Prossimo passo: un gruppo uomini in Vaticano

Beppe Pavan
Comunità cristiana di base e Gruppo Uomini in Cammino
Pinerolo (To)

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Adesso l’hanno anche arrestato: parlo dell’ex-arcivescovo Wesolowski.

Lui non potrà più far del male ad altri bambini… ma quanti altri Wesolowski sono “a caccia” in giro per il mondo?

In un articolo di Franco Garelli su La Stampa dell’8 luglio scorso ho letto: “Oggi il cuore della Chiesa – dirà il Papa nell’omelia – guarda gli occhi di Gesù in questi bambini e bambine e vuole piangere”. Oggi… mentre ieri e l’altro ieri e il giorno prima ancora… Oggi, perché Francesco è diverso dai precedenti papi: è cambiato il “cuore della Chiesa”?

Garelli continua: “L’analisi del Papa è impietosa per la Chiesa e la responsabilità di alcuni suoi figli devianti”; i “devianti” sono coloro “che hanno sacrificato dei minori ‘all’idolo della loro concupiscenza’” e “alcuni capi della Chiesa che si sono macchiati di peccati di omissione o che non si sono attivati di fronte alle denunce di abuso”.

Torniamo a Jozef Wesolowski. Su Il Fatto Quotidiano dello stesso 8 luglio Marco Politi aggiunge una notizia: “recentemente [il Papa] lo ha degradato, cioè ridotto allo stato laicale”.

Mettiamola come vogliamo, ma i “chierici” sono (si ritengono e vengono ritenuti da tanti/e) almeno di un gradino superiori agli altri – e di due rispetto alle altre…

E’ vero che “degradato” è parola usata dall’articolista… il quale però è Marco Politi, uno che la sa lunga sul mondo dei preti. E, comunque, “ridurre allo stato laicale” è terminologia curiale. Mettiamola come vogliamo, ma le parole restano pietre.

Poi anche lui riporta, tra virgolette, che il papa ha ribadito la condanna dei “peccati di omissione da parte dei capi della Chiesa”… Insomma, tra “chi sta sopra” ci sono “i capi”.

La gerarchia non è solo interna alla Chiesa, ma coinvolge e arruola anche tutti e tutte coloro che la riconoscono. Mentre la libertà è per chi si libera: da ogni gerarchia e dalla cultura patriarcale che le genera.

Diciamo allora che la responsabilità non è “di alcuni suoi figli devianti”, ma è della Chiesa, struttura gerarchica in cui tutti sono “capi” di qualcuno e i chierici, in particolare, sono capi del gregge di chi non è chierico.

Questa Chiesa gerarchica è colonna portante del patriarcato, e questa cultura è una “malattia sociale del sistema”, non la devianza di qualche mela marcia.

Tutti i capi vogliono obbedienza e sottomissione (per castità e povertà si son sempre chiusi occhi e orecchie e bocche)… finché le persone sottomesse non si decidono per la libertà, scegliendo di uscire dal gregge.

Anche i sedicenti “pastori” sono uomini e la violenza maschile contro donne e minori è anche affar loro: l’esperienza ci dice che la prevenzione è strettamente legata all’abbandono consapevole, da parte di ciascuno a partire da sé, della cultura e delle pratiche del patriarcato.

Coraggio, Francesco: prova a dar vita a un gruppo di autocoscienza maschile in Vaticano! che poi si moltiplichi nelle diocesi… Quello sì sarebbe un meraviglioso e formidabile segno dei tempi.

C’è un altro motivo, secondo me, per chiedere a Francesco di istituzionalizzare gruppi di autocoscienza maschile tra i “capi” della gerarchia cattolica.

Anche all’Assemblea Generale di Medellin in Colombia, nel ’68, molti vescovi riconobbero che “per infedeltà all’evangelo abbiamo contribuito, a parole e con i fatti, col nostro silenzio e le omissioni, all’attuale situazione d’ingiustizia” (cit. in Rosario Giuè, Chiesa e Liberazione, 2013 – pag. 19).

Questi “mea culpa” pubblici si ripetono nel tempo: anche nei confronti dello schiavismo (Giovanni Paolo II), dell’omofobia (Francesco)…

A me allargano il cuore: anche nella gerarchia cattolica cresce la consapevolezza che l’infallibilità e il vicariato divino del papa sono state armi micidiali ai danni di intere popolazioni di Pachamama.

I sedicenti “padri” tradivano la fiducia di masse enormi di figli e figlie della “madre” Terra…

Invece anche loro si riconoscono fragili uomini, capaci di errori e di incoerenze, di omissioni e di complicità con gli altri “capi”, quelli dell’economia e della finanza, della politica e degli eserciti…

I gruppi permanenti di autocoscienza hanno questo di bello: che nessun aspetto problematico della vita di chi vi partecipa viene coscientemente mantenuto nascosto.

E chi amministra una struttura come la chiesa cattolica, con una storia millenaria così densa di bene e di male, ne ha di pensieri e di pratiche da sottoporre ad una coerente e costante analisi autocritica!