Uno scambio proficuo di G.M.Gillio

Gian Mario Gillio
www.riforma.it

Alla Grande Moschea di Roma le istituzioni hanno incontrato cristiani e islamici per dire no alla violenza in nome di Dio

Solo dieci giorni fa la Grande Moschea di Roma è stata invasa da telecamere, microfoni, taccuini (per i più nostalgici) e I-Pad per riprendere – ed era doveroso farlo – un evento importante: le comunità islamiche italiane riunitesi per lanciare un secco rifiuto (no!) al terrorismo e prendere così definitivamente e ufficialmente le distanze dall’autoproclamatosi Isis o meglio IS (Stato islamico). Così aveva già fatto a Firenze l’Ucoii, l’Unione delle comunità islamiche in Italia, con un appello lanciato dal presidente Izzedin Elzir.

All’incontro di Roma erano presenti parlamentari e senatori accompagnati dalla presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini che, dal palco della sala convegni della moschea, ha con forza “urlato” il suo monito ai presenti: «No al terrorismo nel nome di Dio. La violenza dell’Isis fa male in primo luogo all’Islam e a tutti i musulmani».

Seppur in tale occasione vi fossero davvero tante testate giornalistiche nazionali, la notizia non buca gli schermi televisivi né tanto meno quelli cartacei e radiofonici. Ma i servizi usciti, sparigliando gli schemi di questi ultimi mesi, restituiscono finalmente all’islam italiano la giusta rappresentazione, scevra da pregiudizi e faziosità. Una piccola soddisfazione dopo tanti sforzi giunge così ai rappresentati musulmani.

Peggio, molto peggio è invece andata dal punto di vista mediatico ai promotori della Giornata del Dialogo cristiano islamico lo scorso 27 ottobre, completamente oscurati da tutti gli organi di informazione generalista.

Anche quest’anno sono state molte, forse anche più degli anni passati, le iniziative organizzate per celebrare la Giornata del dialogo cristiano islamico in tutto il Paese. Una giornata nata nel 2001, all’indomani dell’attacco alle Torri Gemelle, per facilitare e far crescere il dialogo fra musulmani e cristiani. Giornata giunta alla tredicesima edizione che aveva come tema «Le radici comuni: compassione e misericordia». Musulmani, musulmane, cristiani e cristiane rappresentano oltre la metà della popolazione mondiale, dice il testo di quest’anno: «La pace e il dialogo fra queste religioni è dunque fondamentale per la pace mondiale».

Un evento che negli anni e dal basso ha saputo mettere insieme molte comunità islamiche con il mondo dell’associazionismo cristiano, delle parrocchie, dei centri culturali che, in diverse città italiane, grazie ad incontri, dibattiti e momenti di condivisa preghiera hanno caratterizzato questo appuntamento.Tra i tanti, un incontro importante – promosso dal mensile Confronti – si è tenuto a Roma proprio a pochi giorni dall’evento “Anti – Isis” facendo giungere nuovamente molte persone alla Grande Moschea: donne – anche islamiche con e senza velo – uomini e giovani per la ricorrenza del 27 ottobre (data scelta per fare memoria dell’Incontro delle religioni per la pace voluto da Giovani Paolo II ad Assisi nel 1986).

I politici Vannino Chiti, Lucio Malan, Khalid Chaouki e Marina Nelli del Ministero dell’Interno hanno raggiunto la moschea più grande d’Europa insieme a rappresentanti musulmani e cristiani: evangelici come la presidente dell’Opera per le chiese metodiste in Italia (Opcemi ), Alessandra Trotta, e cattolici come il direttore dell’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo della Cei, mons. Cristiano Bettega (questa è stata la prima adesione ufficiale di un rappresentante della Cei) ed ancora intellettuali, informatori religiosi, docenti universitarie come Lucetta Scaraffia, editorialista de L’Osservatore Romano, e la presidente del Segretariato attività ecumeniche (Sae), Marianita Montresor, che hanno condiviso impressioni e toccato nodi importanti come il ruolo della donna nelle religioni insieme ai rappresentanti musulmani ospitanti: Abdellah Redouane, segretario generale del Centro culturale islamico, l’imam della Grande Moschea Muhammad Hassan Abd al-Ghafar e Yahia Pallavicini dell’Islamic Educational, Scientific and Cultural Organization, ed altri come Abdallah Cozzolino della Confederazione islamica italiana e due presidenti Adnane Mokrani del Centro interconfessionale della pace (Cipax) e Mustafa Cenap Aydin dell’Istituto Tevere.

Un incontro davvero importante e proficuo, così come certamente lo saranno stati gli altri sparsi in tutta la nostra penisola. Peccato che, salvo rarissimi casi, la nostra stampa, non si sia resa conto che in mezzo, o a partire dalla Giornata del dialogo cristiano islamico, si celassero in realtà tante notizie da dare, tante storie da raccontare, tanti colori da rappresentare, tante informazioni da restituire ad una religione importante (numericamente dominante, insieme alla presenza ortodossa in Italia, dopo quella cattolica) che vive in mezzo a noi, ricca di tradizioni, storia, arte e cultura. Abbiamo tutti perso un’occasione. Purtroppo il 27 ottobre non c’erano morti da raccontare, casi di infezioni di ebola nelle moschee e nelle parrocchie italiane o paure da istigare. Tutto è filato liscio e questo fatto non fa notizia. Il dialogo ha fatto un ulteriore passo in avanti, la nostra informazione no.

