Francesco, la Chiesa e le donne: tutto bene allora?

Ileana Montini
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L’ha scritto in un suo editoriale su La Repubblica Scalfari, il grande vecchio amico del papa: Francesco fa sul serio, sta portando la Chiesa a una rivoluzione. E dopo qualche giorno è arrivata la notizia dell’arresto, in Vaticano, del vescovo polacco Wesolowki, per pedofilia. La Chiesa aveva sempre usato altri metodi per mettere a tacere gli scandali provocati dal clero, ma questa volta è passata alle maniere forti e chiare addirittura contro un vescovo.

Dunque, Il papa venuto dall’America del Sud vuole riformare la Chiesa e ci proverà anche con il prossimo Sinodo che si aprirà il 5 ottobre e che affronterà i temi della famiglia , del sessualità, delle donne nella Chiesa, eccetera. Saranno 253 tra vescovi, preti e fedeli qualificati a mettersi al lavoro con Francesco. Su 253 delegati quante sono le donne? Soltanto 26, di cui quattro con diritto di parola, mentre le altre faranno le auditrici.

Chi sono le quattro? Giuseppina De Simone è docente di filosofia alla facoltà Teologica di Napoli, Carmen Penia Garcia è professoressa di diritto canonico alla Pontificia di Madrid, Helen Kyung Kwon, sudcoreana, è presidente delle donne cattoliche di Seul e, infine c’è Jocelyne Khouelry, ex combattente dell’esercito falangista libanese, armata cristiana di estrema destra.

Il Papa ha, fin dall’inizio del pontificato, parlato dell’importanza di rivoluzionare il ruolo delle donne. Cosa ha fatto in concreto? Ha chiamato nella Commissione per il riordino degli uffici economici e amministrativi del Vaticano, Francesca Chaouqui dell’Opus Dei. Alla Commissione Vaticana per la Protezione dei minori, ha poi nominato altre donne autorevoli.

Tutto bene allora? No, sostiene suor Elisa Kidanè comboniana africana che in un’intervista, descrive la situazione reale all’interno della Chiesa rispetto alle donne. I centri missionari diocesani sono diretti solo da preti. Nei seminari gli insegnanti sono sempre soltanto dei maschi. Rivela che ha scritto a Francesco chiedendogli perché non fa aiutare da una donna a scrivere un’enciclica.

La teologa Marinella Perroni della Facoltà di Sant’Anselmo di Roma, riconosce la buona volontà di Francesco, ma anche il suo condizionamento mentale perché viene da un mondo rimasto lontano dalla consapevolezza critica delle donne. Anche per lui, come si evince dai suoi interventi e non solo, il femminile coincide col materno e il maschile con l’esercizio dell’autorità. Ancora oggi la teologia offerta ai seminaristi, esprime un universo esistenziale e culturale solo maschile: modello di tutte le donne è Maria, vergine e madre; alle donne Dio avrebbe affidato il compito di procreare, inchiodandole, per legge naturale, all’interno della famiglia secondo l’immagine della famiglia di Nazaret.

La Chiesa, formalmente dal Concilio Vaticano II, popolo di Dio, fonda ancora il potere e il suo esercizio, sui presbiteri maschi, seguendo una lunga storia che si è consolidata nei secoli.
Scrive Anna Rapetti nella sua Storia del moncachesino medioevale (ed. Il Mulino, 2013), che l’esclusione delle donne dal sacerdozio mise le monache in una condizione di dipendenza dagli uomini di chiesa. Poco sappiamo sui monasteri femminili a causa della loro condizione marginale, determinata anche da questa dipendenza obbligata. La cura monialium da parte dei chierici che dovevano garantire gli uffizi religiosi, non era facile imporla, perché i presbiteri facevano parte della radicata mentalità che le riteneva le donne fonte di peccato, per se stesse e per gli uomini che a loro si avvicinavano. La donna è sempre descritta debole, instabile, incline agli sviamenti e alle suggestioni pericolose.

Fino verso il V-VI secolo le donne che volevano entrare nello stato monastico, avevano avuto una discreta libertà ed autonomia, come testimoniano anche i monasteri doppi (maschile e femminile) sotto la guida di una donna, la badessa. Fino all’epoca della riforma carolingia la clausura conobbe una larga discrezionalità. Nel XII secolo si hanno le prime disposizioni relative alla costruzione di muri, porte e grate.

La prima regola scritta per monasteri femminili, fu quella di Cesario per la fondazione del monastero guidato dalla sorella (510 d.c.) a S.Giovanni di Arles, in Francia. Ma sarà la monaca Eloisa a chiedere all’ex marito, il monaco Abelardo, di scrivere una regola monastica per le donne. E sarà Chiara di Assisi ad ottenere, in punto di morte, l’approvazione della sua regola dal papa. La monaca, vergine o vedova, doveva coltivare come modello di santità, il combattimento spirituale, per essere mulier virilis; sottraendosi così alla propria, infida, natura di genere.

Il Papa e i suoi preti e vescovi celibi, sono ancora in buna sostanza, segnati da questa cultura secolare.