Chiesa Usa in larga parte condivide la misura, avendo per anni sostenuto il bisogno di assicurazioni sanitarie gratis o a basso costo per tutti. Ma il pacchetto assicurativo previsto dalla riforma comprende la fornitura di metodi e farmaci contraccettivi e abortivi. Il governo concede l’obiezione di coscienza solo agli istituti religiosi che dimostrano di aver assunto e di servire solo correligionari e che limitano le loro attività alla diffusione delle loro fede. Una definizione che esclude immediatamente le scuole, le università e gli ospedali cattolici, ma anche tutte le organizzazioni di beneficenza e volontariato gestite dagli ordini religiosi.

L’unica ulteriore concessione dell’Amministrazione – che gli enti religiosi non paghino direttamente i farmaci che violano i loro principi di fede, ma assumano un’assicurazione privata che lo faccia per loro – non ha soddisfatto il mondo cattolico Usa, che ha già avviato decine di ricorsi legali contro il dipartimento alla Sanità. E il Papa, ha fatto sapere ad Avvenire il presidente della Conferenza episcopale Joseph Kurtz, ha incoraggiato i vescovi Usa ad andare avanti. Non stupisce allora il richiamo di ieri del Pontefice alla «obiezione di coscienza», cui Obama ha risposto con un’apertura. «Sull’Obamacare abbiamo discusso brevemente della questione di fare in modo che la libertà di coscienza e religione venga rispettata – ha detto ieri il presidente Usa –. Ho promesso di continuare il dialogo con vescovi e cardinali per il giusto equilibrio tra assistenza sanitaria e rispetto della libertà religiosa».

Libertà religiosa che si è sicuramente declinata, durante l’incontro, anche come tutela delle minoranze cristiane nel mondo musulmano e nelle zone di conflitto. «Centrale nella politica Usa è proteggere le minoranze religiose. Il Papa è preoccupato dei cristiani», ha spiegato ieri Obama, evidenziando il punto come un elemento di contatto fra lui e Bergoglio. Il capo della Casa Bianca non ha però nascosto che «Sua Santità è stato chiaro sulla sua visione: io su alcune cose sono d’accordo, su altre parzialmente d’accordo». Uno di questi nodi è stato sicuramente la protezione della vita.

Obama difende il diritto all’aborto, e l’enfasi che ha posto in svariate occasioni, ultima la recente Marcia per la vita a Washington, sul «diritto di una donna a scegliere se avere un bambino» è un forte elemento di distanza fra i due leader, anche se il presidente ha spinto la sua Amministrazione e il Congresso ad approvare politiche di sostegno alla maternità che riducano le interruzioni di gravidanza.

———————————————————————-

Obama e Bergoglio: due corpi e un’anima

Cecilia M. Calamani
www.micromega.net

«È meraviglioso incontrarla, grazie molte». «Ma grazie a lei»- Grande commozione. Scambio di regali. Le monete regalate dal papa al presidente Usa cadono due volte, e alla seconda il papa ride. L’ospite invece regala al papa i semi dell’orto presidenziale. «Venga alla Casa Bianca a visitare il giardino». «Come no?» risponde l’altro. Gran finale: «Preghi per me e la mia famiglia». Cala il sipario.

Tempo della visita di Obama a Bergoglio: 50 minuti. Contenuti riportati da tv e giornali italiani: più o meno quelli che leggete qui sopra, un po’ più infarciti. Dei temi importanti di cui i due uomini di Stato avrebbero dovuto parlare, almeno secondo le previsioni, i media nostrani non riportano nulla, preferendo deviare l’attenzione sui buoni sentimenti e su dettagli da gossip. Pochi gli accenni al problema delle disuguaglianze sociali, unico aspetto che accomuna i due leader, per quanto Obama cerchi una soluzione di diritto (lavoro a chi non ne ha), mentre Bergoglio risolva il tutto nella carità. E d’altronde, se i poveri del mondo si affrancassero dalla loro condizione magari diserterebbero le chiese.

Silenzio totale, invece, sui temi scottanti che separano Casa Bianca e Santa Sede, come se i salamelecchi reciproci dei due capi di Stato potessero annullare le abissali distanze. Già, perché a parte il problema della lotta alla povertà, che metterebbe d’accordo chiunque ricopra un ruolo istituzionale, le fratture tra governo americano e Vaticano sono note. La prima riguarda la volontà di Obama di parificare i diritti delle persone lgbt a quelli degli eterosessuali a partire dal matrimonio. La seconda è l’Obamacare, ossia la riforma sanitaria americana che obbliga i datori di lavoro a stipulare assicurazioni per coprire le spese mediche dei loro dipendenti comprese quelle per contraccezione e aborto. La terza, infine, verte sulla bellicosa politica estera in Medioriente degli Usa.

Cosa si siano detti i due nel privato delle stanze papali non si sa. Ma certo è che questo quadretto idilliaco di risatine, strette di mano e lacrimucce propinato dalla informazione italiana a voci unificate è una mano santa – è il caso di dirlo – per Bergoglio. Il quale si risparmia una volta in più di far trapelare in modo chiaro la sua visione su diritti, uguaglianza e autodeterminazione, affidando all’ormai celebre frase «Chi sono io per giudicare un gay?» uno slogan buono per tutte le interpretazioni.