Per riagganciare libertà e responsabilità

Beppe Pavan
Comunità cristiana di base di Pinerolo (To)

In questi giorni mi sono sentito fortemente interpellato dalle riflessioni e dagli appelli di donne femministe intorno alla strage familiare di Motta Visconti e ai due femminicidi delle ore immediatamente successive. Confesso di aver provato, come ogni volta, il desiderio immediato di aderire e partecipare alle varie iniziative… ma di non aver fatto nulla.

Ordini del giorno, comunicati, articoli, scambi telematici… sono tante le forme che può prendere la parola pubblica, anche maschile… Ma io non voglio più sentirmi dire “bravo” e restare uno degli eternamente pochi uomini che denunciano le violenze maschili. Io vorrei che ogni uomo di Maschile Plurale, ogni uomo di ogni gruppo di autocoscienza maschile, ogni uomo consapevole della propria differenza e del rispetto dovuto a ogni altro/a diverso/a da lui, cercasse con impegno di dar vita ad altri gruppi di uomini in ogni quartiere, in ogni città, in ogni regione…

Vorrei una proliferazione di gruppi maschili, dediti alla trasformazione in positivo della propria maschilità, per riagganciare libertà e responsabilità, che in questi decenni si sono progressivamente sganciate – come scrive Monica Lanfranco in una riflessione online dal titolo “Italia, mondiali e bagno di sangue” – al punto che un uomo ha ucciso moglie e figli per riconquistare la propria libertà.

L’UDI di Napoli ha scritto, negli stessi giorni, che “per lungo tempo la violenza perpetrata in famiglia e dalla famiglia è stata dissimulata, trattata come un’anomalia di un istituto che di per sé protegge”. L’elenco di queste anomalie è talmente lungo e inarrestabile che non è possibile non vedere che la famiglia è il luogo in cui il nostro sistema patriarcale continua a coltivare la profonda ineguaglianza tra uomo e donna, che proprio tra le mura domestiche esplode con tragica frequenza.

Perché manca – ne sono profondamente convinto – una coerente e incisiva educazione alla vita di relazione, alla capacità di cura e di rispetto nelle relazioni, alla convivialità di tutte le differenze, a una sessualità responsabile…

Educarci ed educare alle relazioni è il compito principale, secondo me, degli adulti nei confronti dei cuccioli che vengono al mondo: compito trasversale a qualunque cosa si faccia nella vita, qualunque mestiere, qualunque ruolo di responsabilità…

Per me il luogo-principe è la scuola. Perché dalla scuola passano tutti i ragazzi e tutte le ragazze che nascono nel nostro Occidente cristiano e feroce nei confronti delle donne. Ragazzi e ragazze che diventeranno a loro volta genitori ed educatori, in una catena – che può essere virtuosa – tendenzialmente universale. Per questo compito sono indispensabili educatori e docenti – uomini e donne – consapevoli, coinvolti in un processo di autoformazione che duri tutta la vita.

Qualche tempo fa, al termine di quattro ore in una classe tutta maschile di una scuola di formazione professionale per giovani e adulti, la referente per le Pari Opportunità, che mi aveva invitato, mi ha detto: “Ho notato che hai molta più autorevolezza tu, nei loro confronti, di me…”. Non è un caso, secondo me: tra uomini ci ascoltiamo e ci capiamo meglio: parliamo un linguaggio comune, materiale e simbolico.

Ecco, proviamo ad assumere questa consapevolezza: che è sessuato anche chi insegna. Se le pari opportunità e la formazione alla libertà come antidoto alla violenza continueranno ad essere “cose da donne”, temo che non faremo grandi passi in avanti sulla strada che ci sta a cuore. Io penso che, per insegnare con la consapevolezza della differenza sessuale degli alunni, è indispensabile che tale consapevolezza di sé sia propria dei docenti.

Formare i giovani maschi al rispetto della differenza sessuale, a stare nelle relazioni con cura e rispetto delle donne, dei bambini… è possibile se noi adulti siamo capaci di vivere così, consapevolmente. E’ una competenza che possiamo imparare, ciascuno a partire da sé.

In questo credo che la scuola possa fare tantissimo. Ci sto riflettendo in questo periodo:

– Dare continuità e rendere trasversale, a tutti gli ordini di scuola, e universale la formazione alla consapevolezza della differenza sessuale, cominciando dai e dalle docenti, con iniziative congiunte e altre separatiste. Per i ragazzi e le ragazze dovrebbe essere materia curricolare, almeno nella fase iniziale, cominciando con l’insegnare il femminismo alle ragazze e il rispetto delle differenze e la parzialità di genere ai ragazzi, con lezioni anche separatiste. Uso il termine “separatismo” per riferirmi alla pratica dell’autocoscienza che anche noi uomini in cammino abbiamo mutuato dal femminismo. Quando vado nelle scuole superiori a parlare di questi temi, ho sperimentato che è più efficace, dopo l’introduzione, invitare i maschi con me in un’altra aula: si sviluppa più facilmente il confronto, parlano di più, anche di sé e di questioni delicate, che non in presenza delle ragazze. E la cosa è reciproca.

Quando avremo docenti attenti/e alle differenze in tutte le materie, la formazione sarà trasversale, non più solo “materia tra le altre”…

– Inoltre, mi sembra indispensabile e urgente che la formazione dei docenti avvenga congiuntamente ai genitori, a cominciare dal nido – e dai corsi pre-matrimoniali, che anche i Comuni dovrebbero organizzare e gestire, per una cittadinanza consapevole e capace di relazioni rispettose di tutti/e/o. Docenti e genitori insieme, perché si prendono cura degli stessi cuccioli, che hanno bisogno e diritto a una formazione coerente tra famiglia e scuola, per crescere ben orientati, consapevoli e sufficientemente sicuri…

– Mi sembra evidente che, se mai una simile formazione venisse praticata universalmente nella scuola, avremo adulti capaci di relazioni rispettose delle differenze, in grado di offrire modelli positivi di riferimento ai cuccioli e ai ragazzi e ragazze in crescita; adulti che fin dalla scuola (cioè tendenzialmente tutti) saranno formati/e in modo adeguato alla consapevolezza e alla responsabilità educativa, tecniche comprese…