Donne diacono, celibato opzionale, viri probati: le richieste dei preti irlandesi ai loro vescovi

Ludovica Eugenio
Adista Notizie n. 23 del 21/06/2014

La Chiesa deve consentire l’accesso delle donne al diaconato e permettere ai preti di sposarsi, se si vuole un futuro per il ministero sacerdotale. È quanto affermano i preti della Association of Catholic Priests (Acp), organismo che riunisce più di 800 preti irlandesi che chiedono insistentemente una riforma della Chiesa e tra i quali figurano alcuni sacerdoti sotto inchiesta da parte del Vaticano o addirittura minacciati di scomunica, come p. Tony Flannery, uno dei fondatori, “colpevole” di aver rifiutato di rinnegare le sue convinzioni in materia di ordinazione femminile e morale sessuale (v. Adista Notizie n. 4, 6/13 e 17/14).

Quattro rappresentanti dell’Acp (Brendan Hoban, Dermot Lane, Gerry Alwill e Sean McDonagh) hanno incontrato il 4 giugno a Maynooth tre dei vescovi lì riuniti per l’Assemblea estiva – mons. Philip Boyce (Raphoe), mons. Martin Drennan (Galway) e mons. Donal McKeown (Derry) – per presentare loro alcuni suggerimenti. Un incontro con i vescovi per confrontarsi sulle sfide cui oggi è sottoposta la Chiesa irlandese era stato chiesto già all’inizio del 2013, ma i vescovi avevano invitato i preti dell’Acp a rivolgersi ai Consigli presbiterali delle diverse diocesi. In definitiva, sedici sono state le diocesi che hanno invitato i preti “ribelli”, dando vita a incontri a volte molto utili, i cui risultati ora sono stati presentati ai vescovi.

Sottolineando che nell’arcidiocesi di Dublino sono presenti soltanto due sacerdoti sotto i 40 anni, McDonagh ha affermato che «la Chiesa sta vivendo un’implosione in termini di vocazioni al sacerdozio». Ciò provoca un circolo vizioso di gravi problemi, come il peso sempre maggiore di cui i preti devono farsi carico per garantire una cura pastorale anche là dove la carenza di clero è più forte, con conseguenze dannose per la pastorale stessa ma anche per la salute dei preti, stressati e sovraccarichi. Nella diocesi di Killala, ad esempio, se oggi si riesce ancora a mantenere un prete per ognuna delle 22 parrocchie, tra vent’anni saranno solo in sette. Se nel 1984 si sono svolte 171 ordinazioni, nel 2006 sono state soltanto 22 e attualmente sono 70 i seminaristi in tutta l’Irlanda.

Per fare fronte a questa situazione, i preti dell’Acp hanno presentato ai vescovi tre proposte concrete – con la richiesta, accettata, di inoltrarle a Roma, dopo un esame della Conferenza episcopale – nella convinzione conciliare che «l’eucaristia è il centro e la fonte della vita cristiana»: l’ordinazione dei viri probati; l’invito ai preti che hanno lasciato il ministero per sposarsi a tornare alla loro attività sacerdotale (in una sola parrocchia dell’Irlanda occidentale vi sono, ad esempio, sette ex preti disponibili); l’ordinazione delle donne al diaconato. Si tratta, hanno riconosciuto i preti, di proposte che possono causare inquietudine o difficoltà, ma «nella stretta finestra di opportunità che si ha a disposizione – un decennio o due al massimo – occorre prendere in considerazione queste proposte come questioni di grande urgenza, se si vuole trovare una soluzione alla crisi vocazionale».

D’altronde, come ha sottolineato McDonagh in un’intervista a The Journal (5/6), non ci sarebbe nulla di «inusuale» nell’ordinazione diaconale delle donne: «In passato venivano ordinate – ha detto – ed è piuttosto evidente da un punto di vista storico che le donne hanno prestato servizio nella Chiesa, nonostante ogni tentativo di far tacere la loro voce a partire dal IV secolo».

In un sondaggio commissionato dalla stessa Acp nel 2012 sui cattolici irlandesi, è emerso che l’87% è favorevole alla possibilità del matrimonio per i preti e il 77% a favore dell’accesso delle donne al sacerdozio; il 22% sostiene la scelta dei viri probati.

In margine all’incontro, l’Acp e i vescovi hanno anche parlato dei diversi sacerdoti irlandesi attualmente censurati dalla Congregazione per la Dottrina della Fede per le loro posizioni in merito a morale sessuale e sacerdozio femminile (v. Adista Notizie n. 17/14). «Il modo in cui i processi sono condotti è ingiusto, offensivo, privo dei valori evangelici e causa di scandalo per le persone. Laddove sorgano problemi di dottrina o di morale, occorrerebbe che fossero affrontate a livello locale, come papa Francesco ha ripetuto più volte».

Altro problema sollevato è stato quello della nomina di vescovi esterni alla diocesi, spesso provenienti da luoghi remoti del Paese, che «vanifica il processo di consultazione e non rispetta la dottrina della collegialità articolata al Vaticano II». Infine, quanto al prossimo Sinodo sulla famiglia, l’Acp ha auspicato che esso accolga le risposte dei cattolici irlandesi al questionario inviato dal Vaticano: «La gente vuole che le più importanti questioni pastorali vengano discusse e affrontate concretamente»: prima tra tutte, quella dei divorziati risposati, per i quali si vuole il pieno accesso all’eucaristia.