——————————————————

Lettera agli uomini e alle donne di buona volontà in occasione della tredicesima giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico

Massimo Abdallah Cozzolino e Giovanni Sarubbi
www.ildialogo.org

Cari amici e amiche, fratelli e sorelle,

abbiamo bisogno del dialogo come del pane e dell’acqua o dell’aria per vivere. E’ questa la convinzione profonda che anche quest’anno ci ha spinti ancora di più a promuovere per la tredicesima volta la giornata del dialogo cristiano-islamico che celebreremo insieme, cristiani di diverse confessioni e musulmani, il prossimo 27 ottobre.

Sarà un momento per riscoprire le nostre comuni radici, che sono l’amore, la compassione e la misericordia, che ci spingono a praticare una comune accoglienza ma soprattutto ad essere protagonisti di un virtuoso percorso di fede.

Sarà l’occasione per ribadire insieme, cristiani e musulmani, la netta e ferma condanna di qualsiasi forma di violenza e guerra fatta nel nome di Dio, così come recita l’appello che il Comitato promotore nazionale ha lanciato lo scorso 2 settembre in relazione a quanto sta accadendo in Medio Oriente e alle azioni dell’ISIS.
Così come sono condannabili le azioni criminali dell’ISIS (il sedicente “califfato”) perché ritenute folli e prive di qualsiasi valida giustificazione religiosa, espressione di una ideologia di morte e di odio che in alcun modo può essere avvicinata all’Islam, allo stesso modo risultano prive di qualsiasi valida giustificazione religiosa, le azioni a sfondo razzistico e xenofobo messe in atto contro i migranti (musulmani e non solo) da parte di quelle organizzazioni politiche che, anche nel nostro Paese, in modo strumentale si richiamino alle “radici cristiane dell’Europa”.

Sia l’ISIS che gli islamofobi nostrani (con tutte le differenze del caso) sono figli della stessa logica di potere e oppressione. Essi in forme diverse, ricorrono in maniera blasfema al nome di Dio per sostenere le guerre ed i conflitti che nascono e si sviluppano per motivi economici e politici.

Vogliamo dirlo forte e chiaro: sono i soldi a fare le guerre, per fare altri soldi e altre guerre all’infinito. Si fanno le guerre per conquistare territori e appropriarsi delle loro ricchezze naturali, vendere i propri prodotti, le proprie armi e imporre il potere politico di pochi sulla grande maggioranza della popolazione mondiale. Nel nostro tempo, siamo addirittura arrivati al punto che le guerre nascono e si sviluppano per sostenere l’immondo commercio delle armi che ha raggiunto dimensioni immense (gli ultimi dati disponibili dicono che nel 2011 sono stati spesi a livello mondiale 1.740 miliardi di dollari in sistemi d’arma).

Questa nostra giornata di dialogo ed incontro cristiano- islamico è nata subito dopo gli attentati dell’11 settembre del 2001, quando cominciò la “terza guerra mondiale a pezzi”, come l’ha definita Papa Francesco, ancora purtroppo in pieno svolgimento.

Abbiamo dovuto fare i conti, fin dal primo giorno, con l’islamofobia, che è una forma particolarmente perversa di razzismo che, al pari delle altre forme di razzismo religioso, produce discriminazione sulla base dell’appartenenza religiosa.

Ma il razzismo non ci ha fermato.

Uomini e donne di buona volontà, cristiani e musulmani, hanno dato vita ad un movimento che, dal basso, ha coinvolto a vari livelli le istituzioni politiche e religiose del nostro Paese, producendo, in questi 13 anni, centinaia di iniziative di dialogo, ogni anno, in tutte le regioni del nostro Paese, dal Nord al Sud.
Il nostro impegno è rivolto contro le ideologie dell’odio e della violenza e siamo sicuri che esse nulla potranno contro gli uomini e le donne di buona volontà perché essi sono la grande maggioranza dell’umanità. Dobbiamo liberarci dalla paura per l’altro, qualunque sia la sua religione, la sua cultura, il suo colore della pelle.

Il dialogo è l’unica straordinaria possibilità che ha l’uomo di spezzare le catene dell’odio, con un sentire avverso che combatte la giusta causa. Solo chi ama il prossimo può sconvolgere le vie dei violenti con una durezza inaspettata, perché l’amore e la compassione sono l’energia vitale che mette a nudo il prepotente, sveste l’orgoglio del borioso, zittisce la menzogna e l’offesa, rende innocuo chi pratica la vendetta. L’amore di Dio è il gioioso inizio che si oppone alla fine brutale, è la tenera conclusione di un’improvvida partenza. L’amore di Dio è l’arma segreta che permette agli uomini forti di sconfiggere i falsi coraggiosi.

E’ con questo spirito che salutiamo tutti quelli che il 27 ottobre e nei mesi successivi, con attività di dialogo permanenti, si incontreranno per riscoprire la nostra comune umanità perché non esistono motivi religiosi che possano spingere alla guerra e all’odio razziale.

Con un fraterno saluto di shalom, salaam, pace